Friedrich Georg Jünger: Apollo, Pan, Dioniso
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Gio, Mag

Friedrich Georg Jünger: Apollo, Pan, Dioniso

Il senso della vita
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Friedrich Georg Jünger: Apollo, Pan, Dioniso
Friedrich Georg Jünger: Apollo, Pan, Dioniso

 

Nel maggio del 1954, Ernst Jünger si reca in Sardegna, uno dei luoghi preferiti del nostro bel Paese e così ci descrive la proprietaria della locanda dove prende soggiorno:

"Vestita di nero era anche la signora Bonaria, la padrona dell’albergo dove presi alloggio e pensione. La interrogai sull’illuminazione e fui lieto di apprendere che ci si serviva di candele. Naturalmente, in quella comunicazione spuntò il volto preoccupante della politica. La signora tentò di rassicurarmi: nella cittadina, gli operai stavano già disponendo i cavi elettrici, e in pochi mesi anche l’albergo sarebbe stato collegato. Oltre ad un’illuminazione di tipo moderno altre meraviglie sarebbero arrivate: la radio, il cinema e tutti i piccoli apparati che si alimentano con la corrente e la cui vicinanza è nociva a una vita tranquilla; nociva soprattutto per chi nel corso di tutta una vita abbia preso l’abitudine di leggere fino a tarda notte. Già i miei genitori inveivano contro questo mio vizio…"

Chiudiamo gli occhi! Ora ricordiamoci dell’ultima volta, che da soli, ci siamo ritrovati in mezzo alla natura selvaggia, incontaminata, nel silenzio, se non totale, dei suoni prodotti dalla tecnica, nutriti soltanto dei suoni frutto del mondo della natura. Se, senza ansia, abbiamo sostato a lungo in un luogo “wildness” in modo prolungato, dopo un periodo in cui fremevamo dall’inattività, ancor carichi dalla adrenalina, dallo stress della urbanizzazione, abbiamo iniziato ad avvertire che nuove forze si sprigionano, irradiano dalla natura. Se, in uno stato privo di inquietudini, un nuovo flusso di energia benefica, serenità ci riconciliava non solo col mondo, ma col creato. I colori, le forme del mondo, i profumi emergono vivi. Una nuova sensibilità emerge rigogliosa. Si avverte che sopra di noi esistono e si emanano forze, energie che ci influenzano. Ed è con questa premessa che vi introduciamo al video di quest’oggi dove con Mario Bosincu, vi presentiamo: "Friedrich Georg Jünger. APOLLO, PAN, DIONISO".

Il titolo del video è anche il titolo del libro curato e tradotto dallo stesso Mario Bosincu, per Le Lettere. Abbiamo incontrato Bosincu a Sassari, nei luoghi cari a Jünger, in Sardegna. La nostra conversazione ha esaminato non solo il testo in questione, ma anche le dinamiche, il rapporto tra i due fratelli Jünger che non era esclusivamente di sangue, ma soprattutto di natura spirituale. Ciascun fratello arricchiva l’altro. Entrambi si scambiavano pensieri profondi, vasti… Con stili differenti, metodi differenti di analisi e dì scrittura, entrambi gli autori, hanno lasciato in eredità a noi contemporanei, testi che ci possono aiutare non solo a comprendere meglio il nostro mondo, ma anche a trovare soluzioni felici al nostro vivere.

Ernst Jünger passeggia con Angelo in Sardegna:
“Camminammo intorno alla torre, e di nuovo potei godere, assiso sul suo zoccolo, dello splendido panorama circostante. Il vento era carezzevole; spirava una leggera brezza, e ne veniva la sensazione che ci si potesse librare in volo sopra il monte e il mare.

…Questi sono i forzieri degli uccelli rapaci, e infatti mi accade di scorgere sotto una delle antiche feritoie la chiara calcinatura di una covata: ciò che gli ornitologi chiamano “smalto”…

Trascurando l’ammonimento del corvo saggio, espressi il desiderio di guardare dentro almeno una volta… Angelo si arrampicò fin su in alto e gridò “falco!”, come un ragazzo che abbia veduto qualcosa di bello. Io presi il suo posto è guardai nella cavità - là era stata deposta su un grezzo basamento una covata di tre uova verdiazzurre e là stava appollaiata la femmina del falco, elegante e superba, appoggiata alla muraglia. Discesi senza fare rumore.

