(di Antonella Tommaselli)
Si è in una antica Chiesa all'ascolto dei canti gregoriani. I monaci intonano i vespri. Si prova a concentrarsi sulle voci, a guardare il luogo con una certa distanza da se stessi. Si osserva la chiesa e si osserva se stessi mentre si guarda. Mentre tale processo avanza la mente si sofferma sulle colonne massicce che dividono la chiesa in tre navate. Si mirano gli architravi ed il peso che sorreggono le colonne lasciando spazi al di sotto per deambulare. Queste colonne con gli architravi divengono improvvisamente arcate temporali assai ampie attraverso le quali i popoli si sono succeduti nei secoli, queste colonne divengono anche quelle singole personalità che hanno sopportato il peso per molti della vita e della storia. E vengono in mente le lettere di San Paolo, in cui al di là del nostro essere consapevoli, il disegno di Dio si compie attraverso lo scorrere del tempo, attraverso quelle figure 'prescelte'... Non sta a noi giudicare chi siano tali singolari figure... Lo dimostrerà la fine della storia...
La storia e la vita sono grandi maestri soprattutto quando si può giungere a considerare che siano mossi da ancor più grande mano. Si può vivere credendo di essere padroni del mondo e delle nostre esistenze e si può giungere a constatare che è una mera illusione.
Oggi si parlerà di storia e di Carlo I d'Asburgo. A parlarcene con dovizia di particolari sarà Elena Bianchini Braglia. Ci parlerà di quella storia sottaciuta dai più, perché non conosciuta, presa sul serio... Si soffermerà a descrivere con precisione l'operato delle società segrete ed occulte nel corso della prima guerra mondiale, degli antefatti e di dove queste società muovono le loro forze e volontà.
Il video di oggi sarà su: "Carlo I e la guerra che uccise l'Europa": la guerra mondiale come tappa della rivoluzione, i tentativi di pace destinati al fallimento, la morte in odore di santità dell'ultimo imperatore. Sarà la storia di un imperatore cristiano che ha tentato la pace, di operare per la pace, è stato un operatore di pace! Ma anche essere imperatori non vuol dire poter governare sul mondo anzi nel suo caso ha voluto dire esattamente l'opposto.
Elena Bianchini Braglia ci aiuterà a scoprire lati ancora oscuri di una storia passata di recente. Una storia di orrori, di sangue. Il mondo intero, per la prima volta, si è trovato in guerra. In un solo secolo per ben due volte...
La nostra relatrice di soffermerà sulla figura assai particolare di Carlo I d'Asburgo dichiarato Beato dalla Chiesa. Di recente, da pochissimo la Chiesa di San Lorenzo a Firrenze ospita la reliquia del Beato. La Reliquia è stata donata alla delegazione Toscana del Beato ed è tenuta in custodia presso San Lorenzo.
Mentre nel video Elena Bianchini Braglia si soffermerà a parlare in modo mirabile di tale epoca noi ci dedicheremo a parlare di Ernest Jünger che delle due guerre ne fu un Senofonte, uno storiografo. Se il Beato nasce con un destino già assegnato, contrassegnato, Jünger, come la maggior parte di noi, è un viandante, un essere in fieri, un uomo in avvicinamento verso le altezze siderurgiche...
Jünger conosce la guerra, ma è l'esperienza della guerra che lo trasforma radicalmente. Il suo motto infatti è: maturato nelle tempeste.
Vede da vicino il trasformarsi della tecnica della guerra, conosce il potere, ha una mente lucida ed un grande autocontrollo, è abile ed acuto nelle descrizioni. La sua vita è una vita in cui è lui stesso storiografo, ma è un profondo conoscitore della storia, della storia della mitologia, delle religioni, del mondo naturale. Ciò gli consente pertanto una analisi accurata su quattro piani: il metafico, il presente, il passato della terra come pianeta, sostanza universale e come storia di avvenimenti. Come filosofo, come amante del ben e buon vivere è sempre teso a risolvere come sia possibile vivere e bene dentro se stessi, con gli altri, in relazione ai piani più elevati e alla Stato. È un cercare di vivere pertanto non in maniera inconsapevole, ma con consapevolezza esistenziale... Questo lo porta, nel corso della propria esistenza, a modificare le proprie vedute, a ripuntate il timone per meglio circumnavigare la propria vita.
