Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.
“Bersagli di Guerra”. La verità è la pallottola più pericolosa
(di Antonella Tommaselli)
Riflessione di Eumeswil
POUND. CONFUCIO. ANALECTA LIBRO QUARTO
I 1. La bellezza di un vicinato sta nella sua benevolenza. Se un uomo non vive fra gente vera, come può arrivare alla conoscenza? II 1. Disse: Senza virtù non si può far fronte alle difficoltà, né vivere a lungo fra i piaceri. L’uomo vero riposa sulla sua virtù, l’uomo saggio ne trae profitto. III 1. Solo un uomo di virtù può amare gli altri, o odiarli. IV I. Se la volontà verte sulla virtù, non ci saranno criminali. V 1. Disse: Gli uomini aspirano alla ricchezza con onore; se non si ottiene coi giusti mezzi, non dura. Povertà e ristrettezze sono odiose agli uomini, ma devono evitarsi nel modo giusto. 2. Se un signore rinuncia alla virtù, che significa il suo titolo veramente gentil-uomo? 3. Un vero signore non rinuncia alla sua virtù dopo cena. Deve praticarla costantemente, averla in improvvisi disastri. VI I. Disse: Non ho visto nessuno che ami la virtù e odi le manchevolezze, se ama la virtù (humanitas) non può ergersi al di sopra; se odia la manchevolezza umana, cercherebbe di migliorare se stesso, non affiderebbe a uomini imperfetti di migliorare il suo carattere. 2. Che un uomo sia capace di dedicare una giornata alla proibità? A nessuno ne mancherebbero le forze. 3. Forse un caso esiste, ma non l’ho riscontrato. VII 1. Disse: Gli errori di un uomo derivano dal suo ambiente (cricca, compagnia, ganga a cui si associa), osserva i suoi errori e capirai la sua natura.
Il 9 luglio 2025, Mary de Rachewiltz ha compiuto 100 anni. La figlia di Ezra Pound tradusse in italiano le opere del padre e divenne a sua volta poetessa poliglotta. Nata a Bressanone, vive a Tirolo.
Il 28 aprile 1995, a Firenze, il mondo di Eumeswil presentò con Lei e l’editore Scheiwiller due testi: POUND. CONFUCIO. ANALECTA di cui abbiamo riportato qualche passo e POUND. CONFUCIO. L’ANTOLOGIA CLASSICA CINESE. Qualche anno dopo si tenne un successivo incontro. In quell’occasione solamente con la figlia del poeta: “In primavera e autunno non ci sono guerre giuste“.
Desideriamo riportare, alla Vostra gentile attenzione, cari lettori, un saggio comparso sui nostri Annali del 2016 sul tema: La censura a seguito di un anno di conferenze a tutto tondo su: Cultura e censura, dove presero parte esponenti del mondo della cultura e dell’informazione del nostro Paese. Il saggio che vi proponiamo è dello storico e filosofo Gianni Vannoni e si intitola: ”Ezra Pound contro la censura”. Ci sembra un modo per rendere omaggio al padre e alla figlia poeti, ma anche un modo per ricordare la storia e vedere i suoi movimenti e passaggi. Ci sembra inoltre e soprattutto che il saggio che vi proponiamo in lettura possa ancor più mettere in risalto il video che pubblichiamo oggi che vede come protagonisti Eliseo Bertolasi, Daniele Dell’Orco, Linda Corrias e Francesco Scifo. In una torrida giornata d’estate dei primi di luglio 2025, ci siamo incontrati, in presenza – da umani, presso il nostro centro studi fiorentino, per presentare il testo: BERSAGLI DI GUERRA. Criticità, idee e prospettive per i giornalisti nelle aree di crisi. A cura di ASSOCIAZIONE LIBERAMENTE UMANI. Idrovolante edizioni, 2025.
