Le beatitudini ovvero la felicità autentica
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Dom, Apr

Le beatitudini ovvero la felicità autentica

Il senso della vita
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Le beatitudini ovvero la felicità autentica
Le beatitudini ovvero la felicità autentica

 

"Voi tutti conoscete la selvaggia tristezza che suscita il rammemorare il tempo felice: esso è irrevocabilmente trascorso, e ne siamo divisi in modo spietato più che da quale si sia lontananza di luoghi. Le immagini, risorgono, più ancora allettanti nell’ alone del ricordo, e vi ripensiamo come al corpo di una donna amata, che morta riposa nella profonda terra e che simile a un miraggio riappare, circonfusa di spirituale splendore, suscitando in noi un brivido di sgomento.

Sempre di nuovo ritroviamo negli affannosi sogni il passato, in ogni suo aspetto, e come ciechi brancoliamo verso di esso. La coppa della vita e dell’amore ci sembra non essere stata colma sino all’orlo, per noi, e nessun rimpianto vale a ridonarci tutto ciò che non abbiamo avuto. Oh, fosse questa tristezza almeno d’insegnamento per ogni nuovo attimo di felicità!"

A scrivere Ernest Jünger il passo è tratto da “Sulle scogliere di marmo” uno dei più bei libri del ‘900, lirico, un canto ed una meditazione sul bene e sul male, sul bello e sul brutto che alloggia nelle nostre vite intime e sul nostro pianeta Terra.

Se desideriamo scoprire cos’è bene e cos’è male, cosa è bello e cosa è brutto, non possiamo sfuggire all’intimo richiamo di porci in silenziosa osservazione di noi stessi. Tale osservazione principia dal distacco tra il se’ che guarda e il se’ che opera, e, scruta privo di giudizio. Guardare il mondo così com’è, il proprio agire. Piano, piano, con lentezza indicibile, avvertire in che tipo di mondo e situazione uno è sereno. Occorre molto tempo da dedicare all’accurata osservazione ed un ascoltarsi costante, tenendosi fuori da ciò che nel mondo esterno vien riconosciuto per bello e buono… Occorre entrare in intima confidenza con se stessi… Occorre imparare a riconoscere ciò che piace al nostro cuore e soprattutto a vedere con l’occhio interiore e la pupilla del cuore. Solo con la profondità del sentimento che scaturisce da tale sede si entra in contatto con la forza decisiva e trasformatrice che li dimora. Solo quando l’uomo è scosso nel profondo della propria anima, le vecchie strutture crollano e può nascere qualcosa di nuovo. I sentimenti racchiudono in se’ la forza della trasformazione. Dobbiamo però imparare a riconoscerli. Ci sono sentimenti terreni e sentimenti celestiali. Ci sono sentimenti che ci fanno sentire appagati e sentimenti che fanno sgorgare sempre nuovi contrasti. Dipende se desideriamo vivere “nall’aiuola che fa tanto feroci e dove viviamo con la lonza, la lupa ed il leone” oppure cerchiamo di cogliere un seme e farlo germinare nel proprio giardino interiore con la speranza che si possa trasformare in un roseto ardente…

La vita è musica, ma dobbiamo imparare ad ascoltarla e poi accostarci alle frequenze e alle armoniose melodie che tendono ad innalzarci, se cerchiamo con lentezza, buona volontà, una felicità che possa cercare di perdurare nel tempo senza produrre gravosi affanni e ci porti a vivere in unione coi nostri simili.

La ricerca della vera felicità è una costante nella vita dell’uomo e tante guide si sono scritte al riguardo. Nelle Sacre Scritture la felicità viene descritta come “Beatitudine" ed il video con Don Curzio Nitoglia di oggi verte proprio su tale tema e ci illustra non solo le beatitudini, ma come i doni dello Spirito Santo concorrano al loro raggiungimento.

Può apparir strano che un’associazione culturale si dedichi a tale temi. Ma cultura vuol dire coltivazione di se stessi e una vera coltivazione prevede un innalzamento dello spirito, un moto dal basso verso l’alto, ricercando una spinta anagogica e ci facciamo aiutare da Torquato Tasso, che sintetizza così la quadripartizione interpretativa del vivere delineata da Dante nel suo "Convivio", secondo questo sistema radicato nella filosofia e nella teologia:

"[Dante] c’insegna che quattro sono i sensi: il literale, il morale, l’allegorico e l’anagogico: dei quali il primo è assai semplice ed inteso senza difficultà; il secondo è per ammaestramento de’ costumi; gli altri due servono più a la parte intellettiva; ma il terzo conduce a la spe­culazione de le cose inferiori; il quarto a quella de le superiori".

