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Avviene e non di rado di ri-cercare un luogo per ricaricarsi, per tornare ad essere centrati, per guardare alla realtà del mondo e dell’ essere e porsi in collegamento col Cielo, per ridestarsi allo stupore della vita ed abbondonare il mero vivere.
Vi sono oramai tanti luoghi che paiono sempre più falsati, artificiali, pianificati a tavolino, in cui niente avviene nella dimensione dell’essere perchè non si rinviene l’autentico…
Si cercano pertanto con solerzia luoghi ancora a misura d’uomo, nascosti, dove telecamere, antenne varie non siano l’immagine predominante, dove il Titano abbia posto il suo stendardo. Non si rimane male della semplicità di un paesaggio o di un luogo, ma quando non ci parla. Il “semplice” è ciò che andiamo a ricercare per entrare in comunione e soprattutto in comunicazione con noi stessi ed un mondo Alto che par sempre più dimenticato o tenuto celato.
Ai suoi tempi, Ernst Jünger aveva avvertito come luoghi propizi o di un possibile felice incontro, in Italia: Napoli, la Sardegna e la Sicilia. Non mancano opere descrittive in cui l’autore tedesco entrando in contatto con la luce del Sud e le sue terre assolate dal sapore antico non trovi una cura e consolazione dell’anima e riflessioni profonde sembrano sgorgare da sole oltre ad un contatto ancestrale con la terra ed i suoi prodotti, i suoi fiori e frutti letizia del cuore, degli occhi ed in alcuni casi del palato.
Noi del mondo di Eumeswil abbiamo tentato di fare altrettanto ed abbiamo scorto nella Calabria, un luogo dove recuperare le forze o meglio energie vitali. Attraversare con lentezza lo stivale, impadronirsi della mutevolezza del paesaggio naturale, della musicalità della lingua, dei vari dialetti, rendersi conto con evidenza disarmante che l’Unità d’Italia è solo sulla carta. Come ci si sposta nei centri abitati minori si entra in contatto con un mondo ancor vivo di tradizioni e che se a stento sopravvive ancora non desidera sparire, ma anzi venire allo scoperto ed essere vivificato, essere recuperato anche come cura dalla frenesia del mondo.
Tu, uomo antico, in questi luoghi, troverai le tue radici. Ritagliati del tempo, qui troverai la serenità perduta ed un senso ai tuoi giorni. Qui il tuo Dio lo potrai sentire e benedire, potrai ben fare alla Terra con il tuo spirito innalzato. Tu, uomo antico, abbi il coraggio di muovere il primo passo, il resto avverrà da sé perché, tu, uomo antico, ritroverai la tua casa abbandonata…
Ed una delle stanze abbandonate della grande casa è la Calabria. Una terra ampia, poco conosciuta nonostante i suoi chilometri di costa, i suoi parchi naturali, le montagne. Un luogo dove ancora il tempo scorre lento. Dove alla persona venuta da fuori la si osserva. Una terra che non offre la sua bellezza immediatamente, ma la regala a poco a poco. Terra di forti contrasti, dove il paesaggio conquista il forestiero non da subito. Ricerca, la Calabria, chi desidera entrare in contatto profondo con la sua terra natia, i suoi usi e costumi…
A parlare in dettaglio della Calabria, ad aprirci a questa regione è un “calabrese doc”, Francesco Bevilacqua che alla sua Terra ha dedicato più di una ventina di testi oltre ad aver camminato nei suoi parchi in lungo ed in largo ed averla ritratta a più non posso. La conversazione video del mondo di Eumeswill con Francesco Bevilacqua è stata intitolata: “Passaggio a Sud: Calabria, esotico d’Europa”. È un invito a scoprire un luogo ancor poco conosciuto. Ci auguriamo non sia mai presa d’assalto, ma possa divenire luogo d’ispirazione nei momenti di vuoto, desolazione interiore, di fuga dalla iper modernità, da quando i luoghi vengono mistificati…
Eumeswil accompagna questo video con i sunti degli articoli del nostro Annale su NATURA E CULTURA del 2002. Riteniamo questo volume sia per le sue firme, sia per il calibro di interventi in grado ancor di offrirci molto.
Il rapporto “Natura e cultura”, in un’epoca come la nostra, è sempre più da studiarsi in modo approfondito. Si tenta sempre più di sottovalutare, svilire l’importanza della cultura come coltivazione della pianta uomo e della importanza della natura e del paesaggio sia come luogo, sia del suo farne esperienza autentica… fintanto che la relazione stretta e connessa tra natura, cultura, uomo ed umano tendono progressivamente ad impallidire nell’odierno…
Per chi ancora trova il piacere e la necessità di relegare del tempo alla lettura offriamo dei sunti che possono poi essere un motivo per una lettura attenta, puntuale dell’Annale del 2002 Natura e Cultura così come il video offra il desiderio di spingersi a conoscere più da vicino e nel dettaglio la Calabria….
