Una vita per la fotografia
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Mer, Apr

Una vita per la fotografia

Il senso della vita
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Una vita per la fotografia
Una vita per la fotografia

 

Siamo immersi in un universo di immagini provenienti dal mondo, esteriore, interiore ed onirico. Immagini di ogni tipo. Il quadro del mondo attuale, offre un esempio dell’ acutezza con cui l’occhio di un buon osservatore può cogliere l’ordine manifestato degli eventi. Il suo sguardo scivola sopra le valli e le gole, e si appunta sulla vetta che si staglia in lontananza.

Guardiamo un albero in un bosco, composto di tre parti radici, tronco e chioma. All’occhio si mostra ciò che respira di luce, gli si cela ciò che si nutre dei succhi della Terra. Ma è la forza di una sola è identica essenza quella che conquista qui l’altezza e là la profondità. Ciò che vediamo nell’altezza e ciò che la profondità ci nasconde è cresciuto da un unico punto e si divide tra il giorno e la notte come un’immagine che si specchia nel suo riflesso.

Immagine e riflesso dispiegano ed esibiscono un prodigio; rimandano a un unico essere che definisce le dimensioni. Quando attraversiamo un bosco, quando osserviamo un vecchio albero, c’è sempre una terza presenza, che unisce immagine e occhio, altezza e profondità.

Nel mondo odierno, il mondo è spesso visto attraverso un click, quello del cellulare che scatta foto di continuo. È raro che uno cerchi di imprimere sulla retina oculare ciò che si stanzia davanti al suo occhio. Chi guarda desidera catturare in una foto o in un video ciò che cattura la propria attenzione.

La contemplazione è un arte che pare allontanarsi sempre più rapida dal modo di vivere del contemporaneo ed i click sono veloci come l’accelerazione del tempo in cui tutti noi siamo immersi non più noveri del tempo antico, del tempo lento.

Ernst Jünger nel 1977 compie il suo secondo viaggio in Sicilia e così si esprime: "La figura del fotografo è centrale per chi voglia dividere i moderni viaggiatori in tipi. Il suo complementare è quello dell’ automobilista; entrambi possono convivere nella stessa persona. L’automobilista è brutale, aggressivo, minaccia lo sterminio. Il fotografo è un voyer; non può fare a meno dei momenti di quiete, deve cercare un soggetto. Vorrebbe fissare l’attimo; per questo c’è in lui anche un’ombra di insoddisfazione. Non vuole godere del momento, vuole utilizzarlo.
Come terzo tipo si potrebbe indicare il fonomane; senza il suo apparato sonoro costui può sopravvivere altrettanto poco quanto il fotografo senza macchina fotografica. Il fonomane non riesce a concepire l’esistenza di persone che preferiscano startene in pace, ad esempio a pensare. Così quest’oggi, il conducente della nostra auto ha lasciato strepitare ininterrottamente la sua radio senza spegnerla un solo minuto. Chi invoca la quiete passa per guastafeste antipatico. Inoltre tutti e tre i tipi diventano insolenti se si intralcia loro il passo. In casi come questi si sente la mancanza di un nuovo Aristofane, anche se non otterrebbe più i risultati del vecchio."

Ma c’è chi attraverso uno scatto, che può vuol dire tutto, ma anche niente, lo ha fatto divenire scopo e materia del suo vivere e ricercare rendendolo qualcosa di altro! Abbiamo incontrato Luciano Ricci, classe 1929 che di recente ha pubblicato con Florence Art edizioni (testo inglese incluso) il suo testamento spirituale: Luciano Ricci la sua vita per la fotografia, il testo si pone ad essere un catalogo, un’autobiografia e una grande lezione sull’arte dell’immagine. Come si legge dal retro di copertina del testo Luciano Ricci inizia a fotografare nella seconda metà degli anni ’60. Il suo linguaggio è chiaro e lineare, creativo, fortemente influenzato dall’arte pittorica: ritrae architetture, spettacoli e persone, sempre cercando di sondare e trasmettere l’essenza.

Ha collaborato con Luca Ronconi, Federico Fellini, Ugo Gregoretti, Mario Monicelli, Maurice Bejart; ha fotografato personaggi come Henry Moore, Riccardo Muti, Andy Warhol, Maria Callas, Jehudy Menuhin, Orazio Costa, Eduardo De Fikippo, Vittorio Gassman.

Franco Basaglia, allora giovane psichiatra determinato a chiudere i manicomi, gli affido la documentazione fotografica di quei luoghi: con i suoi obbiettivi sarà il primo a raccontare quelle realtà. Per questi ed altri suoi lavori, su invito di Cornell Capa, è il primo italiano a entrare a far parte del "Found of Concerned Photography".

Ha ospitato a casa sua Elliot Erwitt, Lucien Clergue, Josef Koudelka.

Ha esposto alla Biblioteca Nazionale di Parigi (1971), al Museo di Arte Moderna di New York (1974), ad Arles (1978), alla casa della cultura di Pechino (1984), alla Galleria d’Arte contemporanea di Sidney (1984), nelle Gallerie d’Arte Moderna di Colonia, Francoforte e Amburgo (1992 - ‘93).

