Covid, Milano-Bicocca: "Uso metafore belliche non influenza negativamente comportamento"
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.
30
Mar, Apr

Covid, Milano-Bicocca: "Uso metafore belliche non influenza negativamente comportamento"

Cronaca
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times

Guerra contro il virus-nemico. Ospedali-trincee. I medici eroi. I ricercatori di Filosofia del linguaggio del Dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca, in collaborazione con il Laboratorio di Linguaggio e Cognizione diretto dal professor Filippo Domaneschi presso l’Università di Genova, subito dopo il primo lockdown si sono chiesti se le metafore belliche utilizzate per trattare i temi legati alla pandemia influenzassero i comportamenti delle persone. Lo studio, pubblicato su PLoS One (Does the Covid-19 war metaphor influence reasoning? doi.org/10.1371/journal.pone.0250651), è stato condotto a giugno del 2020 su un gruppo di 200 italiani. 

''Quando è scoppiata la pandemia, i leader di tutto il mondo hanno fatto ampio ricorso alla metafora bellica – spiega Francesca Panzeri, ricercatrice di Filosofia del linguaggio e coordinatrice dello studio -. Da molte parti, però, si sono levate grida di allarme: usare la metafora bellica sarebbe pericoloso, perché, tra le altre cose, indurrebbe le persone a pensare in modo divisivo e ad accettare supinamente derive autoritaristiche e la soppressione di libertà personali. Abbiamo così deciso di condurre un esperimento per capire se davvero le metafore possono influenzare il nostro modo di pensare e di agire''. 

I ricercatori hanno svolto il loro esperimento presentando degli scenari legati alla pandemia, e chiesto ai partecipanti di indicare con quali alternative si trovavano maggiormente d’accordo. Ad esempio, dopo aver parlato del problema della diffusione di fake news legate al Covid-19, tra le alternative proposte c’era sia quella di permettere la censura di opinioni personali se pericolosamente in contrasto con le indicazioni del Governo, sia quella opposta che porta a salvaguardare sempre e comunque la libertà di opinione.  

Il punto fondamentale è che gli scenari venivano proposti in una formulazione neutra per metà dei partecipanti, e in una formulazione contenente diverse metafore belliche per l’altra metà dei partecipanti. 

Se le metafore di guerra portassero realmente gli ascoltatori a pensare e ad agire in maniera congruente allo scenario bellico ci sarebbe dovuta essere una maggiore propensione a scegliere le alternative “pericolose” da parte dei partecipanti esposti al testo metaforico rispetto a quelli che leggevano il testo neutro. Così non è stato: le scelte dei partecipanti non dipendevano dall’esposizione ai testi che evocavano metafore di guerra piuttosto che a testi neutri. 

''Lo studio mostra che le metafore che utilizziamo non sono di per sé in grado di “plasmare” ciò che le persone pensano, come ragionano o il modo in cui si comportano. È importante ricordare che le parole sono sempre pronunciate o ascoltate da parlanti che hanno credenze, opinioni, preferenze e, spesso, anche uno spirito critico'', conclude Filippo Domaneschi. 

Ho scritto e condiviso questo articolo
Author: Red AdnkronosWebsite: http://ilcentrotirreno.it/Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.