Il video non è solo la presentazione di un testo, ma bensì una raccolta di testimonianze di coloro che cercano di raccontare la verità delle aree di crisi e tale impresa e più pericolosa e ostaggiata, in quanto sono loro, i giornalisti stessi, tra i primi bersagli di guerra più ricercati. Le nuove apparecchiature tecnologiche come i droni divengono sempre più un pericolo impossibile da evitare o quasi… Ci saranno, nella ripresa, anche testimonianze di due legali a livello internazionale che ci metteranno al corrente di come sia sempre più difficile tutelare la libertà di parola e l’espressione del proprio pensiero. Consideriamo che proprio la parola è fonte di libertà e conoscenza in se stessa, per propria origine, natura, conformità… Il video sarà più di due ore di fitte, intricate, dense descrizioni di eventi, verità spesso ignorate o sottaciute.
Nel nostro deserto della civiltà tecnologica occorre riavvicinarsi al proprio nucleo originario: ”il proprio petto”, il primo luogo, in cui avviene la lotta, che può portare oltre il deserto del nichilismo inserendo le cose in un nuovo ordine di significati. È assolutamente necessario all’interno, in primis di noi stessi, da soli, mantenere un atteggiamento di resistenza interiore che permetta di conservare e coltivare oasi di libertà e costruire degli avamposti sul limite del nulla. È importante accrescere un “nativo” rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell’intenzione di contrapporsi all’automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo.
Nel video vi saranno quattro voci che in maniera differente e personale ci descriveranno una realtà che ci sfugge…, ma presente e sempre più diffusa…Reputiamo, in ogni caso, che cercare il più possibile di accostarsi alla Realtà possa essere il migliore antidoto per ogni menzogna in quanto, essendo un faro, smaschera ogni suo simulacro….
La lettura che vi proponiamo rafforzerà quanto vi sarà possibile ascoltare…. Può inoltre mettere in evidenza l’odieno ostracismo nei confronti della spiritualità, arte e cultura.
EZRA POUND CONTRO LA CENSURA di Gianni Vannoni tratta da Annali di Eumeswil: LA CENSURA, 2016
Ezra Pound nacque a Hailey, un villaggio montano dell’Idaho, il 30 ottobre 1885. Nell’albero genealogico puritani del New England e quaccheri della Pennsylvania, emigrati in America nel sec. XVII; ed anche un antenato arso nel 1566 in Inghilterra.
Lasciati gli Stati Uniti, pubblicò a Venezia il suo primo libro di poesie e si trasferì a Londra nel 1908. Nel 1921 a Parigi. Nel 1925 a Rapallo, sulla riviera ligure.
Il suo nome, insieme a quelli di Joyce ed Eliot, fa parte della storia del Novecento, avendo contribuito in modo significativo all’integrità del linguaggio, alla ricerca della “parola giusta” e al rinnovamento della cultura occidentale. Se la fama di Joyce è legata alla narrativa e quella di Eliot alla poesia, Pound fu un barbaro eclettico e geniale (poeta, saggista, economista, sinologo e rivoluzionario) ma soprattutto un grande organizzatore di cultura. Senza il suo aiuto né Joyce nè Eliot sarebbero riusciti a vincere la resistenza opposta naturalmente dall’inerzia accademica; e forse oggi non conosceremmo nemmeno i loro nomi. Per questo Pound ha ricevuto il Premio Nobel? No, poco mancò che fosse bruciato sul rogo come il suo antenato.
Venne ingabbiato nel maggio del ‘45 nel DTC, Disciplinary Training Center, vale a dire nel centro di addestramento disciplinare dell’esercito americano in Italia; sebbene il poeta cittadino americano fosse un civile e non un militare. La gabbia aveva la base di cemento, il tetto in legno, le pareti in sbarre d’acciaio e filo spinato. Era di un metro e ottanta per uno e novanta, vi rimase chiuso tre settimane. Rimase ancora per diverso tempo nel DTC, poi l’Esercito minacciò il Dipartimento di Stato americano di liberare il prigioniero, dove avrebbe dovuto essere processato per tradimento.
Nel novembre lo portarono a Washington venne dichiarato infermo di mente e internato nel momio criminale di Saint Elizabeth. Vi rimase per dodici anni. Finalmente fu liberato non perché rinsavito, ma perché gli psichiatri lo giudicarono non pericoloso; e ritornò in Italia. Visse nel castello di Brunnenburg in Sud-Tirolo, poi di nuovo a Rapallo, infine a Venezia dove morì il 1º novembre 1972.
