(Adnkronos) - “L’obbligatorietà dell’accordo individuale nella normazione del cosiddetto smart working è controproducente, perché limita la libertà e l’efficacia organizzativa del management e
“La trasformazione in atto nel lavoro - continua Mantovani - ci impone di renderlo davvero smart e di evitare che la normativa serva più a complicare il ruolo che imprenditori e manager hanno nella definizione di una nuova organizzazione del lavoro. Quindi, fissati diritti, tutele e doveri da legge e contrattazione, il ricorso all’accordo individuale deve servire solo a prevedere eventuali condizioni di maggior favore nel rapporto tra azienda e lavoratore e permettere al management di adattare il lavoro alle esigenze di persone e aziende, soprattutto in relazione al tipo di lavoro 'smart' che quel settore e ruolo richiedono. Questo anche per non complicare inutilmente la vita alle pmi e bloccare come troppo spesso accade il loro upgrade culturale e organizzativo. Certo, semplificare non deve far perdere di vista aspetti di diritto e tutela determinanti e quindi va garantita copertura assicurativa Inail a tutti i lavoratori in sw, con procedure semplificate di determinazione del rischio e procedure ridotte al minimo”.
“Usciamo poi una volta per tutte - conclude Mantovani - dall’equivoco di definire smart quello che è solo lavoro a distanza, a casa o in ufficio. Oggi, il lavoro, per essere fonte di benessere e produttività, si deve liberare sempre più spesso dei classici e ormai arcaici vincoli spazio-temporali. Solo così potremmo rendere il lavoro davvero smart prevedendo la necessaria flessibilità in termini di luoghi, tempi e modi nei quali lo si svolge. Anche le parole e il loro significato hanno un peso nel determinare gli ineluttabili e determinanti cambiamenti culturali e comportamentali”.