Non è stata una semplice visita guidata del centro della città di Catanzaro. Si è trattato, piuttosto, di un itinerario che non ha voluto soltanto riscoprire palazzi e piazze storiche, ma che ha inteso restituire, attraverso i luoghi che ne hanno fatto da sfondo, un passato in cui il capoluogo della Calabria è stato crocevia di culture diverse.

Tanto che il vescovo milanese Filippo Visconti, nel 1661, definiva Catanzaro “città della coesistenza delle differenze”. E' partito proprio da questa citazione lo storico Oreste Sergi Pirrò, cominciando il “Viaggio nella città trilingue”, appuntamento inserito nel cartellone degli eventi culturali del Festival d'Autunno. Un folto numero di partecipanti ha risposto “presente” davanti allo storico Palazzo Fazzari, da dove è cominciato il tour.
UNA CITTA' COLONIZZATA MA CHE SEPPE ACCOGLIERE «Dall’undicesimo al dodicesimo secolo, periodo che in Europa coincide con la rinascita commerciale - ha spiegato Sergi Pirrò - la città di Catanzaro fu al centro di una continua colonizzazione che vide, intorno al 1073 sotto la signoria di Roberto il Guiscardo, l’arrivo degli Ebrei e tra il 1100 e il 1200 l’arrivo dei primi mercanti amalfitani ed in seguito siciliani, che vi si stabilirono e si installarono in seno alla popolazione preesistente. Nacquero così il quartiere ebreo della Giudecca, con la sinagoga ubicata nel sito attualmente occupato da Palazzo Fazzari ed il quartiere di S. Angelo, ai piedi del Castello, nel rione denominato Paradiso, oggi Case Arse, con la piccola chiesa ad aula unica intitolata a San Michele Arcangelo. La loro presenza nella città del Duecento, accanto agli artigiani tessitori catanzaresi – ha aggiunto - trasformò l’attività serica in una vera e propria industria che favorì anche l’aumento della popolazione. Questo perché affluirono dalle campagne molte persone: in città, grazie alla tessitura, si registrava un grande sviluppo commerciale che assicurava loro sostentamento».
TANTE ETNIE CHE DIALOGARONO E PROSPERARONO Camminando lungo i caratteristici vicoli, lo storico ha spiegato che «Catanzaro fu la città dei greco-dalmati (rappresentati dai profughi delle zone rivierasche che formarono il primo nucleo abitativo denominato "Grecìa"), degli ebrei (chiamati a Catanzaro nel 1073) e dei latini (rappresentati da due colonie di commercianti amalfitani e siciliani) che si organizzarono in quartieri e ristretti costituendo così un comune linguaggio ed un comune sentire all'interno di un tessuto sociale continuamente rinnovato nei secoli da migrazioni di "mercadanti", scambi economici, comunità di artisti e di artigiani (ebanisti, fabbri, vasai...), nel quale, le diverse etnie, riuscirono a cooperare e ad esaltare ognuna la propria peculiarità: i “Greci” erano abili tessitori, gli Ebrei rinomati tintori, gli Amalfitani e i Siciliani indiscussa classe di commercianti. Questa realtà, peraltro non estranea ad altri centri urbani e ad altre regioni del Mezzogiorno – ha proseguito - ha caratterizzato fortemente la storia di Catanzaro. Una storia che, spesso, diventa storia sociale all’interno della quale, ancora oggi, è possibile ravvisare quegli elementi dell’antica cultura trilingue in cui l'architettura, l'arte, l'artigianato, l'ospitalità, le tradizioni, il dialetto ed i costumi sono testimonianza visiva e tangibile di un antico dialogo». Ecco perché l'appuntamento tra i vicoli di Catanzaro ben si è sposato con il tema centrale degli eventi collaterali del Festival che indagano due aspetti similari di Calabria e Brasile,quelli cioè di essere terre di emigrazione e ospitalità allo stesso tempo.
SANTACROCE: «ESSERE ORGOGLIOSI DELLE NOSTRE RADICI» «Usciamo davvero tutti arricchiti da questa passeggiata nel centro storico della città – ha commentato il direttore artistico del Festival, Antonietta Santacroce – perché Oreste Sergi Pirrò è riuscito a illustrarci, coinvolgendo tutti i partecipanti, alcune pagine di storia di Catanzaro a molti sconosciute. Credo che tutti noi dovremmo sentirci orgogliosi delle nostre radici: siamo figli di una città che ha sperimentato l'accoglienza e l'integrazione in anni in cui con lo straniero spesso si guerreggiava. Non solo. Da quel vivere in condivisione – ha concluso Santacroce - si ebbe solo tanta prosperità. Segno di un popolo maturo e laborioso».
Gli appuntamenti del Festival proseguono con un altro evento culturale. Il 12 ottobre, alle 18,30, la sala conferenze del Complesso monumentale della chiesa di San Giovanni ospita “Persone non numeri”, un confronto corale su come la scuola italiana, e non solo, offre opportunità di integrazione ai profughi adolescenti.
Per quanto riguarda gli spettacoli, il 27 ottobre sarà ospite del Teatro Politeama Sergio Cammariere con un concerto che riproporrà i suoi grandi successi ma anche gran parte della sua produzione legata alla musica brasiliana. Tutte le notizie della XVI edizione del Festival d'Autunno sono anche sull’app scaricabile gratuitamente, sui canali social e sul sito ufficiale della rassegna www.festivaldautunno.com
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