Che cosa aveva fatto l’autore dei Cantos? Perché era stato accusato di tradimento? Aveva parlato alla radio italiana, mentre gli Stati Uniti erano in guerra con l’Italia. Questo era sufficiente per considerarlo un “traditore”? Effettivamente Pound era rimasto cittadino americano, e pertanto non avrebbe dovuto parlare alla radio di un Paese nemico (Si può notare che anche Thomas Mann nel corso della guerra parlava alla radio conto il governo del suo Paese di origine, la Germania, trovandosi in esilio negli Stati Uniti). Il suo errore consiste forse nel non aver preso la cittadinanza italiana al momento giusto (dopo che gli fu impedito il rientro in patria). Quando i funzionari del regime lo consigliarono in questo senso, egli rispose che quanto diceva alla radio lo diceva proprio perché americano.
Riteneva infatti che i suoi compatrioti avessero il diritto di essere informati da un vero americano, che non era legato a interessi particolari, mentre i mezzi di comunicazione erano controllati dall’alta finanza ebraica, che dominava anche il presidente Roosevelt e lo spingeva alla guerra. Il motivo, nella visione di Pound, era evidente. Si mandavano gli americani a morire per fermare “la ribellione dell’Europa contro il giudaismo ubiquo, che tutto pervade” (Discorso alla radio, luglio 1942, cit. in H. Carpenter, Ezra Pound. Il grande fabbro della poesia moderna, Milano 1997, p. 718.).
In tal modo il più importante scrittore americano ha denunciato la censura che vorrebbe occultare il fattore economico sotto la maschera di una crociata per la libertà. Una censura che non è meramente ostativa, ma produce una vera e propria distorsione della terminologia. Reso impossibile l’uso corretto del linguaggio, alla fine non si sa più di cosa si sta parlando. Se è vero che anche oggi, aprendo le pagine di un giornale, accade spesso di entrare in una densa spirale di nebbia, bisogna riconoscere che la questione posta da Pound non è stata ancora risolta. Si aggiunga che la sua chiave interpretativa si può applicare facilmente ad altre evenienze belliche, che sono seguite al secondo conflitto mondiale. Si pensi alla guerra in Iraq, per esempio, e alla successiva creazione dell’Isis. La caduta del governo democraticamente eletto e la sua sostituzione con un gabinetto di tecnici, voluta dall’alta finanza internazionale, ovvero il passaggio da Berlusconi a Monti nel quadro politico italiano, costituisce un altro esempio di politica cospirativa. E allora si può capire tutta l’attualità di Pound benché sia passato circa mezzo secolo dalla morte dello scrittore. Se il suo pensiero è ancora vivo, se è ancora in grado di spiegare i fatti, la formula dell’ ”infermità mentale” sembra ricondurre alla questione dell’uso corretto del linguaggio.
Una domanda retorica
Era veramente pazzo Ezra Pound? A questa domanda che già formulata da Eugenio Montale sul “Corriere d’Informazione”, la risposta è fin troppo evidente. La sua adesione a una teoria cospirativa non costituisce una valida ragione per dichiararlo tale. L’incontro con il maggiore Clifford Hugh Douglas lo aveva indotto a interessarsi (anche) di economia e fu questa la causa di tutti i suoi guai. Douglas (sul quale si veda J. W. Hughes, Major Douglas: The policy of a philosophy, Glasgow 2002). Non propugnava una soluzione autoritaria del problema politico, era un convinto assertore della democrazia parlamentare e sosteneva che la democrazia avrebbe dovuto applicarsi anche sul piano economico, finora controllato da una ristretta oligarchia. A questo fine elaborò la teoria del “credito sociale” e promosse un movimento di riforma non comunista, ma “distributista”, che proponeva di ridistribuire una parte della ricchezza ai ceti meno abbienti. Il più grande ostacolo a questa riforma era costituito, a suo avviso, dagli ebrei che controllavano il sistema bancario. Pound accettò l’analisi di Douglas e la teoria del “credito sociale”, ma dubitò della possibilità di realizzarlo in un sistema di democrazia parlamentare, perché anche i partiti erano controllati dal potere della finanza; e quindi pensò che la soluzione fosse nel corporativismo, ripreso dal movimento cristiano-sociale e coniugato con una versione autoritaria della politica.