Jünger non parla e si rivolge mai alla massa, ma sempre descrive le sue constatazioni e semmai si rivolge al singolo, a colui che è disposto a lasciare indietro il suo vecchio se', la sua vecchia vita per vivere nella pienezza. È la sua una filosofia di colui che ha vinto la paura della morte che ha avuto affianco come amica, alleata.
Tramite la prima guerra mondiale conosce l''imponderabile' e con questa conoscenza si aprono i mondi.
Prenderemo in esame: "Nelle tempeste di acciaio" Giorgio Zampa dice nell'introduzione di tale testo:
"Le tempeste appartengono al genere epico per disposizione naturale: l'autore si pone di fronte alla realtà è la restituisce, conferendole un'autonomia di cui solo l'epico è capace...
La guerra di posizione, la 'lotta di materiali', le offesive e le controffensive che impiegano centinaia di migliaia di uomini in operazioni mai svolte in passato, possibili soltanto in società evolute, hanno un descrittore che nel secolo è rimasto ineguagliato."
Così si apprende sempre dai risvolti di copertina del testo:
"Ernst Jünger partecipò alla Prima guerra mondiale con i gradi di sottotenente della Wehrmacht. Il suo comportamento in prima linea lo rese leggendario: ferito quattordici volte, ricevette numerosi riconoscimenti al valore, compreso il più alto, l'Ordre pour le mérite. Portava sempre in tasca un taccuino su cui fissava con precisione gli avvenimenti. Da quelle note, in seguito all'insistenza del padre, si persuase a trarre un libro che avrebbe dovuto intitolarsi "Il rosso e il grigio", in omaggio all'amato Stendhal e ai colori mesti e uggiosi della guerra in trincea; Jünger preferì alla fine l'immagine tratta da un poema medievale islandese.
Oggetto di ambigui entusiasmi negli anni Venti e Trenta, le "Tempeste" ci appaiono oggi la più agghiacciante testimonianza sulla Grande Guerra e l'espressione già perfetta della sovrumana capacità di osservazione di Jünger e della fredda prosa e cristallina che egli ha forgiato.
Come scrive Giorgio Zampa nell'introduzione, "l'opera è omogenea: la sua cifra stilistica è unica, la sua coesione non viene mai meno... La tensione che traversa resoconti e cronache è costante, grazie ad uno stile di tale perfezione che annulla se stesso. In Stahlgewitten va veduto come un unicum nella letteratura del secolo: per essere senza antecedenti ne' seguito chiede di essere considerato al di fuori degli schemi della letteratura di guerra, di riferimenti solo ideologici e politici".
Invitiamo lor signori a leggere i libri di guerra di Jünger per comprendere l'orrore e la carneficina della guerra, per comprendere come si è automi in guerra perché un uomo vero, reale non potrebbe volere la guerra... Vi riportiamo solo un breve passaggio di "Tempeste":
"Il 30 aprile il mio successore, appartenente al 25 reggimento che dava il cambio al nostro, prese le consegne, quindi partimmo per Flers, centro di raccolta del primo battaglione. Lasciando sulla sinistra la cava di calce "Chez-bon temps", sotto una gragnola di proiettili di grosso calibro, ce ne andammo lentamente lungo il sentiero, in un meraviglioso pomeriggio, fino a Beaumont. I nostri occhi godevano di nuovo lo splendore della terra, felici di essere sfuggiti alla insopportabile strettezza del ricovero e i polmoni si dilatavano all'aria tiepida della primavera. Col rombo dei cannoni oramai dietro le nostre spalle, potevamo cantare:
Un giorno, creato da Dio, Signore del mondo, per cose più belle del battersi."
Il testo si conclude:
..."Con tali temperature, si perde la cognizione del tempo; mentre le infermiere combattevano per la mia vita io, disteso a letto, ero in preda a quei sogni febbrili che pure, spesso, non mancano di serenità.