Sunti: Antonella Tommaselli, Il cibo transgenico La sigla ogm, com’è noto, indica gli organismi geneticamente modificati. Meno noto, purtroppo, il problema che si cela dietro questa abbreviazione. Sull’argomento sono a disposizione dell’opinione pubblica un certo numero di informazioni. Ma, ad analizzare in controluce i vari elementi che si possono raccogliere sul tema degli ogm, quest’ultimo, anziché farsi più chiaro e definito, si tinge di sfumature tutt’altro che rassicuranti. A ben guardare infatti dietro il transgenico, spesso presentato come un effetto ineluttabile e positivo del progresso, o come la possibile soluzione del problema della fame del mondo, si delinea una sorta di progetto mirante alla creazione di un monopolio agricolo internazionale portato avanti dalle multinazionali del settore, che procedono verso i loro obbiettivi senza tener conto dei gravi rischi. Sia per la salute umana, che per l’ambiente naturale. Due aspetti strettamente collegati. Mentre si discute su problematiche addomesticate – come quella di inserire o meno la dicitura “contiene ogm” sul contenitore degli alimenti in commercio – è in atto una dinamica perversa , nelle quali le multinazionali, pur di accumulare miliardi di dollari e gestire l’enorme potere del monopolio alimentare, non esitano a minacciare la nostra salute. *** Arianna Dagnino, La mutazione dei sessi Donne e uomini stanno mutando, cambiando pelle, modo di percepire se stessi, il proprio corpo, l’altro sesso, la realtà che li circonda e quella immaginata. Durante questa metamorfosi le donne si trovano a cedere progressivamente alle macchine il loro ruolo di “uniche e sole” procreatrici di vita umana. L’autrice sostiene che potrebbe emergere prossimamente una nuova specie umana, uomo e macchina, organico e inorganico. Una “postumanità” tendenzialmente androgina. *** Gian Giuseppe Filippi, Natura e cultura nella visione induista Nella tradizione puranica della civiltà Indù, ci sono varie vedute riguardo la relazione tra società umana e natura selvaggia. Attraverso gli ultimi cinque millenni, lo sviluppo della società ha indotto gli Indiani a giudicare la natura a volte come un ambiente nemico, a volte come un rifugio sicuro. La prospettiva Indiana ha sempre mantenuto la propria peculiarità che consiste in un approccio strettamente spirituale. La natura, come reame della Morte, può essere considerata sia il dominio dell’Inferno che la casa della Verità Suprema. Queste diverse vedute dipendono dalla mente umana e dalle condizioni del ciclo. *** Gianni Vannoni, Ricerche filosofiche sul codice runico Il futhark è l’alfabeto costituito dalle rune, segni utilizzati dai popoli nordici per iscrizioni e formule propiziatorie. Ventiquattro sono i caratteri che compongono il cosiddetto elder futhark, preso in esame nel testo. Lo spunto che anima l’analisi nasce da un approccio ermeneutico, finalizzato all’ interpretazione dei segni, e maieutico, rivelatore cioè di conoscenze dimenticate da rendere di nuovo operanti: nelle rune infatti è inscritto un messaggio da interpretare e al tempo stesso da riscrivere per affrontare l’enigma della vita verso un percorso spirituale. Un’operazione simile a quella compiuta da Amleto – la cui figura apre e conclude il saggio- allorché decifra il testo runico che lo condannava a morte e, modificandolo, non solo si salva, ma fa in modo che gli sia data in sposa la figlia del re, simbolo dell’anima a cui ricongiungersi. Seguendo la divisione consueta del futhark in tre serie di otto rune ciascuna, la ricerca si focalizza sui domini di natura, esistenza e cultura, suggeriti dal segno iniziale di ogni gruppo, in modo che l’alfabeto si trasforma in codice. Le singole rune vengono decodificate nella significazione iconografica, relativa a ciò che la figura stilizzata rappresenta; iconologica, inerente all’ambito tematico legato al segno; infine, simbolica, che rimanda cioè al senso profondo espresso dalla runa. In tal modo si attua un’analisi dinamica del codice, una riscrittura nella quale le tre serie riflettono il senso dell’universo, assumendo i contorni di archetipi dell’animo umano. In tal modo natura, esistenza e cultura si fanno ambiti estremamente vicini, e risultano di stimolo per risvegliare riflessioni personali, per dar forza ad un modo di pensare diverso, per iniziare un tragitto di scoperta interno ed esterno in noi stessi. *** Grazia Marchianò, Natura e tao In questo saggio, dedicato alla