Oltre a raccogliere 169 immagini dal 1969 al 2018, Luciano Ricci racconta di sé, degli incontri, delle scelte, della "Scuola Italiana di Alta Fotografia" da lui fondata a Firenze e, soprattutto, del suo modo di pensare, vedere e fare Fotografia.

Noi lo abbiamo incontrato di persona e vi proponiamo il video fatto con lui dove ci racconta diversi aneddoti della sua vita, dei vari personaggi incontrati e fotografati. Un uomo forte, pregno di una sua forza etica esistenziale, pronto al dialogo, ancora interessato alla vita. Nel suo libro vi è un capitolo dal titolo: Cultura, spiritualità e altro e così ci dice in un punto: "Spiritualità vuol dire anche ASCOLTO. Ascolto del proprio essere, del proprio sentire, del proprio pensare sulle cose, sul rapporto coi propri simili, sull’ascolto degli altri, che è ascolto dell’universo e dell’universale e, infine, di Dio. Significa vivere l’avventura umana in profondità di riflessione sulla vita, sulla morte, sul "dopo"".

Portare tutto questo dentro la fotografia è al tempo stesso compito estremamente difficile, quanto entusiasmante che deve essere vissuto in uno stato di interrotta intensità interiore, senza fretta. La Fotografia, oggi, è pressoché sinonimo di fretta. Fretta di far quello scatto per non perdere quella occasione e, ancor più, fretta di vedere il risultato per superare quel senso di insicurezza, di cui il fotografo, per quanto esperto, è sempre vittima, fino a quando non si è accertato che tutto sia andato per il verso giusto.

La fotografia, per la sua capacità di riprodurre ogni dettaglio del soggetto, con la massima informazione, è vissuta come verità inoppugnabile. E il peggio, come afferma Duane Michals, è che lo crede la maggior parte dei fotografi.

Sappiamo che le cose non stanno affatto così. Qualcuno ha affermato che fotografia è menzogna.

Infatti la fotografia non riproduce le cose, ma dei simulacri di quelle del tutto parziali ed insufficienti a fornire indicazioni esatte sulle stesse. La fotografia produce solo delle sintesi soggettive, mai delle analisi. Soltanto nel caso in cui il fotografo sia un artista libero da ogni compromesso, la sua opera, da povero simulacro, può talvolta assurgere a metafora poetica, acquisendo valore di comunicazione artistica.

È da osservare pure che il talento di cui un individuo può essere dotato, non è sufficiente da solo a trasformarlo in un artista. Il talento è dono grande, ma come il diamante grezzo, necessità di essere tagliato in modo speciale per divenire oggetto prezioso. Il talento deve essere educato e affinato per poter tornare utile a chi lo possiede.

Con questo torniamo al punto di partenza. Curiosità, Spiritualità e Cultura sono le tre qualità indispensabili al fotografo, che talvolta vengono offuscate e messe da parte come qualcosa di scomodo e d’importuno. (…) Viviamo in tempi di globalizzazione. Una globalizzazione massificante che strangola tutto quanto ne ostacoli lo sviluppo. L’individuo, come entità materiale, intellettuale e spirituale viene soffocato è convertito spesso in un animale senza volontà propria, incapace di qualsiasi decisione che non sia pilotata dai poteri. Poteri economici che condizionano quelli politici con i mezzi potentissimi di cui dispongono. Poteri che divengono il "DIO" che polverizza le menti, inducendo le masse a comportamenti, decisioni e azioni condotte attraverso tutti i mezzi, sia occulti che espliciti. In una società simile, noi parliamo di fotografia. Tentiamo con questa di comunicare emozioni, sentimenti, convinzioni, con animo aperto, con spirito innocente e libero da
suggestioni ingannevoli e spaventose.

Siamo, forse, dei poveri folli? Dei Don Chisciotte che assaltano, non innocui mulini a vento, ma missili con testate nucleari, comandati da caveau imbottiti di miliardi e controllati da sistemi tanto diabolicamente efficaci?

No! Non lo siamo.

Un tempo venivano eretti roghi dove erano bruciati i libri e le opere d’arte, tutto il buono dell’umanità. Anche allora erano i poteri a farlo, si chiamassero pure Chiesa, Fascismo, Nazismo, Stalinismo, ecc. Oggi i roghi non ci sono più, ma c’è qualcosa di peggio che brucia i cervelli lasciando sopravvivere larve d’individui che vegetano mangiando quel che gli viene propinato e che, in casi non rari, sono pronti a sbranarsi alla prima minaccia d’un boccone in meno!

Qualcuno può salvarsi dal disfacimento? Si!

Rammentiamoci di Fahrenheit 451, dove si vedono tante persone camminare parlando a se stesse per imparare a memoria un libro diverso del quale prenderanno il nome dal titolo, per conservarne il contenuto di idee e civiltà.

