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“Durante tutta la mia vita, sia nei momenti difficili sia in quelli felici, ho avuto la sensazione che mancasse qualcosa. Non sapevo cosa, ma mi rendevo conto che mancava. Non mi sentivo pienamente soddisfatto ed appagato.
Succedeva anche nei momenti intimi, di pieno innamoramento …Quando in due si stava davanti alla finestra aperta, contemplando il tramonto, la notte che discendeva sul paesaggio, avvertivo lì, in quello sguardo che ci trovava uniti, verso quell’infinita quiete, avvertivo una verità ed una Presenza invitante farsi avanti”. Potrebbe questo essere l’inizio di un romanzo oppure di una ricerca spirituale avvertire una assenza reclamante, un vuoto che desidera essere riempito, una incognita che desidera essere scoperta…
Si aprono i giornali, si assiste al mondo, si apprende che vi sono guerre mentre in noi si espande il desiderio di amore e di amare, ma anche di scoprire l’amore, di muoversi in tale realtà di entrare a farne parte. Ci si rende conto che ci si trova sprovvisti di intelligenza di natura superiore e di Scuole di Ordine Superiore per entrare in quelle strade in salita e strette, quei viottoli ciottolosi così difficili da trovare. Sono da tempo quei percorsi ricoperti di erbacce, gramigna. In pochi si prendono la briga di essere guide ed ancor più di divenire guide. Certo tali maestri sono rari. Spesso non parlano: indicano solamente a chi si appresta ad osservare. Indicano come e cosa mirare, come ascoltare, nel silenzio completo. Non guardando negli occhi, ma cogliendoti alla sprovvista, ti mostrano angoli nascosti di te stesso, quando meno te lo aspetti. La prima reazione di fronte a tale azione è quella di rifiutare ciò che è venuto alla luce! No, si vorrebbe, anzi, esclamare a gran voce: “Io non sono così!” Messo a nudo uno si sente scoppiare, talvolta la collera ci assale… Eppure la risposta silenziosa è Tat Tvam Asi! Tu sei quello! Certo scoprirsi non è semplice, se lo specchio ci mostra in maniera deformata il nostro sembiante, chi ci mostra la nostra vera, autentica realtà interiore? Chi ci avvia al mondo della educazione interiore e superiore e a risvegliare le nostre funzioni cognitive oramai assopite dopo essere stati istruiti come salami appesi a logore travi? Eppure proprio la ricerca del maestro interiore, la ricerca di una unione col piano superiore possono condurci ad un cammino complicato di unione con Dio. Si può dire che tutto abbia inizio con una preghiera che è in realtà una chiamata alle armi! Quel desiderio improvviso e impellente di chiedere aiuto! Signore aiutami tu! Certo perché ognuno ha un ideale, un’aspirazione verso qualcosa di più alto. Prende una forma o un’altra, ma quel che conta è la chiamata verso quell’ideale, la chiamata del suo essere. Ascoltare la chiamata è lo stato di preghiera. Quando è in questo stato l’uomo produce un’energia, un’emanazione speciale che solo il sentimento può generare. Queste emanazioni si concentrano nell’atmosfera immediatamente sopra il punto in cui vengono prodotte. L’aria le contiene ovunque. La domanda è come entrare in contatto con queste emanazioni. Con la nostra chiamata possiamo creare una connessione, come un telegrafo che ci collega ad esse, e assorbire questo materiale per lasciarlo accumulare e cristallizzare in noi. La vera preghiera consiste nello stabilire questo contatto e farsene nutrire, farsi nutrire da questo materiale speciale chiamato “grazia”. A questo scopo c’è un esercizio, che consiste nel respirare pensando a Cristo e nel trattenere gli elementi attivi che si sono accumulati. A descriverci questa realtà è Jeanne de Salzmann:
”Dobbiamo comprendere l’idea di una scala cosmica, è il fatto che esiste un legame che collega l’umanità ad una forza superiore. La nostra vita, lo scopo del nostro essere vivi, può essere compresa solo in relazione a forze la cui scala e grandezza ci oltrepassano. Sono qui per obbedire, obbedire ad una autorità che riconosco come maggiore di me perché ne faccio parte. Chiede di essere riconosciuta, di essere servita e di risplendere attraverso di me. Sento il bisogno di pormi sotto la sua influenza e di relazionarmi a essa mettendomi a servizio. All’inizio non capisco che il mio desiderio di essere è un desiderio cosmico e che il mio essere ha bisogno di situarsi e trovare il suo posto in un mondo di forze. Considero il mio desiderio una mia proprietà soggettiva, qualcosa che posso utilizzare per profitto personale. La mia ricerca e’ organizzata sulla scala di questa soggettività in cui tutto viene misurato da un punto di vista individuale: io e Dio. Tuttavia ad un certo punto devo capire che l’origine del bisogno che sento non è solo in me. C’è un bisogno cosmico del nuovo essere che potrei divenire. L’umanità ( una certa porzione di umanità) ne ha bisogno. E anche io ne ho bisogno, col suo aiuto di afferrare l’influenza che sta sopra di me.
