QOÈLET. Ecclesiaste
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QOÈLET. Ecclesiaste

Il senso della vita
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QOÈLET. Ecclesiaste
QOÈLET. Ecclesiaste

 

(di Antonella Tommaselli)

Chi, adesso, si leva presto al mattino, nota l'assenza del sole e del calore a rischiarare la propria giornata specialmente nel momento in cui gli occhi si aprono al nuovo giorno. Una lieve bruma vela l'occhio, l'anima e le membra sono fredde. Con lentezza, pigrizia i piedi discendono dal letto alla ricerca non più del pavimento, della terra, ma di un filtro: la pantofola. Tra la veglia ed il sonno, quasi intontiti, ci si incammina al balcone per guardare, andare a trovare le proprie piante! Un incontro tra nature: l'umana e la vegetale. Nel frattempo pure il cane si è svegliato e viene incontro scodinzolando. Si esce fuori sul balcone e ci si trova coinvolti improvvisamente in un abbraccio caldo!

Oggi, per la prima volta, mi accorgo pienamente che, le foglie degli alberi di fronte a me, sono cariche di giallo, di un giallo intenso. Paiono emanare tutta l'energia rappresa in loro attraverso lo scorrere dell'estate ormai finita. Sembrano volermi rendere il calore del sole con la tonalità del loro colore caldo, avvolgente. Non sfuggo all'abbraccio. È così intenso che per la prima volta non temo l'inverno. Le foglie, seppur cadranno, nasceranno nuovamente per restituirmi la bellezza della speranza e di una nuova vita con la primavera tinta di verde. L'inverno non è altro che attesa, riposo, gestazione della nuova e immensa vita... Le foglie cadono, muoiono, si trasformano così come tutto nella vita. Siamo immersi, così come siamo in un respiro, ma anche nel traseunte... Vi può essere trasformazione reale solo se ricolma di consapevolezza dell'essere oppure solo dispersione quando l'essere è ignaro ed è così totalmente e solo assoggettato alla natura... Vanità, vanità...

L'uomo si agita per la sua vanità. Quando vuol cambiare si precipita dal parrucchiere, a comprare un abito, una nuovo cibo, dal dietologo, viaggia, cambia auto, casa, luogo di lavoro, cerca una nuova fiamma, ma raramente pensa alla trasformazione interiore! Legge frasi che lo innalzano! Donano un cambiamento di umore, ma non lo modificano nell'essere.

Vanità, vanità! Tutto è vanità! Anche un Santo, nel Suo profondo, teme talvolta che le sue azioni siano frutto della propria vanità...

Nell'Antico Testamento vi sono pagine magnifiche attribute a Salomone, re di Gerusalemme, figlio di Davide su tale tema! Sono poesia, sono Verità! Lasceremo tutto! Non porteremo via niente!

Troveremo, in questo scritto: il Qoèlet, una profondità che sconvolge l'animo umano quando letto con presenza, attenzione, gustando, percependo intensamente ogni parola, frase, meditandola, soppesandola! Se, la parola ci attraversa, se non rimbalza sulla nostra scorza, coglieremo l'insensatezza del nostro vivere, agire, correre. La follia che riempie le nostre giornate. Se intuiamo il messaggio e riesce a far breccia dentro il nostro essere velocemente svanirà. Basterà una parola esterna, un pensiero diverso per dimenticare, per non pensarci più... Non desideriamo soffermare la mente in tali spazi... Eppure in queste pagine che ci stordiscono e risvegliano al contempo, ci riportano al senso del vivere. Si coglie che alla fine solo Dio è tutto! Il Dio della legge. Sono pagine sempre attuali, sempre autentiche, sempre zampillanti, sempre ricolme di poesia!

Oggi, col video, che vi proponiamo, in modo limpido, cristallino, semplice, essenziale, sobrio, il Rev. don Curzio Nitoglia ci porterà nel regno de: "Vanità delle vanità, dice Qoèlet,vanità delle vanità: tutto è vanità"...

Eppure queste pagine, sembrano anche già un presentimento, un preannunciare, un aprire il varco alla scrittura dei quattro evangelisti che ci descrivono la persona,il manifestarsi e la via di Gesù! Il Cristo è un Maestro per chi ascolta e osserva da discepolo, studente ciò che compie.