Ma la cultura - coltivazione di se stessi - deve procedere anche con umiltà. In latino il termine per umiltà è “Humilitas”, da cui deriva sia humanitas che la radice humus, cioè terra, sporco, humus. Del resto anche la parola umorismo ha la stessa radice. Questo ci dice che ci dovremmo affrontare anche con un umorismo beffardo, con una certa serenità interiore e sorriso sia nell’incontro con noi stessi che dei nostri demoni!

Don Curzio ci illuminerà sapientemente, lungo il percorso cristiano, attraverso le "Sacre Scritture", ma talvolta necessitiamo di esseri viventi che hanno tentato il loro meglio per realizzare in vita un modo per accostarsi a tale stato. Ci pare necessario nominare ancora una volta Jünger. Nel nostro terzo Annale della prima serie su “La menzogna” vi è un saggio di Gianni Vannoni che tratteggia la via intrapresa da Ernst Jünger e delineata attraverso le opere del Maestro e designata come “La via del bushido occidentale”. La nostra vita è il nostro campo di battaglia, la nostra palestra, dove quotidianamente ci scontriamo con noi stessi ed i nostri simili, vissuti come singoli, come società e come stato. Attraverso i maestri reali ed i “buoni libri” possiamo cercare di rendere più vivibile la nostra vita e renderla viva. L’ Anarch, figura spesso equivocata dai critici con quella dell’anarchico, è delineato da Ernst Jünger nei tratti di Martin Venator in "Eumeswil" e dell’ispettore Dobrowsky in "Un incontro pericoloso".

L’ anarca è colui che interpreta il suo ruolo nella società come un attore la sua parte in teatro, mantenendo la consapevolezza della finzione in atto. Ma accanto all’anarca, anche l'"Arbeiter", il “milite del lavoro” che intende agire nella società e il Waldgänger, colui che passa al bosco, che si eclissa da un contesto sociale divenuto ostile, sono da annoverare come figure delineate dal maestro di Wilflingen per descrivere tre tipi possibili di approccio alla realtà sociale. La triade indica un preciso percorso, una “via”, la “via del guerriero”, che raggiunge il culmine nell’anarca. La via del guerriero non è esistita soltanto in Giappone, le sue tracce sono evidenti anche nell’Europa feudale, dove era denominata militia, dal latino miles, “guerriero”. Il feudalesimo forni il contesto sociale in cui la via ebbe modo di assumere connotati istituzionali, ma in quanto via essa si configura come un cammino spirituale che può essere percorso in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo, e la figura dell’anarca esprime questa realtà assoluta dello spirito. L’anarca è un guerriero che non esercita il mestiere delle armi, poiché la menzogna sociale produce uno sdoppiamento tra la realtà interiore e quella esteriore, apparente, della persona. La persona è la maschera dell’attore, attraverso la quale passano i suoni (per - sona), le parole pronunciate nella rappresentazione teatrale. La società è una menzogna, una finzione come la rappresentazione teatrale, e l’attore perderebbe la sua identità se si confonderebbe con il personaggio recitato. Disposti sull’asse cronologico della loro apparizione nell’opera di Jünger, l’Arbeiter, il Waldgänger, e l’Anarch, rappresentano tre fasi della vita e costituiscono le tappe di un cammino interdetto all’arrampicatore sociale e al camaleonte politico, al falso filantropo o l'avido affarista privo di scrupoli, perché indirizzano verso regioni dall’aria troppo pura, dove non potrebbero sopravvivere. Il discorso non contiene alcun riferimento alla massoneria, poiche entrambe le vie di apprendimento, oggettivo e soggettivo, sono sentieri di realizzazione ontologica sui quali s' incammina esclusivamewnte il ricercatore dell'assoluto.