Ecco il motivo per il quale ho inteso trattare di Curiosità, Spiritualità e di Cultura perché sono queste le nostre difese indistruttibili, resistenti ad ogni rogo e a tutte le esplosioni nucleari, impermeabili alle manovre d’incerenimento dei cervelli e dell’impoverimento del nostro esistere.

Non è tempo, il nostro, di fughe, ma di scontri frontali dove si trovano faccia a faccia il potere corrotto privo di scrupoli e le coscienze d’individui che non si lasciamo corrompere e non sono disposti a farsi intruppare nei ranghi dei morti vegetanti.

Si può anche incominciare con delle letture appropriate.

Alle ortiche le riviste di fotografia, sostituendole, piuttosto, con monografie o antologie di maestri storici, contemporanei, badando bene a lasciar fuori i ciarlatani dei quali assai bene, conosciamo nomi e cognomi.

Ecco qui la mia proposta di una breve bibliografia: Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica; Rudolph Arnheim, Arte è partecipazione visiva; Rudolph Arnheim, Il potere del centro, Rudolph Arnheim, Il pensiero visivo; Helmut Gernsheim, Tre saggi sulla Fotografia, Cinema, Teatro; Susan Sontag, Sulla fotografia; Minor White, Riti e Passaggi; Gillo Dorfles, Il divenire delle arti; Voltaire, Trattato sulla tolleranza; Vassilij Kandinskij, Lo spirituale nell’arte; Marco, Matteo, Luca e Giovanni, I Vangeli. Questi titoli sono sufficienti per avviarci verso una conoscenza seria, non soltanto della nostra materia, ma anche del difficile sentiero della cultura e del vivere medesimo. Avremo compiuto un piccolo passo avanti verso la comprensione dì qualcosa che riguarda non soltanto la fotografia, ma che la fa comprendere ed eseguire meglio.

Finisco con questa frase di Wittgenstein (per me di portata universale): "Di ciò di cui non si può parlare con competenza, bisogna tacere".

Hanno detto di Luciano Ricci: "… un fotografo totale, un uomo nel quale la fotografia è presente in ogni istante della sua vita. Se non fosse l’artista che è, potrebbe essere pazzo. Ma forse è tutte due le cose".

Jean-Claude Lemagny Storico della fotografia del Dipartimento Fotografia Biblioteca Nazionale di Parigi Le Monde, 16 marzo 1971

"Luciano Ricci è da ritenere uno dei più importanti fotografi europei, nonostante abbia costantemente ignorato le ‘regole’ inventandone volta per volta le sue. Uomo di grande cultura, amante della grande musica, studioso di storia e filosofia delle arti, è sempre pronto al dialogo. Per farla breve è uno dei rarissimi fotografi per accidente, come ama dire lui che, pur essendo professionista, non ha mai fatto del suo lavoro oggetto di mercato, anzi più volte ha prestato la sua competenza gratuitamente, considerando tali occasioni come suo dovere civile".
Lanfranco Colombo 1980

"Ribelle con lo strumento, che sconvolge e piega ai suoi voleri, alza forte la sua protesta per contrastare la subordinazione all’uniformità. […] Per ottenere al massimo il rapporto forma/significato, Ricci si avvale di tutti i mezzi stilistici e dei generi tradizionali della fotografia: il mosso creativo, il nudo d’arte, le esperienze della body art; la fotografia di danza e balletto; la metafora visuale… dimostrando così la sua assoluta auto-nomia da qualsiasi vincolo strumentale per giungere alla rappresentazione dell’idea".
Giuliana Scimé 1992

Nel video che abbiamo il piacere di presentarvi con Luciano Ricci una vita per la fotografia sarà presente anche Mariagrazia Carraroli compagna di vita, di dialogo di arte, Lei poetessa, Lui fotografo e ci hanno rammentato i versi su: Il matrimonio di Gibran tratti da Il Profeta:

Allora nuovamente parlò Almitra, e domandò: Che cos’è il Matrimonio, o Maestro? Ed egli rispose dicendo: Voi siete nati insieme, e insieme starete per sempre.Voi sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni. Sì, insieme anche nella tacita memoria di Dio. Ma vi siano spazi nella vostra unione, e fate che i celesti venti danzino tra voi.

Amatevi reciprocamente, ma non fate dell’amore un laccio:Lasciate piuttosto che vi sia un mare in moto tra le sponde delle vostre anime. Riempia ognuno la coppa dell’altro, ma non bevete da una coppa sola. Scambiatevi il pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta. Cantate e danzate e siate gioiosi insieme, ma che ognuno di voi resti solo, così come le corde di un liuto son sole benché vibrino della stessa musica.

Datevi il cuore, ma l’uno non sia in custodia dell’altro.Poiché solo la mano della Vita può contenere entrambi i cuori. E restate uniti, benché non troppo vicini insieme, poiché le colonne del tempio restano tra loro distanti, e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.

Vi auguriamo una buona visione del video.

(VIDEO) LUCIANO RICCI - UNA VITA PER LA FOTOGRAFIA. Con Luciano Ricci e Mariagrazia Carraroli

 

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 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

 

 

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