Per impedire questo processo di riforma sociale veniva scatenata una guerra contro il fascismo e ritenne doveroso, da parte sua, denunciare negli ambienti ebraici dediti all’usura i veri responsabili del conflitto mondiale, in quanto volevano mantenere il loro potere occulto.
Quando, nel 1945, la guerra si concluse con la sconfitta del fascismo, cominciò per Pound il tempo dell’espiazione; perché aveva detto ciò che non si doveva dire, e lo aveva detto da cittadino americano. Questa la duplice colpa, una colpa sostanziale e una colpa formale. Quindi la detenzione nel DTC e poi l’internamento nel oo di Saint Elizabeth. Ma per quale motivo, se non era pazzo, fu internato in manicomio?
Per salvarlo dalla sedia elettrica. È la risposta di chi pensa che gli psichiatri incaricati dal tribunale avrebbero scritto una perizia non conferme al vero, accentuando per motivi umanitari alcuni elementi problematici della personalità dell’accusato.
Si può dare, però, anche un’altra risposta, in una prospettiva meno ottimista, secondo la quale il mondo non sarebbe abitato da brava gente, sempre pronta ad aiutare il prossimo. Condannarlo a qualche anno di prigione era troppo poco. Ci voleva la pena capitale. Ma in questo modo si correva il rischio di farne un martire, di confermare le accuse da lui rivolte contro l’oligarchia finanziaria. Il fatto di aver vinto la guerra aveva inorgoglito l’americano medio, ma l’idea di averla combattuta per conto di una banda di ebrei, come sosteneva Pound, non sarebbe piaciuta alle famiglie dei caduti e dei mutilati. Meglio farlo passare per matto; o meglio ancora, farlo veramente impazzire. Nessuno avrebbe potuto dar credito alle parole di un povero pazzo.
Pound non sarebbe più uscito dal manicomio, se molti scrittori americani (e anche italiani) non avessero reagito all’orrore della situazione, che lo stesso Pound ha riassunto in una frase: “Penso che matto si possa definire un uomo circondato da matti”, frase memorabile come tante altre dette o scritte dal poeta, che sono state raccolte da Ghan Singh (Vedi in E. Pound, Aforismi e detti memorabili, a cura di G. Singh, Roma 1993, p.88: “Come mi sono trovato in manicomio? Piuttosto male. Ma in quale altro posto si poteva vivere in America?” e a p. 89: “Raramente ho chiesto che le cose stessero alle regole del gioco, non mi trovavo più in quell’ingenuo stato in cui ci si crede”.) Si possono citare tra quanti chiesero la sua liberazione, Riccardo Bacchelli, Carlo Bo, Giorgio Caproni, Mario Luzi, Eugenio Montale, Giovanni Papini, Umberto Saba, Sergio Solmi, Giuseppe Ungaretti, Diego Valeri; e W. H. Auden, John Dos Passos, T.S. Eliot, Robert Fitzgerald, Robert Frost, Archibald MacLeish, Marianne Moore, Allen Tate. Ernst Hemingway, ricevendo il Premio Nobel nel 1954, disse che avrebbero dovuto darlo a Pound.
Secondo l’opinione di Piero Sanavio, più che la mobilitazione della comunità letteraria giocò a favore di Pound un articolo di Richard Rovere, apparso su “Esquire” nel settembre 1957, nel quale lo scrittore ricostruiva ciò che era accaduto all’ambasciata americana di Roma in quel giorno del 1941, in cui fu negato a Pound il visto di rientro in patria. “Si chiedeva Rovere: se Pound fu messo nelle condizioni di non poter rimpatriare dalle autorità del suo Paese, l’arresto e l’accusa di tradimento erano costituzionali? La Biblioteca del Congresso, che custodisce tutti i documenti governativi, fu trascinata nella discussione e la risposta fu quanto mai imbarazzante (P. Sanavio, Ezra Pound. Nonostante i radiodiscorsi, in E. Pound, Radiodiscorsi, Ravenna 1998, p. 32.)”.