Proprio in uno di quei giorni, il 22 settembre 1918, ricevetti dal generale von Busse questo telegramma: "Sua Maestà l'Imperatore vi conferisce la Croce pour le mérite. A nome di tutta la divisione vi porgo le mie felicitazioni".
Nella Prima guerra mondiale vi è la volontà nascosta di porre fine agli imperi, ci dirà meglio a tal riguardo Elena Bianchini Braglia, così come ora alle nazioni, per arrivare a costituire uno Stato Mondiale.
Compito dello storico è interpretare la storia, ma non sottraendosi anche dal delineare lo spirito del tempo che incarna ogni epoca storica... e dato che Elena Bianchini Braglia si sposta in avanti nella storia vi riportiamo qualche stralcio di Jünger tratto da :
"IRRADIAZIONI" Diario 1941-1945
Parigi, 30 giugno 1943
Una bomba colpisce il duomo di Colonia. Le sue "mura annerite dal fumo devono", come leggo nella stampa, "rappresentare il faro della rappresaglia per il popolo tedesco". Significa questo che si vuole mettere in fiamme non appena possibile Westminster? "
Parigi, 3 luglio 1943A colonia il servizio divino si celebra all'aperto, davanti alle macerie fumanti delle chiese. Questa è una cosa che non si inventa: io l'avevo già preveduta è descritta lungo tempo prima dello scoppio della guerra.
Tra le lettere che ricevo molte prendono una colorazione funesta, escatologica, simili a gridi delle più remote spire del turbine, dove si vede il fondo delle scogliere. Perpetua, il 30 giugno: "Per quello che ti riguarda, sento con sicurezza che riuscirai a superare senza danni il grande maelstrom. Non perdere la fiducia nel tuo vero destino."Parigi, 18 luglio 1943
Di notte impossibile prendere sonno, dopo la lettura delle prime tappe del pellegrinaggio di Bunyan. L'effetto del caffè di Banine si fa ancora sentire. Dopo la mezzanotte accesa la luce di nuovo e scritto, seduto sul letto, le seguenti annotazioni. Nutro un particolare rancore verso coloro che fanno affermazioni che poi non vengono confermate e che spiegano tutta la loro abilità per convincermene. La faccia tosta o l'improntitudine, per esempio quella della propaganda, ha sempre qualcosa che in un primo momento prendo sul serio. Mi è difficile credere che non si nasconda nulla oltre la pura volontà dietro le argomentazioni.
Quando poi, spesso soltanto dopo anni, i fatti parlano, sento più violenta la puntura. Capisco che sono stato turlopinato da puri ruffiani, malfamati giovinastri da quattro soldi al servizio delle forze attualmente al potere. Questi villani prezzolati avevano imbellettato la loro prostituta che sembrasse la verità.
A questo si aggiunge che a loro manca ogni senso di vergogna spirituale: conoscono soltanto il rossore che segue agli schiaffi. Perciò tenteranno di nuovo di prostituirsi a nuovi servigi e ora, forse, per uomini e forze altamente stimati è considerati come genuini. Inoltre desta una particolare amarezza il sentire siffatti esseri spregevoli lodare il vero per puro opportunismo.
Mi sembra col mio amore per la verità di essere quanto più vicino all'assoluto. Io posso trasgredire le leggi morali, posso anche non corrispondere alla fiducia del prossimo, e tuttavia non posso tenermi lontano da ciò che riconosco puro è vero.
