La via all'eternita' nell’antico Egitto
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La via all'eternita' nell’antico Egitto

Il senso della vita
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La via all'eternità nell’antico Egitto
La via all'eternità nell’antico Egitto

 

(di Antonella Tommaselli)

Riflessione di Eumeswil

Proscritto
Omnia vincit amor: et nos cedamus amori (letteralmente: «L’amore vince tutto, arrendiamoci anche noi all’amore»). Così ci dice Virgilio e così ci viene ribadito dal Signore Gesù che ha riassunto i doveri dell’uomo verso Dio in questa parola: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente» (Mt 22,37).

Cuore, anima, mente, ma anche con tutte le tue forze! Un amore immenso, un amore puro che si ridesta dal cuore sede, centro, apertura, slancio verso il mondo materiale e soprattutto soprannaturale, invisibile. Sembra che privi di questo corredo non parteciperemo della vita eterna! Già l’antico Egitto lo aveva preannunciato con il suo tribunale dei defunti: chi non avesse posseduto un cuore leggero come una piuma non avrebbe proseguito il suo viaggio. Ma cosa vuol dire avere il cuore leggero o ancor meglio l’anima leggera? È averla serena, priva di macchie e lo è quando la coscienza si sente a posto, senza essere gravata da rimorsi, sensi di colpi… Quando il barometro interiore segna un sereno senza nubi! È per pochi conoscere la meteorologia interiore ed essere abili a dissipare le nebbie, le piogge, i cataclismi interiori di eccessi di rabbia, collera, rancore… Ma ci sono persone o meglio singoli individui che si applicano in questa direzione affinché il sole possa essere presente dentro di loro e riscaldare l’essere, che cercano di essere attraversati da tale raggio di sole! Ancor più rare persone o meglio individui che divengono come i santi, beati allorchè riescono anche a trasmettere questo sole che contengono agli altri! Lo effondono, lo irradiano, lo emanano! Sono quelle persone con le quali il tempo vola! Possono rimanere in silenzio, possono parlare, ma ci si sente bene e alleviati dai mali, alleggeriti, rasserenati! Sono quelle persone d cui non ci si stancherebbe e staccherebbe mai.

Questi esseri sereni, in cui le nebbie non si posano o altrimenti assai rapidamente dissipano, sono gli apripista per ricerche di amore ultraterreno ed invisibile…ma perché è così importante il cuore puro? “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. Ma Dio, sappiamo da Mosè e non solo, che non è impossibile essere visto da vivi, in viso, ma soltanto dopo il passaggio terreno! In vita Dio è coperto da una nube…e si presenta come fuoco, di notte, fiamma! Facciamo lavorare i simboli! Apriamoci ai loro significati. Una fiamma ci infiamma, ci porta luce, può diventare un dardo che trafigge il nostro cuore, la nostra anima. Il fuoco purifica…

Abbiamo dimenticato, noi occidentali moderni o meglio del postmoderno, di muoverci attraverso le letture simboliche, le sorvoliamo, prendiamo tutto maledettamente alla lettera…

La civiltà Egizia era assai abile e persuasiva nel linguaggio simbolico e nelle sue rappresentazioni pittoriche. I suoi simboli, i suoi segni, la sua cultura antichissima è ancora viva tra noi in molteplici campi e modi, basti semplicemente pensare che una persona che non pare viva, ci pare una mummia!

Vi sono anche alcuni studiosi che sostengono che la Chiesa cristiana, la forma cristiana di culto, non sono state inventate dai Padri della Chiesa. Tutto è stato preso dall’Egitto – ma non dall’Egitto a noi noto: bensì da un Egitto che non conosciamo presente dove è ora l’Egitto, ma che era esistito assai prima. Pare e può apparire strano, ma sarebbe da approfondire che questo Egitto preistorico era cristiano molte migliaia d’anni prima la nascita di Cristo, o per meglio dire che la sua religione si fondava sugli stessi principi, sulle stesse idee del vero Cristianesimo. Con questa curiosità e interrogativi ci apriamo a questo viaggio verso l’Eternità nell’antico Egitto. Vi presentiamo cosa ci ha cortesemente scritto la dott.ssa Maria Cristina Guidotti riguardo ad una mostra itinerante da Lei curata. La mostra è già stata allestita, presente in varie parti del mondo e a breve dal Veneto si sposterà in nord Europa:

“La mostra “EGITTO. Viaggio verso l’immortalità” è allestita in Palazzo Sarcinelli a Conegliano Veneto fino al 6 aprile 2025.
Il progetto di questa mostra, a cura della sottoscritta, nacque diversi anni fa in occasione di uno studio sulle mummie del Museo Egizio di Firenze.
Secondo le credenze degli antichi egiziani la morte non costituiva la fine della vita, ma continuava sotto un’altra forma nell’aldilà.
Per continuare a vivere l’anima doveva reincarnarsi nel proprio corpo, e per questo motivo il corpo doveva essere conservato al meglio.
L’argomento della mummificazione ha sempre affascinato, e il pubblico attirato da mistero e horror, si è fatto delle strane idee sulle mummie egizie.
Ma in realtà le usanze funerarie degli antichi egiziani avevano come scopo la continuazione della vita nell’aldilà.
La mostra dunque presenta i principali metodi di imbalsamazione e la straordinaria varietà di oggetti che accompagnavano la mummia nella tomba.
Si tratta principalmente di oggetti di uso esclusivamente funerario, che servivano al defunto per continuare a vivere nell’aldilà.
Ma anche di una serie di effetti personali che lo accompagnavano nel lungo viaggio, e che dovevano essere utili magicamente per sempre.
La mostra si conclude dunque con uno sguardo sulla vita terrena, attraverso la presentazione del corredo del defunto”.

Maria Cristina Guidotti

Noi vedremo insieme il video realizzato con la dottoressa Maria Cristina Guidotti che ci guiderà in questo viaggio ultrattereno…

Qualche nostro pensiero… La vita umana sulla terra può apparire anche come vita di soldati perché la vita dell’uomo sulla terra è una vita di lotta. La lotta si svolge nella nostra interiorità tra il mondo reale e il mondo di sogni, tra l’essere e il nulla. “La nostra vita”, scriveva Ludwig Wittgenstein a Paul Engelmann il 9 aprile 1917, “è come un sogno. Ma nelle ore migliori ci svegliamo per quel tanto che ci fa accorgere che stiamo sognando. La maggior parte del tempo, però, siamo immersi in un sonno profondo”. Dalle varie circostanze della vita si sprigiona un potere ipnotico, che assoggetta l’essere umano; lo addormenta e lo riduce nello stato di un sonnambulo, per cui si muove senza sapere quello che sta facendo. Svegliarsi dall’ipnosi significa divenire consapevole del miracolo dell’esistenza, significa assistere alla continua fioritura del mondo e sentirne l’intenso profumo. L’essere è essere consapevole, e il mondo di sogno è il nulla. Come annotava Ernst Jünger nel suo diario il 9 luglio 1942, ciascuno può riconoscere se stesso in una figurina minuscola sulla sponda oceanica dell’inconscio. Questo, scriveva, ”è il mio posto d’avanguardia, sull’estremo limite del nulla: sull’orlo di quell’abisso combatto la mia battaglia”. E subito sotto riferiva, in modo soltanto apparentemente incongruo, un’impressione olfattiva – “la fioritura dei tigli in questi giorni: mi pare di non aver mai sentito il loro profumo così forte e così intimo”- dando modo all’ineffabile critico letterario di manifestare tutta la propria insipienza di sonnambulo, che parla nel sonno di sottile epicureismo intellettuale, se non addirittura di delittuosa irresponsabilità.

Poiché l’intera Europa era in quel momento messa a ferro e fuoco, Jünger non avrebbe dovuto sentire il profumo dei tigli; tale il giudizio del sonnambulo moralista, che aggiunge: “Quell’avamposto non risulta indicato su alcuna carta: è ora un avamposto del nulla contro il nulla. La sentinella, per la quale non esistono abbastanza nemici perché tutti sono divenuti invisibili, è rimasta misteriosamente inchiodata al suo compito insensato” ( F. Masini, Presentazione, in E. Jünger, Diario, cit.,p.VI.).

