Pino Daniele, moglie Fabiola Sciabbarrasi: "Non siamo riusciti a dirci 'ti amo'"
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Sab, Mag

Pino Daniele, moglie Fabiola Sciabbarrasi: "Non siamo riusciti a dirci 'ti amo'"

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"Quello che mi recrimino, è che non abbiamo avuto il tempo di dirci delle cose”. Questa mattina Storie Italiane su Rai1 ha dedicato un lungo ricordo a Pino Daniele, l’indimenticato cantautore scomparso prematuramente il 4 gennaio del 2015.

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Nel corso della trasmissione, tra le immagini e la musica del “Nero a metà” della canzone italiana, è intervenuta ai microfoni di Eleonora Daniele Fabiola Sciabbarrasi, seconda moglie dell’artista, che con lui ha avuto tre figli: “Ho imparato da quello che è accaduto che il tempo è un dono che facciamo, anche alla persona che amiamo. Quello che mi recrimino, è che non abbiamo avuto il tempo di dirci delle cose”, ha detto. “Preferisco ricordare quello che abbiamo condiviso piuttosto che quello che abbiamo perduto poi. Sicuramente il tempo anche di dirci scusa, per i malintesi, i contraddittori. Il tempo di dirci mi manchi, ti amo. Il tempo poi alla fine qualcuno ce lo toglie, poi è troppo tardi. Ma io non ricordo Pino con tristezza, lui era linfa di vita”, ha aggiunto.

“Ho saputo della sua morte nel modo più traumatico”, ha raccontato, “mi ha chiamata Sofia che era in casa dicendomi che il papà non stava bene. Io in quel momento non c’ero. Ho cercato di fare delle cose farneticanti, tra cui contattare il suo medico che non era a Roma. La mia preoccupazione era arrivare in casa prima che i ragazzi sapessero che il papà si era addormentato. Io ero a Siena quella notte, ho percorso Siena-Roma alla velocità del suono e quando sono arrivata, il fatto che fossi tornata appena partita, la mia faccia, i miei occhi, tradivano quello che io non avrei voluto dire. In quell’istante ho capito quanto era importate il tempo".

"Ho pensato che tutto quello che era rimasto insoluto, quello che non era stato fatto, sarebbe stato impossibile adesso - ha sottolineato - La mia preoccupazione erano Sara, Sofia e Francesco senza il loro papà. Noi siamo più strutturati, o crediamo di esserlo, invece siamo anime fragili. Quando Pino è morto Sara aveva appena compiuto 18 anni, Sofia 14 e Francesco 9, era piccolo. Sicuramente lui rincorre la figura del papà, perché lo ha vissuto di meno e mi chiede. Vuole vedere immagini, ascolta canzoni, va a frugare nei repertori…Sento proprio che ha il bisogno di avere quel riferimento.”

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