La mia debolezza morale potrebbe farmi intravedere completamente desiderabile un tale distacco, potrei con la volontà acconsentire a questo tradimento, ma mi sarebbe impossibile portarlo ad effetto. Ammetto che il mio carattere non sarebbe capace di resistere alle seduzioni di false potenze; potrei mettermi al loro servizio, ma tutto il mio essere oppone resistenza. Da questo punto di vista sono simile ad un giovane che acconsentirebbe anche a sposare una ricca vecchia, ma che tuttavia, durante la notte delle nozze, sarebbe incapace di consumare il matrimonio nonostante tutti gli eccitanti. I muscoli involontari del mio spirito si rifiutano a questo servizio. Particolarmente il linguaggio è a mia disposizione solo dove sono convinto sino alle fondamenta del diritto, della logica delle mie frasi. Questo notano subito alle prime parole i falsi profeti quando parlano con me, e perciò evito di incontrarmi con loro. Così mi sono comportato con Kniebolo; e Grandgoschier che ho visto alcune volte, mi giudicò subito un eccentrico, cioè un qualcuno che non faceva per lui e per i suoi affari. Così mi si potrebbe offrire un patrimonio per elogiare una situazione o una persona, dei cui rapporti con l'assoluto non sono convinto, forse desidererei la ricompensa, ma la mia penna non si presterebbe. La verità, il rapporto verso ciò che è puro e vero, sono simili per me ad una donna, la cui conoscenza mi condanna di fronte a tutte le altre all'impotenza.
Così avviene anche che il mio modo di arrivare alla teologia passi attraverso la conoscenza. Io devo convincermi di Dio prima di credere in lui. Cioè devo ripercorrere la medesima strada, nel ritorno, che ho percorso quando l'ho abbandonata. Prima che io, con tutta la persona e senza limitazione alcuna, mi avventuri verso altre rive attraverso la corrente del tempo, devo essere preceduto da ponti basati su una forte e raffinata spiritualità, da una laboriosa attività di pionieri. Più bella, certo, sarebbe la grazia, pure essa non corrisponderebbe ne' alla posizione ne' allo stato in cui mi trovo. Anche questo ha il suo significato: sento proprio mediante il mio lavoro, mediante i miei archi, ognuno dei quali rafforza nelle sue basi, restituendolo praticabile, il contrappeso del dubbio, sento che proprio mediante questo lavoro posso guidare più di uno alla riva. Un altro sa forse volare o conduce coloro che gli si affidano a piedi attraverso le acque tenendoli per mano, però sembra che tali uomini non nascano nella nostra era.
Per quello che riguarda la nostra teologia, essa deve improntarsi del tutto alla modestia e adattarsi alla misura di una stirpe umana indebolita nella sua forza elementare. Da molto tempo la nostra fede, per ognuno che possa vedere le forze, vive più profondamente nella biologia, nella chimica, nella fisica, nella paleontologia, nell'astronomia, che nelle chiese; e altrettanto si può dire che anche la filosofia si è suddivisa nelle scienze singole. Naturalmente, tutte queste sono strade sbagliate: le discipline devono di nuovo essere purificate sia dagli influssi teologici sia da quelli filosofici, e questo proprio per loro stesse, affinché una pura Weltanschauung possa ricondurre alla scienza. Gli elementi teologici e filosofici ne devono risultare puri come l'oro e l'argento; la teologia come oro da' poi alle scienze valuta e corso. E pone anche dei freni, poiché vi vede dove può condurre la conoscenza scatenata. Simile al carro di Fetonte appicca fuoco alla terra e fa di noi e delle nostre images mori, neri e cannibali.
[...] Quando C.S. ebbe letto il mio Arbiter, mi chiese:
"Qualificate come lavoro anche la danza degli angeli del firmamento?" e questa obiezione mi è stata più importante di tutte le lodi. Una critica che penetri nell'argomento non tocca la persona; è simile alla preghiera che sento accanto a me, quando sono davanti all'altare. Infatti non ha importanza che "io" abbia ragione.
In quest'ultima frase si nasconde anche il motivo per il quale non sono divenuto matematico, similmente al mio fratello physikus. Nella pienezza della logica applicata non si trova la soddisfazione estrema. Il giusto, il corretto nel significato più alto, non deve essere dimostrabile, ma deve prestarsi alla discussione. Deve essere ricercato in forme alle quali noi mortali possiamo avvicinarci, senza raggiungerle in modo assoluto. Questo porta a campi nei quali non l'afferrare misurabile, ma quello imponderabile onora il maestro e guida anche al regno delle Muse. E qui è soprattutto il servizio che mi affascina della parola quello sforzo più raffinato che la porta sempre più vicina ai limiti che la dividono dall'inesprimibile. Anche in questo vi è la nostalgia della giusta misura secondo la quale è stato creato l'universo e che il lettore deve intuire attraverso la parola come attraverso una finestra.