Infine il 7 maggio 1958, superato l’ultimo tentativo di trattenerlo in manicomio (era stata sparsa la voce che lui stesso voleva restarci), venne dimesso dal Saint Elizabeth, dove rimase una sua fotografia, appesa fuori dalla stanza in cui visse.
Il 9 luglio sbarcò nel porto di Napoli, accolto da un folto gruppo di giornalisti e fotografi, ai quali fece un saluto con il braccio alzato, che assomigliava molto a un saluto romano fatto da un vaccaro americano, o cow-boy che dir si voglia e dichiarò che: “ i dittatori hanno sbagliato nel modo in cui hanno perseguitato gli ebrei. L’errore non è stato quello di combatterli, ma il modo in cui gli ebrei sono stati combattuti. Piuttosto che attaccarli in blocco, si doveva esaminare ogni singolo caso ( In H. Carpenter, op.cit.,p. 978)”.
Se quests è follia, bisogna dire che vi era mescolato qualche grano di saggezza. In realtà Pound riconfermava quella che era sempre stata la sua impostazione al problema, dove non l’appartenenza a una razza, ma la partecipazione al grande racket della “usurocrazia”, nascosto sotto il manto sdrucito della democrazia, costituiva il nodo da sciogliere; mentre proprio “l’antisemitismo cieco” ne impediva lo scioglimento, spostando l’attenzione verso un capro espiatorio (l’ebreo qualunque).
Una scuola esoterica
Allora Adolf Hitler, con i suoi “latrati isterici” (Così definiva Pound i discorsi di Hitler, in Jefferson and/or Mussolini, Londan 1935, edito da Stanley Nott, un allievo di Gurdjieff.), faceva il cane da guardia il mastino degli usurai? In effetti il Führer fu il massimo promotore dell’”antisemitismo cieco” e Douglas riteneva persino che fosse il nipote di una figlia illegittima del barone Rothschild (Cfr. J. Webb, Il sistema occulto, Milano 1989,p.100). Strana idea, non è vero? Che anche il buon Douglas grazie ad Alfred Orage, il critico letterario che gli fece conoscere anche George Ivanovic Gurdjieff, un emigrato russo che insegnava a Parigi. Che cosa insegnava Gurdjieff? Lo sviluppo armonico dell’uomo, la scienza dell’ idiozia e altre materie affini, del tutto ignote agli ispettori ministeriali della pubblica istruzione.
La sua era una scuola esoterica, detta della “quarta via”. Una scuola di tipo pratico. Secondo l’insegnamento di Gurdjieff, vi sono tre centri psichici nell’uomo, il centro istintivo, il centro emotivo e il centro intellettuale; e ci sono metodi per lavorare su ciascuno di questi centri, usati da scuole della prima, della seconda e della terza via. La sua era una scuola della quarta via, perché proponeva di lavorare allo sviluppo armonioso di tutti e tre i centri, in modo da garantire un equilibrio dinamico della psiche. Pound accenna all’incontro con il maestro spirituale in Guida alla cultura, elogiando la sua cucina e aggiungendo che la zuppa persiana di Gurdjieff era un potente stimolo alla conversione. Se gli avesse preparato altri manicaretti di quel genere, Gurdjieff avrebbe potuto indurlo a entrare nella scuola della quarta via (Vedi E. Pound, Guida alla cultura, Firenze 1986, p. 93).
Per quanto Gurdjieff fosse un ottimo cuoco, sembra piuttosto riduttivo l’approccio di Pound , che non diventò fascista perché Mussolini sapeva suonare il vìolino (Per un approfondimento sulla vexata quaestio della scelta politica di veda L. Gallesi, Le origini del fascismo di Ezra Pound, Milano 2005). Se fosse riuscito ad apprezzare nel suo giusto valore l’insegnamento di Gurdjieff, e non soltanto quella zuppa succulenta, probabilmente la sua vita sarebbe cambiata. Gurdjieff era scappato a una bagattella come la rivoluzione bolscevica e non fu disturbato nemmeno dalla Gestapo durante l’occupazione di Parigi. Lo arrestano dopo che i tedeschi se ne furono andati, ma il giorno seguente venne rilasciato; Pound, invece, rimase per un tempo lunghissimo nella trappola del Saint Elizabeth.
