Apocalisse. Parte prima
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Apocalisse. Parte prima

Il senso della vita
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Apocalisse. Parte prima
Apocalisse. Parte prima

 

(di Antonella Tommaselli)

Riflessione di Eumeswil

Patmos, Patmos, Patmos: isola Santa!
“mi trovavo nell’isola chiamata Patmos” (Apocalisse, 1,9)

All’estremità settentrionale dell’arcipelago del Dodecanese si trova una delle sue più piccole isole per estensione (34 chilometri quadrati) ma la più importante per quanto concerne la religione fra le numerose isole dell’Egeo.

Il momento in cui i piedi apostolici di San Giovanni il Teologo (95 d.c.) toccano la terra di Patmos, segna le pagine della storia dell’umanità e l’allora sconosciuta isola gloriosamente diventa e rimane nella storia e nella geografia greca come l’unico luogo dell’Apocalisse di Dio, della Presenza e Manifestazione di Dio.

Dal momento in cui l’esule Apostolo lasciò le sue orme sulla Grotta e l’impronta sulla roccia dove scriveva, Patmos fu consacrata e acquisì il privilegio di essere ritenuta un’isola Santa. Contemporaneamente conquistò la devozione di tutta la cristianità.

La storia e la teologia ricavano elementi su Giovanni Evangelista tramite la sua opera l’Apocalisse. Hanno informazioni sulla parte più difficile ed avventurosa della sua vita, il suo esilio nell’allora sconosciuta isola di Patmos, nel periodo della seconda grande persecuzione contro i cristiani da parte dell’imperatore Domiziano (95 d.c.), “a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù”. (Apocalisse,1,9).

Giovanni prosegue anche qui l’opera di evangelizzazione degli abitanti dell’isola e fonda la Chiesa di Patmos. Vive nelle viscere di una delle molte grotte dell’isola. Qui scrive la straordinaria, divina Apocalisse. Il santo Evangelista, nell’ospitale caverna naturale, ascoltava la parola di Dio e la dettava al suo discepolo Procoro, il quale la trascriveva “con mano tremante” e come una lira suonata da Dio rendeva visibili e palesi i misteri Invisibili e inespressi.

San Giovanni ritornò a Efeso, da dove era stato esiliato, nel settembre del 96 d.c., quando ebbe termine la persecuzione dei Cristiani e lì attese la fine dei suoi giorni.

Con l’editto di Milano emesso da Costantino il Grande fu proclamata la libertà religiosa e così dal IV secolo l’isola incominciò a diventare luogo di attrazione e di preghiera per i cristiani di tutto il mondo allora conosciuto. Per Patmos il VII secolo fu un periodo cruciale, fu devastata come tutte le isole dell’Egeo dalle incursioni degli Arabi. L’isola rimase disabitata fino alla fine dell’XI secolo.

La decisione del Comitato dell’UNESCO dei Patrimoni dell’Umanità riporta che “Il Monastero, la Grotta e Chora di Patmos sono fra i pochi posti al mondo dove si saldano con sviluppo graduale ed interrotto dal XII secolo ai nostri giorni, la conservazione delle tradizioni religiose e gli identici riti dell’epoca Paleocristiana e l’unicità della sua divina adorazione”.

Come ci ricorda il Priore e Esecarca Patriarcale di Patmos Archimandria Antipas:

”Patmos rimane un modello e un cimelio prezioso per l’umanità, in un’epoca in cui il problema della distruzione ambientale va progressivamente crescendo come anche il tentativo forsennato di abbattimento dei valori e di allontanamento dal credo nel nostro Dio Trino da parte di alcuni che hanno enormi interessi nella realizzazione di questo scopo”.

Patmos la Santa ancora oggi è un luogo di pellegrinaggio,un rifugio di quiete e di pace dove ritirarsi in contemplazione. È un luogo dove il soffio del vento pneumatico discende sull’essere e pare sospingerlo al suo ascolto così come il mare che par farsi fonte.