St. Die', 28 agosto 1944
La vita è simile a una canna di bambù: distribuisce ritmicamente i suoi nodi e rafforza con ciò la sua solidità. Così tornano sempre i tempi in cui si rivela il progresso puramente cronologico, l'invecchiare come disposizione di molteplici elementi verso punti di unità significativa. Questi sono compleanni in un più alto senso, "maturazioni" di fronte al semplice invecchiare. Nel morire tutto il complesso della vita si annoda, ancora una volta, prima della germinazione dell'Eternita'.
Di sera dal presidente: mi ha confermato che Kniebolo aveva dato ordine di ridurre Parigi ad un cumulo di macerie: cosa che del resto corrisponde totalmente al suo spirito totalmente distruttivo. Egli è senza dubbio l'uomo che ha decretato il più gran numero di uccisioni e di distruzioni conosciute nella storia. Certo a tutto questo doveva procedere una svalutazione dell'uomo è una minorazione della sostanza sacra. Siffatti spiriti di volpi e di iene si fanno avanti soltanto dove c'è odor di cadavere.
St. Die', 29 agosto 1944
Un gruppo di soldati si accampa in una fattoria. Se vengono rubate galline, sequestrata dalla paglia senza regolare quietanza e se accadono altri soprusi, avverrà che l'uno o l'altro di loro, trovando la cosa ingiusta, tenterà di impedirla. Nei quadri superiori, vicino al comandante in capo, ho visto, quando è giunto l'ordine di prendere ostaggi, che membri dello stato maggiore ne sono stati profondamente colpiti e ne hanno sofferto come di una azione che sconvolgeva la loro coscienza. L'uomo primitivo, invece, segue la massima: "Quello che fa la collettività è giusto". E purtroppo sembra che questa tendenza primitiva aumenti ininterrottamente e con essa il carattere zoologico della politica. Che cosa si può raccomandare all'uomo e soprattutto all'uomo semplice, per sottrarli alla pressione cui collabora ininterrottamente anche la tecnica? "Soltanto la preghiera". Così anche la più insignificante creatura può entrare in rapporto con il tutto e non appartenere soltanto a una parte del meccanismo. Di qui fluisce enorme vantaggio ed anche sovranità. In situazioni di fronte alle quali i più saggi abdicano e i più coraggiosi pensano a una scappatoia, si vede talora consigliare ciò che è giusto, fare ciò che è bene. Si può essere sicuri che costui è uno che prega. Di conseguenza si può soltanto consigliare a ognuno di procurarsi questo sostegno, in qualsiasi condizione si trovi."
Il Beato, si può trovare nelle note che colorano e dipingono la Sua esistenza, passò a miglio vita con i movimenti labiali che ricamavano il nome di nostro Signore..." Jünger ancor prima del termine della seconda guerra mondiale scrisse il testo la pace che passò ciclostilato tra gli uomini dell'esercito. La pace potrà divenire duratura solo allorquando uomini di retto pensiero cammineranno fianco a fianco...
Ma ora facciamo un salto nel tempo ed andiamo al romanzo Eumeswil che si svolge al termine dello Stato Mondiale. Jünger è certo che dovrà verificarsi e lascerà un mondo di macerie che possiamo già notare intorno a noi! E noi possiamo vederci come i nuovi barbari... Incapaci di comprendere la cultura di appartenenza e come mossi da un atto di fede avanziamo verso il nuovo... che ci tiene lontani dai reali problemi e soluzioni esistenziali...
In questo romanzo Eumeswil Jünger si dimostra ancora una volta un attento conoscitore della storia, un abile Senofonte, ma anche suo interprete... In questo romanzo e al suo termine il protagonista del romanzo dovrà partire per una spedizione, una caccia grossa nella foresta... È un finale assai allusivo, allegorico e simbolico come l'intera opera.