I lauti pranzi di Gurdjieff si accompagnavano con un Brindisi molto particolare. Ciascun individuo poteva scegliere il proprio tipo di idiota nella lista seguente: 1. ordinario, 2.sopraffino, 3. furbetto, 4. senza speranza, 5. compassionevole, 6. dimenante, 7. quadrato, 8. rotondo, 9. a ziz zag, 10. Illuminato, 11. dubbioso, 12. arrogante. Secondo la spiegazione del Maestro ( In J. G. Bennett, Gurdjieff. Un nuovo mondo, Roma 1981, p. 172.)
La parola idiota ha due significati: il significato vero che le fu attribuito dagli antichi saggi era essere se stessi. Un uomo che è se stesso sembra e si comporta come un matto per coloro che vivono nel mondo delle illusioni: sicché quando chiamano idiota un uomo, intendono dire che egli non condivide le loro illusioni. Chiunque decida di lavorare su se stesso è un idiota in entrambi i sensi. I saggi sanno che egli è in cerca della realtà. I pazzi ritengono che abbia perduto il bene dell’intelletto. Si suppone che noi che siamo qui in cerca della realtà, sicchè saremmo tutti idioti: ma nessuno ti può far diventare idiota. Devi decidere da te. Ecco che chiunque viene qui a farci visita e desidera restare in contatto con noi è autorizzato a scegliere la propria idiozia.
Sarebbe interessante sapere quale fu la scelta del poeta. Il tipo dodici? Può darsi, ma purtroppo non ci sono testimonianze in proposito. Nè Gurdjieff nè Orage hanno rivelato il segreto. E nemmeno Pound, benché la zuppa gli fosse piaciuta fino al punto di indicarla come un evento culturalmente significativo.
Corre l’anno 1923, quando il poeta incontra la scuola esoterica; nel 1957 si ripete un’occasione del genere, poiché la confraternita di Taliesin, in Arizona, che era guidata da un’altra allieva di Gurdjieff, Olgivanna Hinzeberg (moglie dell’architetto Frank Lloyd Wright) gli offre la sua ospitalità, ma il poeta preferisce tornare in Italia presso la figlia Mary de Rachewiltz.
L’arte di tacere
Il 20 marzo 1961 viene presentato a Roma, nella sala del circolo della stampa in palazzo Marignoli, il libro di Sir Osvald Mosley, Europa: una fede e un programma. È presente l’autore e accanto a lui siede Ezra Pound. Mosley parla della sua fede europeista. Il programma è quello di unire l’Europa, che allora era divisa in blocchi contrapposti, avendo Roosevelt consegnato ai sovietici la metà orientale con gli accordi di Jalta. L’Europa unita avrebbe dovuto promuovere, secondo la visione lungimirante di Mosley, lo sviluppo economico dell’Africa e l’amicizia con i Paesi arabi. Se il programma del leader dei fascisti inglesi fosse stato seguito dal governo europeo, non si sarebbero creati i due problemi che oggi sono all’ordine del giorno: immigrazione e terrorismo. Le migrazioni dell’Africa e il terrorismo dei sedicenti jihadisti. (Viene a riproporsi ancora una volta la questione dell’uso corretto del linguaggio, su cui Pound insisteva. Una strage di turisti non e’ la “guerra santa”, altrimenti lo sarebbe anche una strage di migranti, e di chiunque non si conformi a una certa idea di civiltà. Non fa meraviglia che i terroristi si autodefiniscano Jiahdisti, cioè “combattenti della guerra santa”; evidentemente sono spinti dal desiderio di nobilitare con un bel nome le loro imprese criminali. Più oscuro il motivo che spinge la stampa occidentale a definirli “jihadisti”, soddisfacendo il loro desiderio di mobilitarsi. Forse il motivo va ricercato nella volontà di gettare discredito sulla “guerra santa”, che di per se’ è un valore è una via di realizzazione spirituale. Sulla via del sentiero in un contesto occidentale oramai secolarizzato, e già segnato dal nichilismo, E. Jünger, La battaglia come esperienza interiore, Prato 2014.).