memoria di Elemire Zolla, scomparso il 30 maggio mentre andiamo in stampa, la vedova del celebre studioso ed interprete del pensiero tradizionale, anch’essa studiosa di chiara fama,indaga il lato estetico della natura seguendo il tracciato taoista, per il quale non è concepibile una natura umana indipendente da quella cosmica. Esempi e citazioni, tratti da testi e rendiconti sulla pittura di paesaggio in Cina nelle età precedenti all’avvento di una visione influenzata dai contatti culturali con l’Occidente, sono allineati con riferimento ai concetti nevralgici di Vuoto, di Soffio, e alla teoria buddhista dell’ impermanenza e dell’insostanziabilità degli esseri viventi. Si accenna infine al culto della pietra in Cina, in Corea, in Giappone e alla componente estetica nella venerazione di tutto ciò che è vivo nel mondo naturale: rocce, alberi, fili d’erba, ma anche nuvole, pesci, uccelli: creature figlie del Tao non meno dell’uomo. All’idea di arte e artisticità nel senso umano si affianca nella visione taoista quella della natura come opera d’arte cosmica, alla quale dunque il saggio taoista, reverente, si inchina. *** Aldo Carotenuto, Cultura e psiche La personalità umana non si sviluppa nel vuoto, ma all’interno di una costellazione familiare attraverso la quale si intersecano gli influssi non soltanto dell’eredità biologica, ma anche di quella culturale. La famiglia costituisce, infatti, il primo contesto sociale col quale l’individuo si trova in contatto, e in virtù della necessità di interagire con essa, acquisisce una modalità comunicativa che veicola la cultura, ma che soggiace, quale potenzialità fisiologica, in ognuno di noi: il linguaggio. Di più, non è specificatamente l’eredità genetica che ci spinge verso l’utilizzo del linguaggio, bensì l’essere vissuti in un determinato ambiente culturale e familiare. Ambiente, che a volte può essere, non motivante ed arricchente, ma inibente, eccessivamente proteso a condizionare e tarpare l’inevitabile volo verso la realizzazione della personalità individuale. Inevitabile, perché ognuno di noi mira a costruirsi un’identità culturale diversa, una dimensione psichica originale e unica, attraverso la quale sia possibile ri-creare la catena di rapporti che lega uomo, natura e cultura. *** Alessandro Stavru, La questione dell’Erlebnis tra Klages e W.F. Otto A partire da Dilthey, la questione dell’esperienza vissuta (Erlebnis) ricopre un ruolo fondamentale nell’ambito del pensiero occidentale. Negli autori presi in esame, lo psicopatologo e grafologo Ludwig Klages (1872-1956) e il filologo classico e storico delle religioni Walter Friedrich Otto (1874-1958), l’Erlebnis si configura nel primo come un’esperienza rivolta ad un’ anima vitale e alle immagini dinamicometamorfiche che da tale anima in un certo senso “provengono”, nel secondo come rapporto con delle figure rivelative dell’essenza divina della natura “esterna” all’uomo. Le differenze fondamentali tra queste due concezioni sono riconducibili, da un punto di vista biografico e scientifico , ad un “incontro” tra i due studiosi a Monaco di Baviera, nei primi anni del ‘900. In quel periodo Klages ed Otto si frequentarono assiduamente, e proprio a partire da queste frequentazioni ebbe luogo il loro progressivo distanziarsi a partire della questione dell’Erlebnis. Nel Klagesiano Eros Cosmogonico e nel coevo testo di Otto sugli dei Mani (rispettivamente del 1922 e del 1923) viene infatti alla luce come tale questione rimandi ad altra tematica, assolutamente centrale in ambedue gli autori sin dagli anni di Monaco: la concezione di un’esistenza dopo la morte presso gli antichi. Se infatti per Klages l’esistenza spettrale del defunto nel mondo greco-romano è assimilabile alle immagini oniriche e costituisce quindi un’esperienza confinata all’anima umana, per Otto il Totemgeist ( lo spirito del defunto) non ha nulla a che vedere con la sfera onirica, ed è manifestazione essenziale della natura “esterna” all’uomo. *** Friedrich Georg Jünger, Il tempo degli asparagi Il momento della raccolta degli asparagi,coincide con l’arrivo della primavera, rappresenta il centro di irradiazione del quadro letterario dipinto da Friedrich Georg Jünger, è caratterizzato da una prosa aulica e sognante. Il ricordo giovanile di una natura magica, allo sbocciare della buona stagione, traccia il perimetro in cui si inseriscono tre brevi storie. Due di queste- un aneddoto popolare e una leggenda – sono