Shame, a Milano caos e grazia in un set "a vostro rischio e pericolo"
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Shame, a Milano caos e grazia in un set "a vostro rischio e pericolo"

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(Adnkronos) - “Godetevelo a vostro rischio e pericolo”. L’avvertimento sul manifesto del tour ‘Massive Monster’ degli Shame non lascia dubbi: “i tappi per le orecchie sono obbligatori” specificano. E a

ragione. Sul palco la voglia di distruggere e quella di farsi capire vanno a braccetto. Con ‘Cutthroat’, il quarto album in studio, la band di South London ha trovato un punto di equilibrio che funziona: meno sfogo, più consapevolezza, meno rumore e più sostanza. Un disco che scava nelle ossessioni e nel corpo, con un linguaggio più asciutto ma mai addomesticato. “I nostri concerti sono provocatori e crudi” hanno assicurato in passato. E alla Santeria Toscana di Milano, questa dichiarazione prende forma in modo quasi brutale.  

La band, con il suo post-punk che guarda a Fugazi e ai Sonic Youth, è diventata negli anni uno dei nomi più promettenti della scena indipendente inglese. Quando salgono sul palco -in apertura i The Cindy’s- melodia e crudezza si alternano senza sconti, con stoccate punk e una ritmica da incorniciare. Dal frontman Charlie Steen, a petto nudo, in pantaloncini spandex dorati e collarino clericale, ci si aspetta di tutto: potrebbe polverizzare il confine tra palco e pubblico nel giro di un paio di versi. E ci va vicino più di una volta. “Questo è il nostro unico show in Italia, quindi dai, conosciamoci” esordisce. Dietro di lui, la band suona compatta e precisa. Il set si apre con una tripletta dal nuovo album: ‘Axis of Evil’, un inizio al vetriolo che mette subito le carte in tavola. Steen canta come se volesse sfondare le pareti del locale. Pirata e signore, incita la folla e bacia la mano di una ragazza in prima fila.  

Con ‘Nothing Better’ e ‘Cowards Around’, la tensione resta altissima. Il pubblico milanese li segue come un’onda mentre sul palco campeggia la bandiera della Palestina. Su ‘Concrete’ il ritmo si fa più ossessivo e quando arriva ‘Tasteless’, il suono si apre: ogni brano dal vivo esplode davvero, con la sala che urla ogni parola. Da ‘Fingers of Steel’ a ‘Plaster’, il concerto entra nel vivo, con ‘Alphabet’ e ‘After Party’ che alzano il tiro, tra punk-funk, spintoni e sudore.  

La parte centrale si chiude con una doppietta potente: ‘Quiet Life’ e ‘Spartak’, che mostrano la parte più riflessiva e malinconica del set. E poi arriva’ Lampião’, l’anomalia più riuscita di ‘Cutthroat’: un racconto a due lingue, tra folk brasiliano e alt-country. Ed è il brano che descrive al meglio cosa sono diventati gli Shame nel 2025: una band che ormai non ha bisogno di gridare per farsi sentire ma che sa bene come far tremare i muri.  

Tra i brani di ‘Drunk Tank Pink’, il secondo album in studio e i nuovi pezzi, si crea un equilibrio interessante. Nel finale, mentre ‘BiL’ ed ‘Angie’ fanno sognare la platea, ‘Cutthroat’, con la sua corsa violenta e liberatoria, regala una chiusura coi fiocchi: tre minuti di arroganza e groove ruvidi. Gli Shame non sono più la band rabbiosa e instabile dei primi giorni. O forse sì ma hanno imparato a guardarsi da fuori e a dominare il palco. ‘Cutthroat’ è il loro disco più diretto, e questo live alla Santeria ne è la dimostrazione: un’ora e mezza di tensione senza troppi fronzoli. Sono semplicemente gli Shame, per gli amanti del genere un nome da cerchiare in rosso accanto a quello di realtà consolidate della scena post punk contemporanea come Idles e Fontaines D.C. (di Federica Mochi)  

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