Lasciamo all'abilità del lettore la decodificazione del messaggio, la sua interpretazione...:
"Presi congedo anche dalla mia fortezza-rifugio, al corso superiore del Sus. Trovai l'ingresso già ricoperto di vegetazione, presto ne sarà completamente avvolto e ostruito. Mi ero recato la' per conservarvi gli appunti, da me raccolti nel bar: saranno decifrabili al massimo per Bruno. I lavori scientifici li lascio all'Istituto: si tratta, in gran parte, di frammenti.
Per quanto riguarda queste annotazioni, sono stato in dubbio se dovessi bruciarle; non da ultimo mi affligge la loro incompiutezza. La coscienza di non aver assolto il mio compito getta un'ombra sulla mia esistenza, sia storica che personale. Nondimeno, la distruzione di un manoscritto è una sorta di suicidio spirituale - il che non significa che io condanni il suicidio. Ma un'esperienza riguardante appunto tale ombra, me ne ha preservato.
In questi giorni, per prepararmi alla foresta, ho lavorato intensamente davanti allo specchio. Sono così riuscito a raggiungere ciò che ho sempre sognato: il completo distacco dell'esistenza fisica. Mi scorgevo allo specchio come aspirante alla conoscenza sovrasensibile _ me stesso, in confronto, come suo fugace riflesso. Tra noi due ardeva, come sempre, una candela; mi chinai su di essa finché la fiamma mi ha bruciato la fronte: vidi la ferita, ma non avvertii il dolore.
Quando arrivo' Kung per recarmi la colazione, mi trovò lungo disteso, nudo, sul pavimento. I cinesi sono maestri nell'uccidere come nel rianimare: mi richiamò alla coscienza con panni bollenti e forti essenze. Mi ha giurato il silenzio. Se non fosse rimasta la stimmate sulla mia fronte, crederei di avere sognato.
EPILOGO
Mio fratello, Martin Venator, scomparso da anni insieme al tiranno e il suo seguito, è stato adesso dichiarato morto ufficialmente. A ragione nostro padre lo aveva messo energicamente in guardia contro quell'impresa. Fin da quel tempo noi la ritenemmo l'ultima via di scampo di un potente, conscio di aver perduto la partita.
Nel frattempo, molte cose sono cambiate nella città e, posso ben dirlo, in meglio. La casbah è devastata è deserta; I caprai pascolano la loro mandria tra le mura della rocca. Gli esiliati sono ritornati dall'estero e i prigionieri dalle isole; gli sbirri della tirannide hanno preso il loro posto.
In quanto erede di mio fratello, m'incombe l'amministrazione del suo lascito. Ne fanno parte gli studi ch'egli ha depositato all'Istituto, di cui io sono divenuto il direttore. Li ha qualificati, forse con troppa modestia frammenti: li sto facendo elaborare.
Una sorpresa rappresentano le carte che, solo qualche tempo fa, vennero scoperte in mezzo a forre selvagge nella regione superiore del Sus. Dei cacciatori che inseguivano un bufalo le hanno trovate dentro un bunker, insieme con armi e provviste. Se, fra loro, non vi fosse stato uno scienziato, avrebbero indubbiamente bruciato quei manoscritti. Così, invece, sono pervenuti nelle mie mani.
Noi abbiamo deplorato sempre, e visto di mal'occhio, i servizi subalterni ch'egli prestava nella casbah. Che avesse impiantato con grandi fatiche quel nascondiglio, fa fede del suo scetticismo e della sua resistenza morale. L'avrebbe sicuramente dimostrato anche coi fatti. Meglio sarebbe stato se si fosse confidato con noi e con i nostri amici.
La parte principale delle sue carte è costruita da una gran quantità di foglietti datati e non datati: conteggi e appunti della sua attività notturna, inframmezzati da brani in stile geroglifico. Bruno, cui egli accenna, è emigrato. Sembra occupi un posto eminente nelle catacombe.
E infine, queste annotazioni, per le quali redigo l'epilogo. Sono più leggibili, quantunque la grafia sia spesso imprecisa. Ma a me riesce familiare quasi quanto la mia. Esistono reciproci punti di contatto ch'è impossibile negare.
