Guanciale e Montanari con 'L'uomo più crudele del mondo' all'Ambra
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Gio, Apr

Guanciale e Montanari con 'L'uomo più crudele del mondo' all'Ambra

Spettacoli
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I confini fra male e bene, fra crudeltà e pietà, non sempre sono così netti da definire e individuare con certezza.

Lino Guanciale e Francesco Montanari in
Lino Guanciale e Francesco Montanari in "L'uomo più crudele del mondo" al teatro Ambra Jovinelli di Roma

 

Lo spettatore esce rafforzato in questa considerazione uscendo dal teatro Ambra Jovinelli di Roma dove fino al 11 dicembre è in scena 'L'uomo più crudele del mondo' di Davide Sacco che ne firma anche la regia, con protagonisti assoluti - sul palcoscenico praticamente dall'inizio alla fine senza interruzioni - Lino Guanciale e Francesco Montanari, nei panni rispettivamente di un industriale produttore ed esportatore di armi e di un giovane cronista di un piccolo giornale locale, giunto in fabbrica per intervistarlo.

La scena si svolge in un locale semibuio, spoglio, all'interno di un capannone industriale che appare abbandonato e isolato. Il confronto fra i due assume subito i toni di una sfida, quasi di un duello western. "Lei crede ancora che si possa andare avanti dopo questa notte, che questa vita domani mattina sarà la stessa che viveva prima? Prima dell'alba, uno di noi due sarà morto, ucciso dall'altro", avverte l'industriale noto appunto con l'epiteto di uomo più crudele del mondo, essendosi arricchito sul traffico di armi che porta con sé un corollario di sangue, di lutti e di distruzione. Così, la chiacchierata si trasformerà ben presto in una riflessione sul senso della giustizia e della morale e più in generale sul significato e sui destini dell'umanità.

"Fino a dove può spingersi la crudeltà dell’uomo? Qual è il limite che separa una brava persona da un bestia? A cosa possiamo arrivare se lasciamo prevalere l’istinto sulla ragione? - si chiede il regista Davide Sacco - Queste domande mi hanno guidato durante la stesura del testo e successivamente nella direzione degli attori. Volevamo che il pubblico fosse costantemente destabilizzato e non avesse certezze, che si calasse insieme ai personaggi in un viaggio in cui il rapporto tra vittima e carnefice è di volta in volta messo in discussione, ribaltando ogni prospettiva".

(di Enzo Bonaiuto)

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