Pound ascolta sorridendo, ma non dice una parola. Probabilmente pensa che Mosley pecchi di ottimismo. La guerra era stata vinta dagli “usurai” e sarebbe stata un’Europa a loro uso e consumo. Il suo silenzio era forse più lungimirante delle parole di Mosley.
Ezra Pound non si limitò a tacere in quell’occasione, in cui avrebbe dovuto parlare, poiché taceva sempre più spesso; era nelmondo, ma non più del mondo. Molto si è congetturato sul “mutismo” di Pound, attribuendo in modo più o meno esplicito questo singolare comportamento a una profonda depressione, che lo avrebbe colpito dopo la liberazione del Saint Elizabeth (Vedi L. Gallesi, Così gli intellettuali si mobilitarono per salvare Pound, “Il Giornale”, 9 agosto 2016, p.21”.
Venne finalmente liberato, marchiandolo come individuo non pericoloso ma non guarito. Fu questa, e sarebbe ora di ricordarlo chiaramente, la causa del silenzio e della depressione che segnarono gli ultimi anni di Pound, che mai si pentì, mai abiurò e mai si lamentò del suo destino”. Si asseriva che non era guarito. Come poteva guarire se non era malato? Guarire da cosa? Forse dall’essere se stesso?). In effetti è quasi incredibile che un uomo sano di mente possa trascorrere più di dodici anni in un ospedale psichiatrico senza diventare pazzo. Pound era riuscito a mantenere la lucidità, ma aveva perduto il buonumore.
Quando incontrò sir Isaiah Berlin durante una cena in casa di certi amici comuni, tacque per tutto il tempo, e soltanto alla fine, al momento del congedo, disse: “Come mai capita sempre di essere dove non si vorrebbe essere?” (Crf. H. Carpenter, op. cit., p. 1016.). Aveva perduto il buonumore, ma non l’umorismo, che tuttavia si faceva sempre più nero. Del resto un commensale come Berlin, nella sua qualità di esponente culturale dell’ establishment anglo-ebraico non costituiva uno stimolo particolarmente rilevante per motivare l’auspicata ri-mondanizzazione dell’ultimo Poundf. Il parlante-silenzioso avrebbe preferito altri commensali come Orage e Gurdjieff; se fossero stati ancora in vita, gli avrebbero potuto ricordare che quando un uomo è alla ricerca della realtà “si comporta come un matto per coloro che vivono nel mondo delle illusioni “. Quegli “idioti” avrebbero potuto capire senza difficoltà come un uomo di genio, dopo aver parlato invano, trovi infine la massima espressione nell’arte di tacere. Il silenzio non è soltanto una modalità difensiva della propria identità, ma la condizione costitutiva dell’esperienza religiosa, poiché consente di ascoltare la musica interiore. Questo ripiegamento di Pound verso la magica regione dell’ interiorità si può attribuire ad influenze superiori, veicolate dalla filosofia di Plotino e dalla musica di Bach, più che alle forme stregonesche degli “strizzacervelli“, che avevamo tentato in vano di farlo impazzire. Ricercando le cause del silenzio poundiano, si giunge a intravedere una suddivisione triadica nella vita di Pound: la prima fase artistico-letteraria, la seconda etico-politica, la terza mistica-religiosa, si svilupparono senza cesure l’una all’interno dell’altra.
