Covid Italia, Crisanti: "E' ora di fare più tamponi"
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.
20
Sab, Apr

Covid Italia, Crisanti: "E' ora di fare più tamponi"

Salute e Benessere
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times

"Come medico ricercatore sono avverso ai rischi e lo ribadisco. In Italia penso che stiamo via via eliminando tutte le misure di cautela e controllo anti-Covid. E penso che ogni apertura e ogni allentamento debbano essere accompagnati da misure aggiuntive di controllo e sorveglianza. L'Italia lo sta facendo? Vedremo se lo farà. Al

momento, mi sembra evidente che nelle varie Regioni d'Italia non si faccia abbastanza tracciamento. Lo dicono i dati e lo segnalano anche altri colleghi ricercatori che si stanno facendo meno tamponi. Questa è invece la fase in cui bisognerebbe farne di più, perché hanno più effetto e si potrebbero fermare sul nascere pericolosi focolai". Ci sono condizioni da rispettare per evitare che il ritorno graduale alla vita abbia conseguenze che nessuno vorrebbe: ne è convinto il virologo Andrea Crisanti. 

Il direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell'università di Padova insiste sull'importanza del tracciamento proprio ora, e di "non abbassare la guardia, indipendentemente dai numeri delle vaccinazioni che crescono". Basta guardare all'esperienza di altri Paesi. "In Inghilterra - evidenzia all'Adnkronos Salute - i casi sono in aumento. C'è preoccupazione per la variante indiana di Sars-CoV-2 che ha un indice di trasmissione che appare superiore anche a quello della variante inglese, quindi si trasmette più velocemente". Ai primi dati in rialzo, fa notare, "i britannici stanno rivedendo la tabella delle riaperture. Loro la variante indiana la vedono con molta cautela e non sono disposti a prendere nessun rischio". 

"E' chiaro: senza vaccinare contro Covid i ragazzi l'immunità di gregge non si raggiunge" dice all'Adnkronos Salute. "E, sicuramente, rendere il vaccino obbligatorio potrebbe aiutare. Ma per i più giovani io attenderei a parlare dell'ipotesi di un obbligo. E' molto presto e non ci sono abbastanza dati su questa fascia d'età. Serve più tempo". Da un lato, quindi, i freddi numeri che delineano il traguardo dell'immunità di gregge, dall'altro necessità di un tempo più lungo per studiare a fondo i vaccini nei più giovani, anche gli eventuali eventi avversi più rari, e la difficoltà di concepire un obbligo nell'immediato. Ma quanto è vitale raggiungere l'immunità di gregge contro Sars-CoV-2? "Dipende - analizza il direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell'università di Padova - Se si controllano le varianti e si fanno i richiami agli anziani e ai fragili, si può fare a meno dell'immunità di gregge". Crisanti insiste sull'importanza di monitorare le varianti del coronavirus Sars-CoV-2: "Ogni volta che entra in gioco e si diffonde una variante con un indice di trasmissione superiore, si alza anche l'asticella dell'immunità di gregge. Potrebbe succedere ancora. Per esempio con la variante indiana, a giudicare dalle prime informazioni disponibili". 

"L'obbligo per il vaccino anti-Covid potrebbe aiutare - riflette - Però dipende anche molto da come si fa a renderlo obbligatorio. Ad esempio nei bambini l'obbligo, per i vaccini sui quali è al momento attivo, è legato all'ammissione a scuola". Ma per Crisanti è prematuro pensare di aggiungere anche l'anti-Covid all'elenco. "E' molto presto - ribadisce - Non ci sono abbastanza dati sui ragazzi. E ci sono aspetti come alcune segnalazioni di miocarditi" post iniezione con prodotti a mRna, in particolare in under 30, "che sono elementi da non sottovalutare e su cui si devono continuare analisi e approfondimenti per avere un quadro chiaro. Quindi diamo tempo al tempo". 

Un terzo richiamo del vaccino anti-Covid sarà necessario? E se sì quando? Per il virologo Andrea Crisanti "è ancora presto per dirlo". "Non sappiamo quanto dura l'immunità ottenuta col vaccino. Finché non si chiarirà questo non si potrà sapere" se e quando si dovrà fare la terza dose, spiega all'Adnkronos Salute. "Nei guariti sappiamo che l'immunità sicuramente dura intorno a 10-12 mesi. Per i vaccinati nessuno lo può sapere ancora in maniera definitiva. Ci vuole più tempo, e quindi è presto per definire quando sarà necessario fare i richiami", chiosa.  

 

 

Ho scritto e condiviso questo articolo
Author: Red AdnkronosWebsite: http://ilcentrotirreno.it/Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.