Sentiamo che senza questa relazione con una energia superiore la vita no.n ha molto significato. Ma da soli non abbiamo la forza di raggiungerla. Si deve creare una certa corrente, un certo magnetismo in cui ognuno trova il suo posto, cioè il posto che permetterà alla corrente di stabilirsi meglio. Tutta la nostra responsabilità è questa. Le vie tradizionali hanno tutte riconosciuto e servito questo scopo in modo che corrispondeva allo sviluppo delle persone in un dato luogo e periodo. Oggi abbiamo il bisogno di ritrovare il contatto con questa energia. L’esperienza procede con alti e bassi, con responsabilità più o meno assunte, in un gioco di forze attraverso cui può emergere un certo grado di liberazione. Ma coinvolge ancora un numero troppo limitato di persone e questa forza deve essere sentita da una porzione più vasta di umanità “.
Questa attività dell’essere prende nome di Lavoro interiore e solo un vero Lavoro interiore può aiutare il lavoro di tutti i giorni dove ognuno interpreta un ruolo. La frizione che si viene a creare mostrerà e darà avvio a nuove visioni di realtà, coscienza e consapevolezza dell’essere. Al giorno d’oggi ne abbiamo sempre più bisogno. Dobbiamo rammentare che proprio dal bisogno ha origine la società. La sua tripartizione tradizionale è una struttura gerarchica, modellata sulla scale dei bisogni. Ai bisogni fisiologici provvede la casta dei produttori, ai bisogni di sicurezza ed appartenenza la casta dei guerrieri, ai bisogni superiori la carta dei filosofi. La descrizione platonica della politeia non è una utopia ideologica, ma il retaggio di una memoria ancestrale. Nella società moderna la tripartizione tradizionale sembra utopistica, a causa del prevalere del capitalismo e dell’industrializzazione. In questo senso si può constatare una involuzione storica delle caste, poiché coloro che lavorano per il soddisfacimento dei bisogni fisiologici costituiscono lo strato sociale dominante, mentre le funzioni sociali superiori si sono atrofizzate.
Ernst Jünger testimone oculare di due guerre mondiali vede il passaggio, oramai più che conclamato ed affermato, di una guerra della cavalleria ad una guerra dove le forze telluriche delle tecnica sono esplose a discapito di tutti : compresi i civili e le donne, i bambini e gli infermi. Si è costituita una mobilitazione totale. Non vi è singolo che in un qualche modo non parteci alla guerra! Basti pensare all’industria bellica ora sempre più in crescita e al numero di materiale che viene utilizzato a tale scopo. Gli arsenali aumentano e si convertono industrie per tale scopo in ogni continente. I mari e non solo sono invasi di scorie radioattive per simulazioni di guerra così come il cosmo. Non ci rendiamo neppure conto come lo stesso nostro modo di parlare e di scrivere sempre meno articolato è già assoggettato a tale mondo dove prevalgono rapidi dictat. È ora pertanto il momento di recuperare la parola ed il linguaggio che sono sapienza avuta in grazia dall’Alto. Proprio Ernst Jünger termina il suo saggio su La Mobilitazione totale in questi termini:
“A Costantinopoli i bambini nelle scuole imparano a sillabare, anziché gli antichi arabeschi del Corano, i caratteri dell’alfabeto latino. A Napoli e a Palermo i poliziotti fascisti regolano la brulicante vita meridionale secondo le norme del traffico moderno. Edifici parlamentari vengono inaugurati solennemente nei più remoti ed esotici paesi del mondo. L’ astrattezza, e perciò anche la crudeltà, di tutti i rapporti umani cresce senza sosta. Al patriottismo subentra un nuovo nazionalismo di forte colore ideologico. Nel fascismo, nel bolscevismo, nell’americanismo, nel sionismo, nei movimenti dei popoli di colore il progresso si accinge ad una avanzata che era fino ad ora ritenuta impensabile: si ribalta in un certo senso su se stesso, per poi proseguire, dopo un virtuosismo dialettico, su un terreno assai elementare. Esso incomincia a sottomettere i popoli in forme che non sono poi molto diverse da quelle di un regime assoluto, ove si prescinda dal minor grado di libertà e di