All’interno della grotta dell’Apocalisse, persone di ogni parte del mondo, pregano, esprimono personali atti di devozione, meditano così come all’interno del monastero. Mai come a Patmos si avverte l’Apocalisse così vicina, ma nel suo pieno messaggio di speranza! La bellezza del paesaggio, i suoi monasteri disseminati in tutta l’isola, le grotte degli eremiti, i pochi visitatori, la cura del paesaggio, l’assenza di traffico alleggeriscono l’anima, la ritemprano e la rafforzano…

Nei nostri tempi la prospettiva profetica della storia e il suo messaggio pieno di speranza acquisiscono un significato particolare…

Chi non cova il desiderio che il Bene prevalga sul male e che il mondo possa essere ripulito da quest’ultimo? Chi non avverte la sensazione di essere troppo debole per riuscire a convertire il mondo da solo e togliere ogni tipo di lordura? Ed ecco nel video di oggi il Rev. don Curzio Nitoglia ci aprirà al libro de: L’Apocalisse. Ci spiegherà questo libro profetico che conclude le Sacre Scritture. Ci aprirà alla Madre Celeste, Regina della Pace, di colei che sola può allontanare il male.

Alla Tuttasanta vengono dedicati diversi nomi ed aggettivi. Fra i tanti si porrà l’accento solo su pochissimi: intemerata, non contaminata, immacolata, irreprensibile. A Lei sono dedicate numerose suppliche…

Il Rev. don Curzio Nitoglia, si soffermerà a spiegarci l’ultimo libro delle Sacre Scritture, ci guiderà passo dopo passo nella sua comprensione, un libro fonte di grande ispirazione per ogni branchia del sapere, dello scibile umano. Un libro che oggigiorno in molti attendono il compimento…

Eppure li sull’isola di Patmos non si ha paura. L’infinito par presenza viva, par dare sicurezza alla vita. La luce e l’aria, il suo soffio e respiro penetrano in noi intensamente, incessabilmente… Si ha voglia di guardare e carpire in lontananza. Si nutre il desiderio di dirigersi verso le profondità recondite…In quei luoghi dove par difficile l’accesso se non tramite la disciplina interiore, un rigore e pratica spirituale…Vi è voglia di varcare la porta…

Ernst Jünger, si ispira anche lui all’Apocalisse. In moltissime sue opere risuona questo termine, ma tra i numerosi saggi Al muro del tempo e Prognosi paiono solcati da questa scrittura apocalittica, da sembrar essere stata sviscerata, ma anche vissuta personalmente e vista nella realtà, nella quotidianità. Al Muro del tempo, ci indica un mutamento del manto celeste astronomico, un cambiamento di rotta del volo, delle migrazioni degli uccelli… Affrontiamo sempre di più una rivoluzione mondiale e terrestre…

Al muro del tempo è un’opera del 1957… Nella parte conclusiva l’autore cerca di essere ottimista ed affida un grande ruolo alla chiesa… e ci dice inoltre:

“Vero compagno della terra non è l’intelletto con i suoi piani titanici, bensì lo spirito in quanto potenza cosmica. Perciò in tutte le riflessioni sugli eventi del nostro tempo una parte rilevante tocca alla speranza, più o meno espressa, che tali forze superiori tengano a freno il potente movimento e se ne impadroniscano beneficamente.”

Ernst Jünger in tale contesto cita uno dei maggiori spiriti profeti dell’Occidente: Gioacchino da Fiore. Giocacchino parla di tre epoche per lo spirito e leggiamo cosa ci dice in merito Mercea Eliade:

”… Allorché subentrerà la Terza Epoca, dominata stavolta dallo Spirito Santo, e nella quale la vita religiosa conoscerà la pienezza dell’amore, della gioia e della libertà spirituale. Ma, prima dell’istaurazione del terzo Status, l’Anticristo regnerà per tre anni e mezzo e i fedeli dovranno affrontare le loro ultime è più terribili prove. Un papa estremamente santo e i viri spirituales – i due gruppi religiosi: quello dei predicatori e quello dei solitari contemplativi – resisteranno all’attacco. La prima epoca è dominata dagli uomini sposati, la seconda dagli uomini di studio, la terza sarà guidata dai monaci spirituali. Nella prima di esse aveva preso il posto il lavoro; nella seconda l’hanno avuta la scienza e la disciplina; il terzo status assegnerà il massimo valore alla contemplazione. […] Anzitutto contro l’opinione di Sant’Agostino, l’abate calabrese ritiene che dopo numerose tribolazioni la storia conoscerà un’epoca di felicità e di libertà spirituale; di conseguenza, la perfezione cristiana si trova dinanzi a noi, nell’avvenire storico ( un’idea questa, inaccettabile per qualsiasi teologia ortodossa). Che si tratti di storia, e non invece di escatologia, è comprovato tra l’altro dal fatto che la Terza Epoca stessa conoscerà la degenerescenza e terminerà nell’angoscia e nella rovina, in quanto l’unica perfezione incorruttibile verrà rivelata dopo il Giudizio Ultimo.

Com’era da aspettarsi, fu soprattutto il carattere concreto, della Terza Epoca a suscitare contemporaneamente l’opposizione ecclesiastica, l’entusiasmo dei religiosi e il fervore del popolo…”

Ernst Jünger al termine di Al muro del tempo inoltre così ci dice:

“Una nuova fase del cristianesimo venne preannunciata anche da Schubart, disperso in Russia durante l’ultima guerra. Nel suo libro L’Europa e l’anima dell’Occidente egli sviluppa l’idea che la Chiesa d’Oriente produrrà un terzo cristianesimo, un cristianesimo giovanneo. Nell’Apocalissi di Giovanni un Terzo Testamento, con l’immagine di una nuova terra, viene delineandosi. Alla Russia dovrebbe toccare una parte di rilievo; i nomi di martiri ignoti splenderanno come nell’oscurità”.

Dal retro di copertina del testo di Schubart così si apprende:

“Alla base di questo libro sta un’unica esperienza elementare: il vissuto contrasto fra l’uomo occidentale e quello orientale. È scritto con la visione non del tramonto, bensì del rinnovamento della vita. È concepito non con l’animo turbato del pericolo minacciante l’Occidente, ma con la profonda sensazione del risveglio dell’Oriente. È nato al di fuori dei popoli romanico-germanici, spazialmente e spiritualmente in un punto, dal quale lo sguardo poteva dominare l’Occidente come un tutto unico”.

Dal risvolto di copertina:

“Un’analisi provocatoria delle relazioni tra Russia ed Europa, con una profezia circa quello che sarà il risultato finale di una relazione millenaria di amore-odio; “La Russia è l’unico Paese che potrà redimere l’Europa; a causa delle immani sofferenze patite, la Russia possiede, infatti, delle qualità spirituali ormai totalmente dimenticate dall’Occidente, che solo grazie al loro apporto potrà rinascere”.

Eppure, nonostante ciò che abbiamo appena letto, Ernst Jünger riserva una grande sorpresa ai più nel giorno della sua sepoltura ai presenti…Colui che è entrato nell’età dei patriarchi, il grande aristocratico e vegliardo di Wilflingen…

Interroghiamoci prima però su chi sia in realtà l’uomo nobile! L’uomo nobile è colui che si domina e ama dominarsi; l’uomo vile è colui che non si frena e detesta frenarsi. Inoltre l’uomo nobile considera nei fenomeni l’essenziale e non l’accidentale: in una creatura vedrà il valore complessivo e l’intenzione del Creatore – non un accidente più o meno umiliante – anticipando così la percezione della Qualità divine attraverso le forme. È il significato della parola Apostolo: ”Per i puri tutto è puro”. Dobbiamo inoltre non tralasciare di ricordare che l’uomo è qualcosa di più di una semplice bestia. L’essere umano formato pienamente è nutrito di spiritualità, cultura ed è amante delle arti. Un senso etico lo investono e vestono. Pertanto l’uomo che si esprime come una bestia è al di sotto di essa perché l’animale è privo di cognizione esistenziale e di qualsiasi tipo di codice deontologico mentre l’uomo dovrebbe esserne plasmato. Quando la bestia agisce lo fa nel pieno della sua naturalità cosa assai distinta per ciascun umano. Ciò a cui pertanto stiamo assistendo ci pone di fronte ad una caduta dell’essere umano. Ad una sua mostruosa decadence.