racconti narrati in passato all’autore dalla mamma Mackeben, un’anziana del villaggio; la terza è la traccia autobiografica dell’incontro con una giovane donna dai tratti misteriosi e protettivi. Si tratta di vicende semplici ma solenni, sospese in un ambiente fiabesco, in cui la rimembranza acquista tratti poetici, legata com’è a due elementi che assumono magici contorni: gli asparagi, visti come espressione di una natura meravigliosa e affascinante; e le raccoglitrici, che annualmente animano i campi di coltivazione con le suggestioni cromatiche dei loro abiti, e quelle sonore delle loro voci, simboleggianti il richiamo alla vita insito nella stagione primaverile. In questo contesto si inseriscono i personaggi delle storie, un gendarme, un guardaboschi, e lo stesso narratore, che si confrontano con la realtà naturale rimanendone in qualche modo sopraffatti, quasi che gli elementi individuali e culturali da loro rappresentanti non possano che essere fatalmente riassorbiti tra le braccia della natura stessa. Il ricordo indica la via della riconciliazione con la realtà di un mondo non scisso, dominato dall’armonia di natura e cultura. *** Andrea Sandri, Quando la Terra cambia manto L’affermazione dell’autonomia delle scienze spirituali che Wilhelm Dilthey fonda sull’esperienza (Erlebnis) come unico mezzo di conoscenza degli uomini, rappresenta un tentativo di impedire l’estensione del metodo delle scienze naturali a questioni inerenti alla libertà umana e al mondo morale, ed è stadio intermedio rispetto alla concezione jüngheriana che vede nella Gestalt come principio entelechiale della Terra la causa universale dell’ accadere di entrambi i mondi, di quello naturale e spirituale. Né l’Erlebnis né la misurazione scientifica possono cogliere la Gestalt, bensì solamente una visione superiore. *** Luigi Ranzani, Il cacciatore sottile La frequentazione con la natura e con le sue molteplici forme viventi, ha rappresentato uno spazio importante per la vita e per l’opera di Ernst Jünger. Proprio il fatto che l’ idiosincresia di una passione privata venga sublimata nella stilizzazione della scrittura e nella speculazione filosofica, contribuisce a rendere eccezionalmente interessante la lettura dello Jünger scrittore “naturalistico”. Se si conduce l’esercizio di lettura focalizzando l’attenzione intorno all’idea di natura, assisteremo alla proliferazione di immagini, tutte simboliche e dense di significati e rimandi. Pur nella varietà delle sfumature, queste immagini testimoniano, anzitutto, come l’incontro e la frequentazione della natura sia, per Jünger, l’occasione per una ricerca essenziale del pensiero e dello spirito. Non, quindi, una natura oggetto di interesse puramente scientifico, nonostante le competenze scientifiche di cui Jünger pur disponeva, e nemmeno la natura impressionata dalla emozione vaga e indistinta dell’appassionato e dell’amatore. No, in Jünger l’esperienza della natura è innanzitutto l’esperienza di una apertura sul mistero che abita la natura, le sue forme, la sua bellezza. Di fronte a questo mistero, annunciato dalla semplice presenza, dal mero esserci delle forme e dalla loro capacità di raggiungere e “toccare” i sensi e l’immaginazione di colui che le contempla, si riconosce tutta la pochezza spirituale con cui l’epoca moderna ha preteso di semplificare il linguaggio della natura, adeguandolo a quello superficiale ed evidente della tecnica.
Francesco Bevilacqua: saggista, narratore, giornalista, ha all’attivo più di una ventina di volumi. Tra i suoi titoli per Rubbettino ricordiamo: Elogio dello stupore (2001), Montagne di Calabria (2009), Calabria, viaggi e paesaggi (2009), Genius Loci, il dio dei luoghi perduti (2010), Il Parco del Pollino (2014)… Ama definirsi “cercatore di luoghi perduti” . Cura una malattia epidemica in Italia, “l’amnesia dei luoghi”, prova a risvegliare la gente dallo stato di coma topografico in cui versa. Pratica una terapia che definisce “oikofilia”, ossia amore per la propria casa, la terra, il paese ed un metodo economico che chiama “euristica della sobrietà “….
A.T. del mondo di Eumeswil
VIDEO. Passaggio a Sud. Calabria, esotico d’Europa. Con Francesco Bevilacqua
L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger.
L’Associazione si fonda su tre pilastri:
CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.
TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.
RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.