comodità. In molti luoghi la maschera umanitaria è quasi cancellata, e spuntano al suo posto un feticismo della macchina mezzo grottesco e mezzo barbarico, un ingenuo culto della tecnica, e ciò proprio in luoghi che non possiedono alcun rapporto immediato e produttivo con quelle energie dinamiche del cui devastante corteo trionfale le armi a lunga gittata e le squadriglie di bombardieri sono solo l’espressione guerresca. Nelle stesso tempo cresce l’attenzione per le masse: la misura del consenso e della popolarità diventa il fattore decisivo della politica. Ma soprattutto il socialismo e il nazionalismo sono due grandi macine tra cui il progresso sbriciola i resti del vecchio mondo e infine se stesso. Per oltre cento anni la “destra” e la “sinistra” si sono palleggiate le masse, accecate dall’illusione ottica del diritto di voto; e ogni volta l’avversario di turno sembrava offrire un rifugio dalle pretese della parte opposta. Oggi in tutti i paesi appare sempre più chiaro il dato di fatto della loro identità, e anche il sogno della libertà svanisce come nella ferrea morsa di una tenaglia. È uno spettacolo grandioso e terribile vedere i movimenti delle masse sempre più omologate, su cui lo spirito del mondo getta la sua rete. Ciascuno di questi movimenti non fa che rendere la pressa più stretta e più implacabile, e qui agiscono forze di costrizione che sono più forti della tortura: così forti che l’uomo le saluta con giubilo. Dietro a ogni via di uscita contrassegnata da simboli della felicità sono apposti il dolore e la morte. Fortunato colui che non varca questi spazi disarmato.”
E proprio per non varcare questi spazi disarmati, ma avendo già assaporato la quiete, la pace, la gioia di stampo superiore che oggi guardiamo insieme il video realizzato con il reverendo don Curzio Nitoglia:”L’unione con Dio”: don Curzio, ci guida alla comprensione della mistica, al fare esperienza di Dio. La mistica si offre a tutti uomini e donne e non solo a coloro che hanno scelto una via necessariamente conventuale. I frutti della mistica, desiderati ardentemente dal ricercatore spirituale sono la felicità e la beatitudine. Sentire e convivere con la Presenza sola reale pace che ci consente di aprire e varcare oltre ogni tipo di feritoia! Sentiamo San Tommaso cosa ebbe a dirci:
“[…] dice infatti San Paolo: ”È necessario infatti che questo corpo corruttibile si rivesta di incorruttibilità.“ E anche l’Apocalisse dice: “Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio, e non ne uscirà mai più“. Ne’ potrà quello stato venir meno per il mutarsi della volontà dell’uomo a motivo della noia, perché quanto più si vedrà Dio, che è l’essenza della bontà, tanti più Egli sarà necessariamente amato, per cui sarà maggiormente desiderata la fruizione di Lui, secondo quanto dice l’Ecclesiastico:”Quanti si nutrono di me avranno ancora fame, e quanti bevono di me avranno ancora sete”. E per questo motivo anche degli angeli che vedono Dio si dice: “cose nelle quali anche gli angeli desiderano fissare lo sguardo”.
Similmente non verrà meno questo stato neppure per l’attacco di qualche nemico, poiché cesserà ogni molestia del male, secondo quanto dice Isaia:” Non ci sarà più il leone”, cioè il diavolo con i suoi attacchi, “nessuna bestia feroce la percorrerà“, cioè l’uomo cattivo; e per questa ragione il Signore dice delle sue pecorelle:”Non andranno mai perdute”, e “ nessuno le rapirà dalla mia mano”. Nè potrà finire quello stato perché alcuni verranno esclusi da Dio. Infatti nessuno potrà essere escluso da quello stato per una colpa, che non potrà sussistere non essendo possibile alcun male: si legge infatti in Isaia:”Il tuo popolo sarà di giusti”, e neppure per la promozione a un bene migliore, come avviene in questo mondo quando Dio alle volte sottrae ai giusti le consolazioni spirituali e altri suoi benefici perché cerchino queste cose più avidamente e riconoscano il proprio limite: quello stato infatti non è mandamento o di progresso, ma di perfezione finale, per cui il Signore dice:” Colui che viene a me non lo respingerò “.