A volte occhieggiamo, come attraverso questa feritoia, nell’officina dell’universo e nelle forme che esso produce. La visione di un simile animale araldico dà l’immediata certezza che il potere è una delle chiavi di accesso. Ma come ogni colore esige il suo colore complementare, così anche il potere è una realtà a due facce, che soltanto nell’Altro da sé si accende di una luce davvero illuminante. Come dobbiamo chiamare questo Altro? La bellezza, l’amore? Potrei individuarlo nella felicità; se il potere è il principio maschile nell’universo, la felicità è il principio femminile. Senza quest’ultimo, che lo completa ed equilibra, il potere può divenire terribilmente odioso, come vediamo accadere ai nostri giorni. Come il potere è una chiave, così la felicità è qualcosa da dischiudere e rivelare, un tesoro che giace inesauribile sul fondo dell’universo. Lo conferma l’apparizione di un animale come il falco. Sentiamo nell’intimo che esso non è soltanto splendido: dev’essere anche felice. Deve avere ancora accesso all’intera, indivisa realtà del mondo. Perciò reca i contrassegni del suo stato: è bello, forte e pieno d’energia amorosa come il primo giorno. Sui geroglifici di questo paesaggio è come uno dei punti che concentrano in sè il suo mistero.

Un animale come questo è un belvedere affacciato sull’invisibile, dà grande sicurezza. Il falco sublimato in totem fu segno di consanguineità radicata nel fondamento dell’essere: da essa nacque una immediata conoscenza e venerazione delle creature che nel corso del tempo è andata perduta. Perciò siamo incapaci di prevenire ed impedire l’estinzione dei meravigliosi esseri sopravvissuti sino ai nostri giorni - malgrado - la nostra scienza, o meglio, grazie alla nostra scienza che ha in sé una tendenza all’assassinio. Di qui il massacro sistematico di tutti i grandi, belli e nobili animali del nostro tempo. Il vertice di questa atrocità è rappresentato dalla spietata persecuzione delle balene con aeroplani, apparati radar e stabilimenti industriali galleggianti. Prodigi dell’era primordiale, trastulli di Dio, vengono macinate e triturate trasformandosi in concime di chimico, o le macerano a fuoco lento per farne sapone. La perfezione delle armi rende anche la caccia un atto meccanico, una pura e semplice liquidazione.

Sono queste le ore più cupe, quando si teme che tutto si trasformerà in una succursale dei mattatoi di Chicago o dei campi di lavoro forzati sul Mar Glaciale. Ma poi l’occhio vede un falco come questo e si sente bagnato da fresca rugiada, fortificato da un magico conforto. Esso vive, non soltanto nel suo effimero piumaggio, ma nell’Eternità di cui è testimone. Non soltanto una piccola valle tra le rocce di quest’isola, ma l’intero universo s’intravede dietro il falco. Qui lo spirito intuisce per la frazione di un secondo l’officina ideale, la patria delle forme, il fondamento della creazione. Là arde un fuoco che mai si estingue”.

Se questo ebbe a scrivere Ernst Jünger durante il suo soggiorno nella magica Sardegna che ci ricorda ancor oggi, in molti luoghi, una terra delle origini, il fratello Friedrich Georg Jünger che prese parte al movimento che si denominò “emigrazione interna” con Apollo, Pan e Dioniso così volle significare: (dal retro di copertina) Germania, 1943: nel cuore del Terzo Reich F. G. Jünger pubblica uno studio su Apollo, Pan e Dioniso che eserciterà una influenza decisiva sul fratello Ernst. “Da tempo mio fratello F. Georg ed io”, scriveva, infatti, Ernst Jünger nel 1982 “ci siamo occupati, sia soffrendone che essendone spettatori, del ritirarsi degli dei e dell’avvento dei titani”. Anticipando gli esiti delle ricerche di Hilmann, F. Georg Jünger mostra come l’uomo moderno sia un soggetto “mitopatico” che soffre l’azione degli dei e che ripete lo schema del loro agire. Ecco, allora, che “l’epoca della pianificazione razionale che vorrebbe abbracciare e racchiudere tutto” è ricondotta all’azione intrapsichica di Prometeo, il modello dell’“homo faber” nazista e della sua "hybris" tecnologica che viola e saccheggia la natura.

Tracciando una fenomenologia di tre archetipi divini, Apollo, Pan, Dioniso, lo scrittore assume, quindi, un ruolo guida. Il suo compito è additare ai lettori la via della loro integrazione psichica al fine di liberarli dalla forma di soggettività fanatica, tecnolatrica, distruttiva e sofferente dominante nella Germania hitleriana - e nella nostra contemporaneità- e di dischiudere loro l’accesso a stili esistenziali alternativi. Si profila, così, l’ideale di un soggetto capace di contemplazione apollinea, pieno di timore reverenziale per la Madre Terra e in grado di vibrare all’unisono con la Vita. Poiché “dionisiaco è il traboccare del calice o lo spezzarsi del vetro”.

