Immunità di gregge entro settembre, sì o no? "Secondo me il problema è che, in generale, pensando all'immunità di gregge come unico traguardo stiamo rincorrendo una chimera, qualcosa che probabilmente non ci serve. Con il coronavirus Sars-CoV-2 dobbiamo ragionare in maniera diversa". A spiegarlo all'Adnkronos Salute
"Per esempio - precisa l'esperto - con il morbillo è necessario raggiungere una percentuale di copertura del 95% e si riesce a debellare il virus. Con Sars-CoV-2 noi dobbiamo pensare principalmente ad alcune categorie, come gli ultrasessantenni e i fragili, e in queste dobbiamo tendere a una copertura al 100%, o almeno al 95%, perché coprirle al 70% sarebbe un fallimento e sarebbe dunque un errore pensare all'immunità di gregge per loro, perché avremmo lasciato scoperto un terzo di questi soggetti e ci ritroveremmo con un fronte debole in autunno".
Sul resto della popolazione, prosegue Bassetti, "invece possiamo ragionare in termini di immunità di gregge. E avere una copertura per almeno il 60-65% dai 65 anni in giù può avere un senso. E' difficile dunque da concepire il concetto dell'immunità di gregge per questo virus, come lo abbiamo pensato invece per altre patologie, per esempio morbillo e polio". C'è anche un altro aspetto da considerare, aggiunge l'infettivologo: "Non dimentichiamo che ora stiamo parlando solo di popolazione italiana, ma noi viviamo nel mondo e a livello globale dobbiamo guardare agli altri Paesi: l'Africa, per esempio, che coperture ha adesso? Vista la situazione, dobbiamo tendere alla copertura dei più fragili e negli altri gruppi puntare al 60-65%, che non si può raggiungere se non vacciniamo tutti, anche le fasce d'età più giovani", conclude l'esperto.