(Adnkronos) - L'Italia non è più un paese cattolico. Non lo è nei numeri, non lo è nei comportamenti, non lo è nella cultura pubblica. Un dato che molti percepiscono, ma che pochi hanno il coraggio di guardare in faccia. A farlo, senza infingimenti, è il sociologo Luca Diotallevi nel suo
nuovo libro "La chiesa si è rotta. Frammenti e spiragli in un tempo di crisi e opportunità" (Rubbettino, pagine 216, euro 18,00).
Il volume prende di petto una questione centrale e spesso rimossa: sta finendo il Cristianesimo come religione degli italiani. Non la fede, non la Chiesa in quanto tale, ma quella particolare configurazione storica che per decenni ha fatto del cattolicesimo la religione civile del Paese, un pilastro identitario e un collante sociale. Un modello che si è ormai consumato. Diotallevi spiega come la crisi non derivi da un generale declino del religioso, anzi, viviamo in un'epoca di vero e proprio "boom spirituale", dove nuove forme di consumo religioso si moltiplicano e prosperano. Ciò che tramonta è piuttosto il cattolicesimo come la religione identitaria di una nazione.
Questa tesi nasce da un percorso già avviato nel libro precedente, "La messa è sbiadita. La partecipazione ai riti religiosi in Italia dal 1993 al 2019" (Rubbettino), in cui Diotallevi documenta con dati Istat una caduta sistematica della pratica domenicale: dal 37,3% degli adulti del 1993 al 23,7% nel 2019.
Ma il saggio "La chiesa si è rotta" rappresenta più di un sequel: è la diagnosi di una disgregazione del modello cattolico nazionale - quel patto implicito tra Chiesa e Italia che ha retto per decenni - e un appello a ripensare la fede fuori da quel paradigma. Il libro esplora come il cattolicesimo abbia perso il "privilegio culturale" che lo identificava con la nazione, trasformandosi piuttosto in un’opzione tra le tante nel mercato spirituale.
A questa fine si accompagnano due grandi tentazioni. Da un lato, la nostalgia di un'Italia cattolica che più che realtà storica è stata un mito politico, alimentato tanto dal clierico-fascismo quanto dalle stagioni successive. Dall'altro, la deriva opposta: trasformare il cattolicesimo in una spiritualità leggera, adattata alle logiche del mercato, ridotta a "prodotto" da scegliere a scaffale come una qualsiasi commodity. In entrambi i casi, si perde l’anima del Vangelo.
Il libro non si limita alla diagnosi. Al contrario, legge questa crisi come un passaggio provvidenziale: un kairós, un tempo favorevole per riscoprire la radicalità della fede, liberata da compromessi mondani e da sudditanze politiche. È un invito a "dissodare un campo nuovo", a tornare alla fonte viva del cristianesimo in un'Italia che non può più dirsi cattolica, ma che proprio per questo può aprirsi a un'esperienza di fede più autentica e libera.
"Finisce l'equazione tra Cristianesimo e religione", scrive Diotallevi. "Finisce l'illusione di un'Italia cattolica. È il tempo di dissodare un campo nuovo e di cercare di nuovo il Signore".
Il libro "La chiesa si è rotta" non è un trattato accademico, ma la riflessione di un credente e di un intellettuale che intreccia esperienza personale, analisi sociologica e visione ecclesiale. Un testo scomodo, che non indulge in facili rimpianti né in rassicuranti ricette, ma che costringe a guardare in faccia una trasformazione epocale. Un libro destinato ad aprire il dibattito pubblico, chiamando credenti e non credenti a interrogarsi su cosa significa vivere e pensare la fede in un Paese che, per la prima volta dopo secoli, non può più essere definito cattolico.
Luca Diotallevi è professore di Sociologia presso l'Università di Roma Tre e membro del comitato scientifico della Sezione di Sociologia della Religione dell’Associazione Italiana di Sociologia. (di Paolo Martini)