Nel testo ciascuna divinità è ben contrassegnata, descritta non solo visivamente, ma i suoi attributi, spazi, luci, leggi e musica vengono ben delineati, tratteggiati. Ciascuna divinità abita e irradia gli spazi in modo differente. Acquisire queste emanazioni, renderle vive nelle nostra vita aiuterebbe a ridurre non solo la penuria esteriore del mondo odierno, ma soprattutto a diradare la desertificazione interiore. Abbiamo tutti bisogno di Apollo, Pan e Dioniso nelle nostre vite , se le desideriamo ricche di molteplice venature e sfumature.

Non dimentichiamoci, inoltre, che i pianeti furono costituiti dall’Assoluto e di lui contengono la sua emanazione oltre che i suoi propri attribuiti. Non è un caso che il mondo del mito, par cessare con l’evolversi della tecnologia. Via, via la tecnologia prende l’avvento le divinità paiono ritirarsi. L’uomo frastornato dalla tecnica non è più in grado di cogliere le loro irradiazioni, ma le loro influenze non cessano su di noi. Non siamo più in grado di scorgerle, avvertirle consapevolmente. Non è un caso che si ha la venuta in terra di Gesù Cristo figlio di Dio! L’uomo del mito è terminato! La tecnica lo ha distolto dagli dei. Occorre ora la presenza di Dio in Terra. Fondamentale è a questo punto un’opera di Mircea Eliade quello studioso che insieme a Ernst Jünger diede vita alla rivista di storia delle religioni chiamata "Antaios". Nell’opera "I L MITO DELL’ETERNO RITORNO" vengono proprio presi in considerazione le due fasi in successione. Cambiando fase, passando dal mito alla storia vi è pure la necessità di una differente manifestazione dello Spirito. Il libro di Eliade, uno dei più noti storici delle religioni, studia in questo saggio l’immagine che l’uomo delle società arcaiche si è fatto di se stesso e del posto che occupa nel cosmo. La paragona a quella tipica dell’uomo moderno e spiega che la differenza principale tra l’uomo delle società segnate dal giudeo-cristianesimo consiste nel fatto che il primo si sente solidale con il cosmo e con i ritmi cosmici, mentre il secondo si sente solidale soltanto con la storia. L’analisi di Eliade offre una documentazione ricchissima per gli etnologi, i teologi e i filosofi… E l’opera di Eliade così si conclude:

“In fondo, l’orizzonte degli archetipi e della ripetizione può essere superato impunemente soltanto se si aderisce a una filosofia della libertà che non escluda Dio. È peraltro quello che si è verificato quando l’orizzonte degli archetipi e della ripetizione è stato per la prima volta superato dal giudeo- cristianesimo, che ha introdotto, nell’esperienza religiosa, una nuova categoria: “la fede”. Non bisogna dimenticare che, se la fede di Abramo si definisce in questo modo: “Per Dio tutto è possibile”, la fede del cristianesimo implica che tutto è possibile anche per l’uomo. “Credete alla fedeltà di Dio. In verità vi dico: chiunque dirà a questa montagna: Sollevati e gettati nel mare…, se non dubita nel suo cuore, ma crede che ciò che dice si compirà, questo gli sarà accordato. Perciò io vi dico: tutto quanto domanderete pregando, dovete credere di averlo ottenuto, e questo vi sarà dato” (Mc. 11,22-24). La fede, in questo contesto, come del resto in molti altri, significa l'emancipazione assoluta da ogni specie di “legge” naturale e pertanto la più alta libertà che l’uomo possa immaginare: quella di poter intervenire sullo stesso stato ontologico dell’universo. Essa è, di conseguenza, una libertà creatrice per eccellenza; in altri termini, costituisce una nuova formula di collaborazione dell’uomo alla creazione, la prima, ma anche la sola, che sia stata data dopo il superamento dell’orizzonte tradizionale degli archetipi e della ripetizione. Soltanto una simile libertà (soltanto al di fuori del suo valore soterologico, e quindi religioso in senso stretto) è capace di proteggere l’uomo moderno dal terrore della storia: cioè una libertà che ha la sua fonte e trova la sua garanzia e il suo appoggio in Dio. Ogni altra libertà moderna, per quante soddisfazioni possa dare a chi la possiede, è impotente a giustificare la storia, e questo, per ogni uomo sincero verso se stesso, equivale al terrore della storia.