Gia il vegliardo di Wilflingen sul finire dello scorso secolo interrogato sulla situazione politica del momento, che pur dimostra di apprezzare i meriti del cancelliere tedesco della riunificazione Helmut Kohl, preferisce passare a considerazioni storico-filosofiche:

“Vedo tutto ciò entro una cornice più grande – il XXI sarà un secolo di titani. Penso alle tecniche genetiche, al numero crescente di armi sterminatrici o alla tecnica nucleare che ora si diffonde su tutta la terra in maniera incontrollata. I politici d’oggi non sono per nulla pronti ad affrontare ciò che si sta preparando come corrente profonda. (…) Stamane ho letto anche il giornale, ma di politica non mi è rimasto impresso nulla”.

Non possiamo dimenticare che Ernst Jünger era nutrito dalla seconda vista.,, Nel simbolo apostolico si afferma che Dio è creatore del mondo visibile e di quello invisibile degli spiriti. Nelle visioni nei sogni e nella “seconda vista”, che la bisnonna westfalia di Jünger, al pari della poetessa Drosde, possedeva, si dissolve il muro che ci separa dall’ aldilà. Anche Jünger appunto godeva della “seconda vista” – che egli definisce “organo ricettivo” – mediante cui seppe prevedere la morte del padre. In Strahlungen scrive di essere “predisposto” al processo storico di essere capace di coglierlo prima di altri….

Già Jünger respinse tutti i tentativi di Gobbels di sedurlo alla causa nazionalsocialista. E quando nell’estate del 1927 Hitler gli propose di farsi eleggere tra le file della NDSAP nel Reichstag, pare che Jünger abbia risposto con la frase:

“Ritengo che scrivere un singolo verso sia molto più meritevole che rappresentare sessantamila imbecilli in parlamento”.

Già perché nella parola l’uomo si fa custode, garante e trascende se stesso. L’uomo può divenire diverso da ciò che è attraverso un uso appropriato della parola. Riconoscere il valore della parola in ogni sua valenza vuol dire potersi innalzare, poter trasformare il mondo, poter toccare il Cielo con un dito, ma pure introdursi nelle sue maglie. E dato che il Maestro di Wilflingen confidava nel Cielo e credeva all’Eternita’ al superamento e al diluirsi del tempo a favore dell’incedere verso l’Eterno già in vita fece ingresso nel cristianesimo cattolico proferendo la sua conversione ed il suo atto di fede. Molti, i più, lo scoprirono soltanto il giorno delle sue esequie. E si stupirono… Un racconto dettagliato della conversione di Ernst Jünger è dato nel corso di un incontro privato-intervista a Heimo Schwilk e Uwe Wolff. Dobbiamo aver presente che Jünger aveva e continua ad avere nel mondo un suo peso ed il suo messaggio è ancora valido e da comprendersi nella sua interezza. Quando ancora in vita andavano come peregrini non solo personaggi politici come Kohl, Mitterrand, González, ma anche il fiore all’occhiello della intellighenzia culturale ed artistica del ‘900… Ha affascinato pertanto tutti costoro… ed il suo fascino non si è ancora spento, ma anzi la sua lettura diviene sempre più profetica.

Lèggiamo insieme questo passaggio da Eliopolis e consideriamo le nostre città:

“Aleggia un sentire di decomposizione; con l’incedere ozioso del flanĕur la città di trasforma in un desolato paesaggio di macerie; la società metropolitana, un tempo strutturata ordinatamente, si smembra in una sottoclasse di barboni, crumiri, guardoni, magnaccia e furfanti. Accanto a discariche velenose prolificano le catapecchie e la natura riconquista a poco a poco con violenza vegetativa il terreno che l’uomo ha perso”.

Jünger già aveva vissuto gli orrori apocalittici della guerra che avevano durevolmente influenzato la sua riflessione sulla fede. La questione della autenticità e dunque dell’identità dell’uomo dinanzi all’assoluto preoccupava Jünger. L’estrema autenticità dell’uomo è possibile nella preghiera.