Le sue idee politiche possono lasciare perplessi, poiché sembrano mettere in dubbio il valore della libertà. Ma la libertà è come un fertilizzante. Un uomo la cui vita era piuttosto grigia, decise che avrebbe coltivato bellissimi fiori; e si recò in un negozio per comprare fertilizzanti, ma un vecchio amico, che aveva visto il suo giardino, gli disse:” Il giardino e’ invaso dalle erbacce aumenteranno ed i fiori verranno soffocati. Devi prima informarti su come riconoscere le erbacce e procurarti degli attrezzi per estirparle”. Ovviamente al negoziante la cosa non piacque, ne’ poteva tacere. L’apologo non sarebbe “politically correct”se si dicesse il nome del vecchio amico, perciò ogni riferimento a Ezra Pound è da intendersi puramente casuale (Non è del tutto fortuito, però, ciò che scrive G. Singh, Ezra Pound, Firenze 1979, p.114:”Venendo al fascismo di Pound non c’è dubbio che egli avesse una simpatia affettiva e storica per Mussolini nonché per idee e principi del fascismo, e che egli avesse visto in Mussolini – o anzi in un Mussolini mitizzato – una specie di condottiero del Cinquecento, un profeta e promotore di un secondo Rinascimento dell’Italia, un continuatore dei principi sociali ed economici dei Padri Pellegrini oppure dei suoi eroi Adams e Jefferson; ma si può dire che questa fu, tutto sommato, una manifestazione dell’utopismo politico-e non solo politico – di Pound, nonché una forma di rivincita contro l’usirocrazie, che secondo lui aveva trovato il massimo sviluppo nei paesi anglosassoni, soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti”).
Si può concludere che questa grande figura ancora controversa della storia contemporanea non era un intellettuale, riconoscendo la sua tempra di uomo integrale; egli asseriva giustamente che “gli intellettuali sono per lo più scemi” perché “sono parziali, nel senso proprio del termine“((E. Pound. Radiodiscorsi cit., p. 166), avendo sviluppato in modo ipertrofico una parte della psiche ( il centro intellettuale) a detrimento delle altre ( emozionale e istintiva). Se fosse stato un intellettuale, sarebbe impazzito; invece, quando lo lasciarono andare, aveva soltanto un leggero mal di testa. In termini esoterici tale inconveniente si potrebbe attribuire all’impatto di una vibrazione transplanica del primo chakra. Il primo chakra,o chakra della radice, consente all’essere umano di affermare e difendere il proprio diritto di esistere.
I protagonisti del video: Eliseo Bertolasi: Laureato con lode in Lingue e Letteratura Straniere araba e russa all’università di Sassari e in Scienze antropologiche ed etnologiche all’Università di Milano Bicocca. Ha conseguito il Diploma in Emergenze e interventi umanitari all’ISPI. E’ ricercatore associato e analista all’Istituto di Alti Studi in Geopolitica. Corrispondente dal Donbass per “Voce della Russia-Italia”. Ex-parà della Folgore ha inoltre conseguito la qualifica di Paracadutista alla Scuola Superiore delle Aviotruppe russe a Rjazan. Pilota privato d’aereo, pilota commerciale d’elicottero.
Linda Corrias: Laureata in Giurisprudenza con lode e Avvocato del libero foro, appassionata di diritto naturale e leggi universali. Esperta di Diritto Costituzionale e Diritti Umani, autrice di varie pubblicazioni in tema di diritto internazionale.
Daniele dell’Orco: Giornalista, pubblicista, ha conseguito la laurea in Scienze della comunicazione presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”e il master giornalismo Eido. Successivamente ha perfezionato gli studi presso la Cuny University di New York. Dirige la rivista trimestrale cartacea Nazione Futura. E’ stato editorialista de “La Voce di Romagna”ed è collaboratore delle testate “Libero” e “IlGiornale.it“. Per il portale “InsideOver” ha realizzato reportage da dieci Paesi del mondo. Nel 2005 ha fondato la casa editrice Idrovolante edizioni. Si impegna nel sociale organizzando iniziative benefiche in Italia e all’estero con l’Associazione di promozione sociale “Kenaz la speranza divampa”. Ha pubblicato otto libri.
Francesco Scifo: è avvocato del libero foro alle giurisdizioni superiori ed esperto di diritto internazionale e tutela dei diritti umani ha scritto vari libri di diritto della neutralità e sulla Corte europea dei diritti umani.
A.T. del mondo di Eumeswil
VIDEO. ''Bersagli di Guerra''. La verita' è la pallottola piu' pericolosa. Con Eliseo Bertolasi, Linda Corrias, Daniele Dell’Orco e Francesco Scifo
L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger.
L’Associazione si fonda su tre pilastri:
CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.
TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.
RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.