Si può dire d’altronde che il cristianesimo è la "religione" dell’uomo moderno e dell’uomo storico, di chi ha scoperto simultaneamente la “libertà" personale e il “tempo continuo” (invece del tempo ciclico). È anche interessante notare che l’esistenza di Dio si imponeva con una ben maggiore urgenza all’uomo moderno, per il quale la storia esiste in quanto tale, come storia e non come ripetizione, più di quanto non si imponesse all’uomo delle culture arcaiche e tradizionali che, per proteggersi dal terrore della storia, disponeva di tutti i miti, riti e comportamenti menzionati nel corso di questo saggio. D’altronde, anche se l’idea di Dio e le esperienze religiose che implica, sono esistite fin dai tempi più remoti, esse hanno potuto talvolta essere sostituite da altre “forme” religiose (totemismo, culto degli antenati, grandi dee della fecondità, ecc) che rispondevano con maggiore immediatezza ai bisogni religiosi dell’umanità “primitiva”. Nell’orizzonte degli archetipi e della ripetizione, il terrore della storia, quando si è instaurato, ha potuto essere sopportato. Dalla “invenzione” della fede nel senso giudeo-cristiano della parola (= per Dio tutto è possibile), l’uomo staccato dall’orizzonte degli archetipi e della ripetizione può difendersi ormai contro questo terrore soltanto per mezzo dell’ idea di Dio. Infatti, solamente presupponendo l’esistenza di Dio, può conquistare da una parte la "libertà" (che gli accorda l’autonomia in un universo retto da leggi o, in altre parole, l‘"inaugurazione" di un modo di essere nuovo e unico nell’universo), e dall’altra la certezza che le tragedie storiche hanno un significato tran-storico, anche se questo significato non è sempre evidente per l’attuale condizione umana. Ogni altra situazione dell’uomo moderno, al limite, conduce alla disperazione; una disperazione provocata non dalla sua esistenzialità umana, ma dalla sua presenza in un universo storico nel quale la quasi totalità degli esseri umani vive in preda a un terrore continuo (anche quando non ne è cosciente).

Da questo punto di vista, il cristianesimo si rivela senza possibilità di contestazioni la religione dell’“uomo decaduto”: e questo nella misura in cui l’uomo moderno è irrimediabilmente integrato alla storia e al progresso, e nella misura in cui la storia e il progresso sono una caduta che implica l’abbandono definitivo del paradiso degli archetipi e della ripetizione.

Ma l’uomo post storico, mitopatico, che con consapevolezza riflette sulla creazione, potrebbe arrivare a concepire che l’Assoluto non solo ha creato la terra, ma l’intero universo e vi è un raggio di creazione che si dirama dall’Assoluto in discesa. L’Assoluto è il tutto. Il Tutto, che possiede la piena unità, la piena volontà e la piena coscienza, crea dei mondi all’ interno di se stesso e inizia ad esservi, costituirvi il cosmo. Vi è la volontà dell’ Assoluto nei mondi da lui stesso creati, vi è il mondo degli astri, la Via Lattea, il nostro Sole, il sistema solare, il mondo planetario, la nostra Terra, la vita organica sulla terra, la luna. Il tutto ordinato da leggi armoniche perché frutto di divina intelligenza ordinatrice, da ciascuna parte giungono a noi le Sue influenze che, si diramano attraverso il suo raggio di creazione. Allora non è da escludere che l’uomo post storico, possa non solo concepire il Dio Cristiano, ma anche imparare a decifrare nuovamente quelle influenze planetarie e riconsiderare i cicli cosmici, per ricondursi ad un ordine ed ad una conoscenza oramai quasi del tutto spenta. Si vedrà e inquadrerà il progetto di Dio in modo ancor più ricco e nobile! Apollo, Pan e Dioniso saranno, immagini, influenze di un più ampio disegno divino. Sarà guardare alla creazione sotto una luce diversa… In una prospettiva più ampia ed articolata in cui il ricercatore spirituale è indirizzato per meglio cercare di comprendere il suo percorso, la via per l’Assoluto che comprende leggi ed ordini gerarchici, un rapporto col divino ed in che modo ascendere la scala per riunirsi all’Uno, ma ciò vuol dire anche responsabilità di fronte al Creatore e alla creazione. Non dimentichiamo che il titanismo dirompente - con la sua tecnica - ambisce a porre il suo dominio sempre maggiori su spazi non solo planetari, ma oltre il pianeta Terra. Occorre pertanto riconcepire non solo la spiritualità come rapporto uomo - Assoluto, ma anche con l’universo creato sapientemente dall’ Assoluto! Occorre rinvestigare sul nostro passato per cercare di procedere seminando e non disertificando…

Mario Bosincu: è ricercatore in Letteratura tedesca presso l'Università di Sassari. Formatosi in Italia e Germania, si è dedicato allo studio delle opere di Ernst Jünger nel contesto della rinascita degli esercizi spirituali antichi in epoca moderna e a partire dalla prospettiva junghiana. Per i tipi de Le Lettere ha curato e tradotto i volumi di Ernst Jünger "Autunno in Sardegna" e "La grande Madre, Meditazioni mediterranee"

VIDEO. Friedrich Georg Jünger: Apollo, Pan, Dioniso. Con Mario Bosincu

 

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 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

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