Questa frase esilarante merita di essere riletta di tanto in tanto, non solo per farsi delle pantagrueliche risate (che questo sarebbe mero epicureismo), ma perché può riuscire utile al fine di risvegliarsi dal sonno ipnotico, di cui rappresenta una delle massime espressioni critiche.

Jünger ci parla dell’ avamposto esistenziale della consapevolezza, della presenza a se stessi e al mondo, dell’attenzione e della vigilanza con la metafora della sentinella. L’ineffabile critico letterario prende l’espressione alla lettera e arguisce che l’avamposto non può esistere, perché non risulta sulla carta. Che dei nemici non v’è traccia, in quanto la sentinella ha l’impressione del nulla, e quindi non vede nulla; e ciò nonostante rimane lì, in quel posto dove non si vede nulla; e il critico allora si domanda che cosa ci stia a fare, “misteriosamente inchiodata al suo compito insensato”. A ricordarlo questo passaggio con sagacia è il filosofo e storico Gianni Vannoni. Pertanto l’uomo cammina nella realtà più spesso come in sogno, ma va pur sempre la fine della propria esistenza! C’è un detto: l’importante è che la morte ci colga vivi! Stiamo attenti a questo viaggio attraverso l’immortalità che ci viene presentato dalla dott.ssa Guidotti che ogni civiltà ha considerato, perché si tratta di civiltà il pensare al grande passaggio verso l’immortalità e possiamo chiederci pertanto cosa sia successo all’Occidente che tralascia ed adombra il passaggio finale unica e sola certezza della vita…

Ma lasciamoci travolgere oggi con questi versi tratti dal cantico dei cantici e cogliamoli con la pupilla del cuore e gli occhi della mente. Solo un cuore puro può accedere a simili rappresentazioni e saperle donare.


[…]
L’amato bussa alla porta
Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore.
Un rumore! La voce del mio amato che bussa:
“Aprimi, sorella mia,
mia amica, mia colomba, mio tutto;
perché il mio capo è madido di rugiada,
i miei riccioli di gocce notturne”
“Mi sono tolta la veste;
come indossarla di nuovo?
Mi sono lavata i piedi;
come sporcarli di nuovo?”
L’amato mio ha introdotto la mano nella fessura
e le mie viscere fremettero per lui.
Mi sono alzata per aprire al mio amato
e le mie mani stallavano mirra;
fluiva mirra dalle mie dita
sulla maniglia del chiavistello.
Ho aperto all’allora all’amato mio,
ma l’amato mio se n’era andato, era scomparso.
Io venni meno, per la sua scomparsa;
l’ho cercato, ma non l’ho trovato,
l’ho chiamato, ma non mi ha risposto.
Mi hanno incontrata le guardie che fanno ronda in città;
mi hanno percossa, mi hanno ferita,
mi hanno tolto il mantello
le guardie delle mura.
Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
se trovate l’amato mio
che cosa gli raccontate?
Che sono malata d’amore!
Che cosa ha il tuo amato più di ogni altro,
tu che sei bellissima tra le donne?
Che cosa ha il tuo amato più di ogni altro,
perché così ci scongiuri?

L’incanto dell’amato
L’amato mio è bianco e vermiglio,
riconoscibile tra una miriade.
Il suo capo è oro, oro puro,
i suoi riccioli sono grappoli di palma,
neri come il corvo.
I suoi occhi sono come colombe
su ruscelli d’acqua;
i suoi denti si bagnano nel latte,
si posano sui bordi.
Le sue guance sono come aiuole di balsamo
dove crescono piante aromatiche,
le sue labbra sono gigli
che stillano fluida mirra.
Le sue mani sono anelli d’oro,
incastonati di gemme di Tarsis.
Il suo ventre è tutto d’avorio,
tempestato di zaffiri.
Le sue gambe, colonne di alabastro,
posate su basi d’oro puro.
Il suo aspetto e’ quello del Libano,
magnifico come cedri.
Dolcezza è il suo palato;
egli è tutto delizie!
Questo è l’amato mio, questo l’amico mio,
o figlie di Gerusalemme…


 