“Essa garantisce all’uomo, specialmente nelle nostre terre settentrionali, l’unico accesso alla verità, alla estrema e schietta autenticità “ scrive nel diario Siebzig Verweht II. Nella prefazione a Strahlungen si legge:”Chi conosce le conseguenze di uno sguardo che ci sfiora fugacemente, chi conosce l’effetto della preghiera che uno sconosciuto dice per noi?”

La critica di Jünger alla Chiesa attuale e la sua esperienza personale del divino nella natura, nella cultura, nella Bibbia, nei canti religiosi e nel mondo spirituale presuppongo una confessione che sia “universale” eppero’ “cattolica”. Junger è attratto dall’apertura spirituale del cattolicesimo. Nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium (La luce delle genti) il Concilio Vaticano II definisce i rapporti non più tesi fra la Chiesa cattolica e le religioni non cristiane:

“Il piano di salvezza riguarda anche coloro che riconoscono il Creatore (…) ne’Dio è lontano da coloro che tramite ombre ed immagini cercano Dio sconosciuto, giacché Egli è colui che dona la vita ed il respiro ed ogni altra cosa a tutti gli uomini (…) Chi dunque, pur ignorando senza colpa il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, cerca tuttavia Dio con sincerità e, sotto l’influsso della grazia, aspira a compiere la Sua volontà secondo quel che gli suggerisce la coscienza, può raggiungere la salvezza eterna”.

Questa tolleranza del cattolicesimo verso le altre religioni, il fondamentale riconoscimento della possibilità di una vera esperienza di Dio anche al di fuori del cristianesimo hanno affascinato Jünger. La Chiesa cattolica concepisce se stessa come Chiesa mondiale che attraversa ogni epoca. Mediante la propria forza integrativa essa sa incorporare il sacro delle altri religioni e culture. È unità nella molteplicità di forme,accoglie in se’ tutti i gradi dello sviluppo spirituale, dalla semplice religiosità del villaggio alla più alta speculazione filosofica. Quest’ universalismo fa del cattolicesimo una religione per tutta l’umanità. Essa integra in se’ anche gli ambiti profani della vita spirituale e comunitaria poiché “Dio non ha mai smesso di farsi riconoscere nei benefizi “. ( Atti degli Apostoli, 14,17).

Jünger poté avvicinarsi al cattolicesimo proprio perché esso insegna, accanto alla rivelazione di Dio in Cristo, anche la rivelazione di Dio nel libro della natura.

Ernst Jünger ha formulato un personale atto di fede che segna il suo ingresso nella Chiesa cattolica. Ci rimangono due versioni. Entrambe portano per titolo il termine cardinale col quale Jünger suole indicare il suo rapporto con la trascendenza: Annaherung, il mistico “avvicinamento”. La prima versione fu scritta subito dopo il primo incontro con Monsignor Kobavec ( 1 agosto 1991), la seconda il giorno successivo alla commemorazione del figlio caduto Ernstel e immediatamente prima della visita alla tomba del padre, della madre e del fratello a Lessing in Sassonia ( 2 maggio 1992). Così ha scritto -riportiamo per semplificare solo la versione in traduzione italiana-:

“Bussi, busso, busso./ Nel nome del Padre, del Figlio,/ Dello Spirito Santo e della Terra/ e dell’Acqua/ col Signore sull’Acqua . Grazie./ Nani, nani,nani./ Bilancia, bilancio, bilancia/ Stelle, stelle, stelle/ Bilancia, bilancia, bilancia/ Sinai/ Sole,Sole, Sole/ Amen Grazie“.
In Ernst Jünger, Stebzig Vereehn V. op. cit. p. 5.