Questa lettura mi ha posto dinanzi ad un conflitto di coscienza --- cioè a quello tra la persona privata e lo storico. Mio fratello non amava la sua famiglia. Il che faceva parte della singolarità della sua natura. Noi però, gli abbiamo voluto bene. La sua esposizione è intrisa di giudizi e - a mio avviso - di errori di giudizio che, in quanto a persona privata, mi darebbero il diritto a distruggerla; vi ho riflettuto. Ogni eredità porta con se' dei roghi --- sia che s'intenda purificare il ricordo dello scomparso, sia anche per riguardi familiari.
Io però, sono uno storico e discendo da una famiglia di storici. Il mio caro fratello --- fra i titoli che amava vi è quello di "storico di razza".
Esiste una coscienza archiviaria, cui occorre sacrificare se stessi. Io mi sottometto ad essa, sigillo questi fogli e li deposito all'Istituto."
Vogliamo concludere l'appuntamento odierno con Voi con una considerazione di Jacob Burckhardt:
"Meditazione sulla storia universale"
Arrivati a questo punto, bisogna fermarsi. Senza accorgercene, siamo arrivati dal problema della felicità o della fortuna e dell'infelicità o della sciagura a quello della sopravvivenza della mente umana, che alla fine ci si presenta come vita di un solo uomo. È la vita dell'uomo individuale, come acquista coscienza nella storia MEDIANTE la storia, deve necessariamente avvincere a poco a poco lo sguardo di chi pensa, e l'approfondimento e l'analisi onnilaterale deve necessariamente chiedere tutto il suo impegno, in modo che tali concetti di felicità o fortuna e infelicità o sventura perderanno sempre più il loro significato. "Essere maturi è tutto".
La meta delle persone di qualche capacità, nolentes volentes, non sarà più la felicità, ma la conoscenza. E non per indifferenza verso il dolore che ci può ben coinvolgere - e questo fatto ci è di salvaguardia contro ogni posa fredda oggettività -: ma perché comprendiamo la cecità dei nostri desideri vedendo il variare dei desideri dei popoli e degli individui e il contraddirsi ed eliminarsi a vicenda.
Se potessimo completamente rinunciare alla nostra individualità e considerare la storia dell'età che sta per venire con la stessa tranquillità e la stessa inquietudine che proviamo nel contemplare uno spettacolo della natura, per esempio una tempesta in mare stando in terraferma, forse parteciperemmo con qualche consapevolezza alla vita di uno dei più grandi capitoli della storia dello spirito.
In questa nostra epoca, la pace illusoria di quei trenta anni quali siamo cresciuti è da tempo completamente scomparsa, e sembra che sia in marcia una nuova serie di guerre; i grandi popoli colti vedono vacillare o cambiare le loro forme politiche; crescono e si diffondono visibilmente e rapidamente, con la diffusione dell'istruzione e del commercio, la coscienza di soffrire e l'impazienza. Le istituzioni delle società sono soggette a continue scosse di terremoto che le tengono inquiete. E in un'epoca come questa sarebbe spettacolo meraviglioso - ma non per esseri contemporanei e terreni - seguire e conoscere lo spirito dell'umanità che si costruisce una nuova casa, aleggiando al di sopra di tutti questi fenomeni e tuttavia intrecciato con lui. Chi avesse solo una pallida idea di questo dimenticherebbe completamente felicità e fortuna, infelicità e sventura, e passerebbe la sua vita desiderando soltanto di raggiungere tale conoscenza.
Elena Bianchini Braglia: è direttrice della rivista Il Ducato e presidente del Centro Studi sul Risorgimento e sugli Stati Preunitari. Ha pubblicato vari saggi oltre a contributi in atti e miscellanee.
VIDEO. Carlo I e la guerra che uccise l'Europa. Con Elena Bianchini Braglia
Leggi anche: Associazione Eumeswil
L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger.
L’Associazione si fonda su tre pilastri:
CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.
TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.
RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.
Visita il Sito: Associazione Eumeswil
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