12 Ottobre 2021

L’immagine più comune della morte è uno scheletro con una falce in mano ed un mantello. Nell’antichità vi erano tre parche a filare: una dispensava la vita, l’altra il destino, la terza tagliava il filo al momento stabilito…

Con queste immagini diamo il vita alla terza ed ultima lezione sulla civiltà egizia tenuta da Maria Cristina Guidotti, laureata in egittologia presso l’Università di Pisa, è stata direttrice del Museo Egizio di Firenze, per conto del quale ha organizzato numerose mostre in Italia e all’estero. Come esperta di ceramica egizia ha partecipato a scavi archeologici in Egitto a Saqqara, Tebe, oasi del Fayum, Antinoe e Ismailia. Da poco in pensione, continua l’attività, già ricca, di pubblicazione di articoli e volumi sulla ceramica e sulla civiltà egizia, sia di carattere scientifico che di alta divulgazione.

Il tema della lezione “Il viaggio verso l’eternità”.

Andare verso l’Eternità viene concesso solo a chi avrà il cuore/anima leggero come una piuma. A stabilirlo la bilancia, la giustizia.

Guardare il video può essere un monito a vivere questa esperienza vita in altra forma, con altro intendimento e per cercare di contrastare la paura che la maggior parte delle persone nutre per la morte.

Può anche essere un modo per tornare a riflettere su anima! Cosa vuol dire? Anima non solo è una parte dell’essere, ma anima, è dispensatrice di vita!

Ma tutti hanno un’anima? A tal proposito può essere interessante leggere “Anime morte” di Gogol… Libro poli significante… Un’opera che aveva a modello Dante… Un commercio di anime morte, in mezzo ad una società morta…

Una doppia immagine di Tanatos che talvolta invece è apportatore di vita eterna quando la vita sul pianeta terra è veramente ben vissuta e con la morte a morire e solo quest’ultima perché il credente abbraccia Dio.

Vi è nebbia, fitta nebbia; fitte, dense nubi. Siamo in volo… Improvvisamente le nuvole iniziano a diramarsi, a scomparire, sotto ai nostri occhi compaiono luoghi…

Un cieco non vede, non ha la vista eppure usa il termine vedere. Percepisce ed ha una sua consapevolezza dello spazio e da cosa è occupato.

E se la morte non esistesse? Se fosse soltanto un cambiamento di forma?

Un cambiamento tra i tanti cambiamenti che subiamo continuamente di momento in momento, in ogni istante non siamo più ciò che eravamo prima.

Una foto testimonia la trasformazione.

Può apparire un paradosso così come il difendere la vita in questo momento con un siero salvifico che non sarà un elisir di vita eterna, ma al contempo dire sì all’aborto, lo conferma il film vincitore al Festival di Venezia e la censura e l’ostracismo che riceve, da parte di alcuni gruppi, il Film Unplunned, che si schiera contrò l’interruzione di gravidanza, circa 20 milioni di feti l’anno non vedono la luce.

In questi giorni i giornali parlano in favore all’eutanasia…

Paradossi della vita e della morte…

La vita è considerata anche commedia, teatro ed un grande ed importante genere è stato il teatro dell’assurdo.

Uno dei capisaldi fu Ionesco e scrisse “Il rinoceronte”, un testo che vi invitiamo a leggere perché può risultare molto attuale e constatò che il binomio vita – morte era assurdo in se stesso per le contraddizioni di termini che arrecava.

La stessa contraddizione rende però altrettanto affascinante la morte tanto che arriva a scrive:

“I morti sono più numerosi dei vivi. Ed il loro numero aumenta. I vivi sono rari”

 “Ho la certezza di essere nato per l’eternità, che la morte non esiste, che tutto è miracolo”
Ma chi ha avuto in sorte di accompagnare un vivo o apparente tale verso il “gran viaggio” si è reso conto che vi è uno stato intermedio tra la vita e la morte. Uno stato in cui il morente prende le distanza dalla vita e dalle sue problematiche e appare proteso verso un’altra dimensione o luogo.

Le preoccupazioni, le ansie della vita non occupano più la sua mente e fra chi resta qui e chi va verso il mistero si compie una cesura.