Certo, per il lettore odierno, delle Sacre Scritture, sarebbe opportuno conoscere l'aramaico, il greco, il latino per meglio accostarsi alla parola, per non confondersi con le numerose traduzioni, volgate che ci possono allontanare da una conoscenza che può farsi sempre più sommaria...

Nei Vangeli, si tramanda, vi siano sette sigilli, solo in base al cammino interiore di ciascuno, questi sigilli possono essere rimossi per il singolo... ma, solo a quell'uno, in base al grado del cammino interiore compiuto... Il Cristo indica una via, un cammino sotto il segno della carità parola troppo vetustà oggi. Per i nostri tempi è amore. Il messaggio, l'opportunità data, basta guardarsi intorno, non è stato ancora realizzata... E neppure compresa! La via della carità è ancora assai poco battuta...

L'insegnamento del Cristo viene fatto proprio da Paolo di Tarso, lui che aveva combattuto con ferocia, a spada tratta i primi cristiani. Viene prescelto, portato al terzo cielo, e lì in visione, comprende la Verità e ci mostra, indica come mette in pratica l'insegnamento che lo trasforma radicalmente. Paolo ci mette in condizione di comprendere che l'uomo di Cristo non è più sotto la Legge ma, con la purezza ed intelligenza del cuore, della mano, dell'intelletto, del ventre, illuminato dalla coscienza e consapevolezza esistenziale, grazie all'infinita misericordia e grazia di Dio, ha il potenziale per divenire un "uomo nuovo" ! Il messaggio di Paolo è di questo uomo nuovo che per divenire operante ed operativo deve schiudersi all'amore! All'amore, non proprio, ma di Dio che fa perdere se stessi, l'ego, e in quel vuoto, in quella apparentemente assenza di tutto, in quel concedersi totalmente all'ignoto irrompere l'Amore! E a parlarci di questo è Giovanni della Croce! Il poeta e mistico! Ed è con questi versi, frutto di una esperienza estatica che possiamo cercare di aprici al messaggio e alla trasformazione presente nel cristianesimo. In questo cammino dell'uomo, in questa possibilità sempre più latente di trasformare la nostra stessa realtà, vita, di renderla plasmata dal fuoco vivo dell'amore, una piccola fiamma che si fa incendio ardente:

In amoroso furore
e non scevro di speranza
volai così in alto
che raggiunsi la preda.

Perché giungere potessi
a questo divino furore
tanto volar mi convenne
che mi perdetti alla vista;
tuttavia, nel punto estremo,
il mio volo restò manco;
ma l'amor fu così alto
che raggiunsi la preda.

Più salivo in alto
più il mio sguardo s'offuscava,
e la più aspra conquista
fu un'opera di buio;
ma nella fuga amorosa
ciecamente m'avventai
così in alto, così in alto
che raggiunsi la preda.

Quanto più sfioravo il sommo
di questo esaltato furore,
tanto più mi sentivo
basso, arreso, domato.

Dissi: non sarà mai di nessuno!
e tanto in basso rovinai
che mi trovai così in alto, così in alto
che raggiunsi la preda.

In una strana maniera
Il mio volo superò mille voli,
perché speranza di cielo
tanto ottiene quanto spera;
ho sperato solo nel furore
e in speranza non fui manco
se salii così in alto, così in alto
che raggiunsi la preda.

Juan De La Cruz, da Poesie
Traduzione di Giorgio Agamben

Questo che noi leggiamo è esperienza vera, di colui che intenta di camminare sulla erta via e passare attraverso la stretta porta. Un cammino compreso e intrapreso da pochi..., ma che se non fosse altro non lascia indifferenti il mondo dell'arte e degli artisti che in ogni caso concorrono almeno a far conoscere tali esperienze…

Qualche anno fa infatti si è potuto assistere ad una operazione artistico-culturale:

"Il CANTO DEL MISTICO SPAGNOLO TRADOTTO IN SARDO DA PAOLO PULINA: L'OMAGGIO DEL COMPOSITORE MARCO TUTINO ALLA SARDEGNA" e così ad esempio apprendiamo da un articolo di giornale di LUCIANO PIRAS:

«La lingua sarda ha in sé una straordinaria musicalità, basta trascriverla, la musica è già quasi suggerita. Sono rimasto affascinato dal suono che affiora da questa lingua che non conoscevo». È l'omaggio del compositore Marco Tutino alla Sardegna e alla sua cultura. Parole pronunciate dal maestro milanese al Teatro Lirico di Cagliari, lo scorso novembre, in occasione della prima assoluta della sua "In amoroso furore", per voce recitante (Simeone Latini), coro (preparato da Giovanni Andreoli) e orchestra, composizione cantata e recitata in logudorese e in italiano, con alternanza continua delle due lingue.
Il brano di Tutino, infatti, si ispira a una poesia di Juan de la Cruz, cofondatore dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi, santo, poeta e mistico spagnolo del XVI secolo, per la prima volta tradotta in sardo da Paolo Pulina, classe 1948, di Ploaghe, da una vita di casa a Pavia, dove è vice presidente vicario del Circolo culturale "Logudoro".
Giornalista pubblicista dal 1982, a partire dal 1977 è stato funzionario dell'assessorato alla Cultura della Provincia di Pavia, per conto del quale ha curato numerose pubblicazioni, sia periodiche sia monografiche, nonché gli atti di numerosi convegni. Veterano del mondo dell'emigrazione, già vice presidente della Fasi, la Federazione delle associazioni sarde in Italia, è lo stesso Pulina a raccontare come è nata questa nuova sfida culturale.
«È stata l'amica giornalista lodigiana Lucrezia Semenza a chiedermi se ero disponibile a tradurre in sardo la versione italiana realizzata dal filosofo Giorgio Agamben di una nota composizione di Juan de la Cruz. Lucrezia – va avanti Pulina – sapeva che, da appassionato di sardità e sardofono, avevo scritto in sardo poesie di occasione e testi per canzoni e che avevo tradotto in logudorese le parole di "Imagine" di John Lennon e de "La canzone di Marinella" di Fabrizio De André». Quei testi, insieme a diversi altri, sono stati raccolti e pubblicati nel 2021 nel suo volumetto "Versi d'occasione e testi per canzoni 1993-2020".
«Sono contento ovviamente, a cose fatte, che il maestro Marco Tutino abbia apprezzato la mia versione in logudorese della traduzione di Agamben ("In furore amoroso") della lirica "Tras de un amoroso lance" ("Dopo un amoroso slancio") di Giovanni della Croce, Juan de la Cruz. Come hanno rilevato i Carmelitani Scalzi della Provincia veneta – sottolinea l'esponente della Fasi –, Papa Francesco, anche se non ne ha citato il titolo, quando scrisse "Si ottiene tanto quanto si spera" nel messaggio per la 53ª Giornata mondiale della pace (celebrata il 1° gennaio 2020, e che aveva per tema "La Pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica"), alludeva a questa che è considerata una delle poesie più belle di Giovanni della Croce». "Tras de un amoroso lance", appunto.
«L'ho fatta tradurre in sardo che è una lingua meravigliosa con una musicalità intrinseca veramente incredibile» ha ribadito Marco Tutino in una intervista. E ancora: «La traduzione di Pulina devo dire che è assolutamente in linea con quella di Agamben. Io ho chiesto espressamente a Pulina di tradurre l'italiano di Agamben piuttosto che la poesia originale in spagnolo perché volevo conservare questa forza che scaturisce dalla versione in italiano. E devo dire che è riuscito nell'intento e sono molto grato ad entrambi». «Purtroppo io non conosco il sardo però quello che mi ha colpito di questa lingua è la sua ritmicità. Dal punto di vista sonoro l'effetto è meraviglioso. La musica sgorga direttamente dalle parole. Chi invece conosce bene la lingua credo che senta il significato dell'opera come amplificato».

Il messaggio nel video è assai importante: non abbandonarsi alla vanità ed il mistico insegna a donarsi all'abbraccio di Dio con furosa passione e per far questo occorre farsi piccini, piccini…

VIDEO. QOÈLET. Ecclesiaste. Con Rev. Don Curzio Nitoglia

 

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 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

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