L’atto di fede inizia con una immagine del discorso della montagna nel quale si dice che a chi busserà sinceramente alla porta del cielo, sarà aperto. Il numero tre è segno di riconoscimento del Dio trinitario. Anche la “Terra” è menzionata come patria (Heimat) dell’uomo. L’”Acqua” è l’elemento creaturale originario nel senso di Darwin, ma s’allude qui anche alla Genesi ( “Lo spirito di Dio si librava sulle acque”), sicché’ evoluzione e e creazione, scienza e rivelazione sono riconciliate.,I nani sono simbolo dell’elemento tellurico, delle potenze della terra, della materia , forse del male che appartiene inevitabilmente alla coscienza cristiana del peccato originale. La bilancia come simbolo indica contemporaneamente il mese in cui la conversione e’ avvenuta e l’autunno della vecchiaia. La stella rimanda forse al mistero di Betlemme e quindi al nucleo del messaggio cristiano sul quale, peraltro, l’opera di Jünger si sofferma così poco? Senza dubbio le stelle simboleggiano l’ordine cosmico e la legge naturale. Ne’ si può scordare che per due volte nella sua vita, nel 1910 e nel 1986, Ernst Jünger ha ammirato la cometa di Halley. Che la legge morale corrisponda all’intima armonia della natura, è una delle fondamentali convinzioni dell’autore. “Sinai”è dunque la legge morale, mentre il “Sole”sta per l’Onnipotenza di Dio e la resurrezione della carne. Interpretando il proprio atto di fede Jünger individua nell’irriconoscenza la forma originaria e la ragione seminale di ogni peccato. Ad essa contrappone la riconoscenz. Ernst Jünger aveva compilato una lista delle ultime parole dei morenti. “ Amen Grazie “, altro egli non ebbe da dire. Così riporta Schwilk.

Sicuramente il percorso di conversione di Jünger fu meditato profondamente, in maniera scrupolosa. Era un attento conoscitore degli altri credo. Diresse insieme a Mercea Eliade una rivista di storia delle religioni. Problema di Jünger era inoltre come arginare l’ateismo, come mettere in evidenza il mistero, lo stupore dell’esistenza non solo nel bello del vivere ma anche nel brutto e nell’orrore …

Noi del mondo di Eumeswil che seguiamo Jünger da più di trenta anni possiamo affermare che tale prodigarsi da parte del Maestro di Wilflingen aiuta a scovare le insidie della nostra epoca e a porre soluzioni alternative al male di vivere. Dona e ridona lo splendore del mondo e del suo Creatore.

Ma cosa può renderci più vicini agli altri e a Dio se non il suo amore? Come ebbe a mettere in rilievo Schuon:

“L’amore di Dio è il complemento necessario della certezza, come l’Infinito è il complemento dell’Assoluto; questo è il profondo significato della fede, che unisce un nucleo d’assolutezza con un’aura d’infinitudine.

L’atto stesso della fede è il ricordo di Dio; ora “ricordarsi” in latino è recordare, ossia re-cordare, il che indica un ritorno al cuore, cor. L’atto di adorazione, in quanto atto di fede, attua in realtà la certezza immanente e quasi paracletica; il cuore è la fede immanente e “increata”, esso coincide con quella grazia “naturalmente sovrannaturale”che è l’Intellezione. Il mistero della certezza è la nostra consustanzialità con tutto il conoscibile, quindi con tutto ciò che è”.

FEDE
Come potresti, come potresti, creatura,
andartene da sola
per questo prato che somiglia ad una steppa
e coglier l’erica
e contar le stelle
e non morire
se fosse la tua patria vera
quella che t’e’ lontana?

Come potresti, come potresti, creatura,
strappare a queste pietre
le stesse erbe che crescono
vicino alla tua casa
ed amarle
se questa terra non fosse
quella stessa, portata
da’ tuoi occhi pel mondo?

E come potresti donare
alle cose una vita
se fosse nelle cose la tua patria
e non in te
la patria d’ogni cosa?

Come potresti tu,
creatura, creare,
ad ogni istante il tuo mondo
e sognare d’una patria più vera,
se Dio in te non creasse
ad ogni istante il Suo mondo,
il suolo sacro,
la Patria?

Antonia Pozzi
(PAROLE)

A.T. del mondo di Eumeswil

VIDEO. Apocalisse. Parte prima. Con Reverendo don Curzio Nitoglia

 

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