Quello stato avrà perciò la perpetuità di tutti questi beni, come dice il Salmo: “Esulteranno in eterno e tu abiterai in essi”. Perciò il predetto Regno è la beatitudine perfetta, in quanto vi si troverà la sufficienza immutabile di ogni bene. E come la beatitudine è desiderata naturalmente da tutti gli uomini, di conseguenza il Regno di Dio viene desiderato convenientemente da tutti gli uomini”.
Ritorniamo a Jeanne de Salzmann e al fare esperienza in terra:
“Quando sento in me una Presenza, il corpo diventa secondario, sbiadisce, come se non fosse mai esistito, perché riconosco una vita, qualcosa di vivo, che proviene da un livello molto più alto del corpo. Percepisco questa Presenza come un tutto che ha la propria esistenza e che, in un certo modo, non ha bisogno del corpo. Allo stesso tempo questa vita è la vita del mio corpo. Questa vita reale è attiva e, nel sottomettersi ad essa, il corpo è passivo. Questa Presenza potrebbe farlo agire, parlare, ascoltare, se le mie funzioni fossero disponibili, se si stabilisse una connessione tra questa vita e il corpo. Ad esempio, se devo alzare un braccio, sento che questa Presenza potrebbe benissimo alzarlo. Nell’animare il corpo, questa Presenza abbraccerebbe sotto il suo sguardo ogni mio funzionamento e sceglierebbe l’azione adatta a realizzare ciò che deve essere compiuto. Quando lo capisco,comprendo che essere connesso con questa Presenza è davvero il mio lavoro, significato della mia vita.
Allo stesso tempo, ho bisogno del corpo per agire, per dare un senso alla mia mia Presenza qui. Senza il corpo la Presenza non può essere determinata e definita, nè può creare un certo tipo di vita sulla terra. Senza la mia Presenza il corpo è solo un animale, obbligato a mangiare, dormire, distruggere e riprodursi. È necessaria tra di essi una stretta relazione, una sorta di comunione, in modo che da questa collaborazione si formi un movimento sconosciuto che crei nuova forza, vita. Sento allora la necessità di mantenere questa relazione, di evitare la separazione che porta all’avidità animale o ai sogni incoscienti. Il corpo che appartiene alla terra, ad esempio, vuole mangiare e desidera dei dolci che stanno su un piatto. Ne vuole uno, due, una gran quantità. La questione non è se rifiutare al corpo il diritto di prendere ciò che desidera, ma quanti dolci può mangiare senza sbilanciare la sua relazione con la Presenza. Forse uno, forse due, forse solo mezzo.
Quando la Presenza e il corpo vanno di pari passo c’è unità, e una nuova visione che vede tutto, un tutto vivente. Nel silenzio assoluto posso sentire che “io sono”. Una parte della mia attenzione è rivolta verso un livello che sta oltre le mie funzioni e, al tempo stesso, io funziono e sono in relazione con tutto il movimento che mi circonda. Se non mantengo l’attenzione su questa profondità in cui l’energia è completamente libera sarò incapace di vedere, di comprendere. Sarò incapace di agire liberamente. Sarò anzi agito da forze . È a questo punto che deve comparire la coscienza. Il lavoro consiste dunque nell’essere più attenti possibile e allo stesso tempo agire: cioè, essere a due livelli contemporaneamente. La coscienza non si risveglia facendo riferimento a un modello, a un concetto, ma in modo indipendente, individuale. Non ha nulla in comune con quella che finora abbiamo ritenuto essere la coscienza. Nello sforzo di aiutarmi tra queste forze, al mio interno compare una vera emozione: l’emozione di essere…
A.T. del mondo di Eumeswil
VIDEO. L’Unione con Dio. Con Rev. don Curzio Nitoglia
L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger.
L’Associazione si fonda su tre pilastri:
CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.
TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.
RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.