Quando – poi – giunge l’ora e si è innanzi a tale passaggio, tutto d’un botto, con l’esalazione dell’ultimo respiro il corpo pare impietrire, irrigidirsi d’un tratto, all’improvviso! Ma cosa è successo in un momento? Chi dava vita al corpo? Il respiro? L’anima? Il cerchio si chiude. La vita inizia col respiro e con quest’ultimo si chiude.

Cosa capiterà dopo? Lo sappiamo? Eppure alcuni defunti capitano in sogno, recapitano messaggi, di altri si avverte la presenza, di altri l’odore.

Una vasta letteratura mondiale ci parla di fantasmi e sono in diversi ad asserire di averne visti, eccome!

Altri esseri stavano per abbandonarci e sono partiti attraversando un tunnel, un fascio di luce e di benessere ha permeato la loro interiorità… poi son tornati e tale storia hanno narrato.

Ma allora la morte esiste o non esiste?

Intorno ai cimiteri per assurdo vi è un sempre verde: il cipresso, un albero che già nell’antico Egitto veniva utilizzato per costruire delle meravigliose tombe e sarcofaghi, in Grecia antica era associato ad Apollo e Artemide. Era pure l’albero di Ade Dio dei morti.

Nel cristianesimo si narra che col suo legno venne costruita la croce di nostro Signore, ma in ogni caso è designato, il cipresso, come l’anima che si avvia verso il regno celeste, verso l’eternità e l’anima non ha tempo perciò un sempre verde a simbolizzarla ed in oriente il cipresso è paragonato ad una fiamma che si protende verso l’alto.

Le sue radici hanno, inoltre, la facoltà di andare in profondità e non diramarsi in superficie in orizzontale, pertanto, non disturbano le tombe dei dormienti eterni.

A Buenos Aires, Argentina, uno dei bar più noti, nel barrio della Recoleta, sorge innanzi al cimitero tanto per garantire la continuità tra la vita e la morte.

Ma altro problema che si pone con la morte è come compiere quest’atto. In un passato, nell’antichità era meglio morir giovani, in guerra, da eroi che anziani, deboli.

Il samurai, in alcuni casi, preferisce darsi la morte così come invece alcuni anziani, in passato, passato, uscivano dalla comunità per prepararsi al morire ed alla morte.

La nostra società non più in grado di creare metafore, usare i simboli semplicemente allontana l’idea della morte, la respinge e non l’affronta diventando quest’ultima non un’ alleata della vita, ma l’acerrima nemica per cui si è disposti a tutto pur di evitarla eppure non vi è scampo.

Stavolta non citiamo Jünger perché di quest’ultimo fu amica , camminavano a braccetto, era costantemente presente nella sua vita, pensieri, scritti tant’è vero che lo accompagnerà da vera e assidua frequentatrice, per una lunga esistenza, fino a quasi 103 anni venerandi.

Nell’epitaffio funebre di Paul Klee si legge una frase riportata dal suo diario:

“nel mondo terreno non mi si può afferrare perché io abito altrettanto bene tra i morti come tra i non nati. Più vicino del consueto al cuore della creazione e ancora troppo poco vicino”.
In quello di K. J. Jung dove alla base vi è una pietra quadrata, e reca su ciascun lato una iscrizione in latino, riportiamo direttamente in italiano per semplificare:

“Primo, l’uomo terrestre della terra”
“Secondo, l’uomo celeste del Cielo”
Credo siano parole tratte da San Paolo. L’altra parte dell’iscrizione è la stessa incisa sul portone della casa di Jung:

“Chiamato o non chiamato, Dio è presente”
Proprio in questi giorni si sono ricordati i defunti, che per chi ha provato grandi sentimenti nei loro riguardi sa che non sono mai morti perché sono in mezzo a noi negli affetti, nei ricordi, come presenza più o meno costante e così è comprensibile anche il culto degli antenati.

Col viaggio verso l’eternità finisce il ciclo di incontri sul: il senso della vita e forse proprio la morte nobilita la vita e le offre in premio un senso più alto e profondo al suo vissuto.

VIDEO. La via all'eternità nell’antico Egitto. Con Maria Cristina Guidotti

 

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 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

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