Nella prima fase del cammino del guerriero vediamo il guerriero contro la società, nella seconda la società contro il guerriero, nella terza stabilirsi un tacito accordo bilaterale, da pari a pari, tra il guerriero e la società. L’itinerario si conclude con la vittoria del guerriero. Nell’ultima tappa, infatti, non è più la società a bandire il guerriero, ma il guerriero a bandire la società da se stesso. Ed in cuor suo smette di mentire. Non dobbiamo dimenticare che Jünger, scrisse un libro "Il contemplatore solitario" e descrisse in parte il suo modo di essere, lo possiamo percepire. Un guerriero e ricercatore dello spirito che costantemente affina lo sguardo sul mondo esteriore e interiore dipingendolo con vericidità e privo di sbavature di sentimentalismo. Noi possiamo ravvisare, da tali pagine, un uomo integro, un aristocratico dello spirito, un ricercatore spirituale, “un cacciatore sottile”, che seppe tenersi alla larga da tessere di partito di ogni tipo e scritture compromettenti. Preferì astenersi e trasferirsi in campagna… Jünger prese parte alla rivoluzione conservatrice, in una delle tappe del suo cammino, e la rivoluzione conservatrice non fu compiuta dal nazismo (come può sembrare ad un osservatore superficiale) che ne fu invece il travisamento e la contraffazione (come Jünger non tardò a percepire). Sta di fatto che quando i nazionalsocialisti presero il potere, l’autore di “Nelle tempeste di acciaio” “rifiutò incarichi ed onorificenze pubbliche, si trasferì da Berlino a Goslar, poi a Überlingen. Sotto lo stretto controllo della Gestapo, che seguiva con livore tutte le attività del popolarissimo scrittore, egli si dedicò esclusivamente alla "scrittura letteraria”, come puntualizza S. Breuer, "La rivoluzione conservatrice", Roma 1995, p. 147, che aggiunge: “improntò il suo stile di vita secondo il modello dei nobili del mondo antico e della prima età moderna ritirarsi in campagna per non sottostare alla legge del demos o del tiranno”.

È molto interessante leggere la biografia di Jünger. Si entra in contatto con la storia del ‘900, attraverso la vita di un personaggio che lo ha percorso interamente e profondamente, lasciando una sua impronta. Da non dimenticare che Ernst Jünger entrò contatto con il fior fiore dei pensatori, artisti, politici del secolo appena concluso e ispirò ed attrasse molti fra loro. La sua vita l’ha temprato… Maturato nelle tempeste di ogni tipo…

Solo chi attraversa gli inferi può divenire integro. Soprattutto gli inferi della nostra anima dove vi è molto da riordinare e da sistemare…

Sant’Agostino così ci dice: "A me sembra che la virtù è solo l’amore ordinato: ordo amoris". (CD 15,22). Perciò gli uomini non si distinguono tra buoni e cattivi in base a quello che sanno ma a quello che amano: “Non fanno i buoni o i cattivi costumi se non i buoni o cattivi amori”. (L 155,4.13). “È dove abbiamo il cuore che noi abitiamo” (GV 2,11). Un teologo, interpretando Agostino, ha scritto che l’anima è più presente in ciò che ama che in ciò che anima. E il Santo si sofferma molto sulle beatitudini e così si esprime sui beati: “La lettura dei beati è la visione, poiché vedono la Verità in persona e si saziano alla sorgente dalla quale noi riceviamo solo delle gocce.

Tutti si vedranno con quella penetrazione che in terra è privilegio dei profeti… Essendo pieni di Dio si vedranno divinamente.

Godremo, fratelli, di una visione mai contemplata dagli occhi, mai udita dalle orecchie, mai immaginata dalla fantasia: una visione che supererà tutte le bellezze terrene, quella dell’oro, dell’argento, dei boschi e dei campi, del mare e del cielo, del sole e della luna, delle stelle e degli angeli. La ragione è questa: che essa è la fonte di ogni altra bellezza. Dove l’anima potrà essere saziata? Dove si trova il sommo bene, la verità totale, l’abbondanza piena…" Questo mondo appena descritto ci ricorda nel vago, il mondo di fiaba, di quando eravamo piccoli, piccoli, di quel c’era una volta, in un paese lontano, lontano… E il principe dopo aver sostenuto numerose e complicate prove, aveva in sposa la principessa. I due nobili “di spirito” a quel punto vivevano per sempre felici e contenti…

Per entrare nelle beatitudini occorre crescere nell’amore. Non si tratta di un amore affettivo, ma una benevolenza aperta nei confronti di tutto e tutti, che non fa distinzione tra simpatia ed antipatia, amico o nemico. È quanto nel cristianesimo chiamiamo agape, un qualcosa che non si può costruire. Deve sbocciare da se’. Nell’essere umano può svilupparsi un amore simile ad un fuoco che consuma ogni cosa e trasforma i sentimenti negativi… Che possa giungere in tutti noi…!

VIDEO. Le beatitudini ovvero la felicità autentica. Con Don Curzio Nitoglia

 

Leggi anche: Associazione Eumeswil


 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

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