“Nella scelta della pena, come nell’aggravante dell’articolo 416, questa Corte ha tenuto conto del ruolo svolto da Salvatore Buzzi, unitamente a Massimo Carminati, di vertice e organizzatore della compagine associativa semplice collegata alla gestione delle cooperative, orientandone le scelte e le numerose condotte illecite in
“La figura criminale di Buzzi si caratterizza – proseguono i giudici - per aver pesantemente influenzato ed inquinato l’agire pubblico per anni creando una compagine associativa comprendente personaggi anche di primo piano della vita pubblica, coordinandone l’azione criminale nel perseguimento di numerosi reati-fine per i quali è stata definitivamente accertata la sua responsabilità (sedici episodi corruttivi, sette di turbativa d’asta, uno di traffico di influenze illecite e uno di trasferimento fraudolento di valori)”.
“L’episodio criminoso di organizzatore è eccezionalmente grave (…) perché l’agire è diretto alla surrettizia gestione della macchina amministrativa degli appalti dell’ente locale della città Capitale del Paese – si legge - sfruttando le grandi capacità possedute di insinuarsi, con regole spartitorie, qualunque fosse il colore politico dell’amministrazione locale”.
“Solo per inciso notiamo che Salvatore Buzzi non compie alcuna attività per escludere concorrenti, reali o potenziali, dalla competizione e neppure per condizionare la scelta della commissione aggiudicatrice: alla fine Buzzi ha sfruttato un sistema (ma neppure questo è certo quanto alla misura realizzata dallo sfruttamento) in senso lato politico, fors’anche censurabile sul piano della corretta gestione amministrativa e politica, ma penalmente irrilevante”, scrivono i giudici.
“Si può ovviamente formulare qualsiasi giudizio si voglia in merito all’agire politico ispirato a logiche spartitorie – sottolineano i giudici - ma tale giudizio rimane per l’appunto un giudizio politico: non spetta ad un processo una sorta di opera moralizzatrice, ispirata peraltro ad un angolo visuale ovviamente soggettivo, dell’agire politico, bensì quella di verificare se una determinata condotta sia riconducibile ad una figura astratta di reato e quindi sanzionabile”.
“La Corte non è certamente così ingenua da non rendersi conto del fatto che Buzzi si inserisce in un contesto operativo di tal fatta, ma il problema è che non viene individuata alcuna condotta costituente violazione di segreto di ufficio. Né – concludono i giudici nelle motivazioni - viene individuato alcun comportamento che abbia come esito quello di interferire, condizionandone i risultati, con l’attività procedimentale che governa la materia e realizzata dai competenti organi amministrativi”.