Il pugile 'rimosso' perché ebreo Leone Efrati in 'La piuma del ghetto'
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Sab, Apr

Il pugile 'rimosso' perché ebreo Leone Efrati in 'La piuma del ghetto'

Cultura
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Un campione ritrovato. Una vittima dell'Olocausto, inghiottita in un campo di concentramento, dispersa nella memoria. Un pugile, un peso piuma di grande cuore, amato e seguito in Italia fino al varo delle leggi razziali, che viene cancellato e dimenticato fino ai primi anni del 2000.

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E' la storia di Leone Efrati, il pugile che nel 1938 sfiorò il titolo mondiale negli Stati Uniti, la cui storia venne rimossa dai giornali e dagli annuari per il solo fatto di essere ebreo. Storia che ora il giornalista e scrittore Antonello Capurso racconta nel libro 'La piuma del ghetto. Leone Efrati, dalla gloria al campo di sterminio' pubblicato da Gallucci.


Efrati, dopo quell'incontro del 1938, poteva restare negli Usa. Era apprezzato e sostenuto e, Oltreoceano, sarebbe stato protetto. Ma, benché fossero state varate le leggi razziali, tornò a Roma per essere vicino alla moglie Ester e alla famiglia. In un certo senso, questa scelta fu la sua condanna. In Italia, infatti, venne tradito e consegnato ai nazisti. Lo deportarono ad Auschwitz e poi a Ebensee/Mauthausen dove una squadra di Kapò e di SS lo massacrò di botte per aver difeso il fratello.

Efrati, dice all'AdnKronos Capurso, “prima delle leggi razziali era uno dei pugili che il Littoriale, il nome che aveva preso il Corriere dello Sport con il Fascismo, portava in palmo di mano. Tutti i suoi incontri erano seguitissimi. Andò a combattere negli Stati Uniti per il titolo mondiale nel dicembre del 1938. Da noi erano appena uscite le leggi razziali. L'incontro fu raccontato per radio in diretta negli Usa ma in Italia sui giornali non se ne parlò, ne uscirono zero righe. Era arrivata la disposizione da parte del partito nazionale fascista secondo la quale i giornali sportivi non si dovevano occupare più dei pugili ebrei”. Nonostante tutto, però, rientrò in Italia vivendo “con i proventi acquisiti grazie alla sua attività pugilistica e chiedendo di poter combattere. Permesso che non gli venne accordato. Tutto precipitò nel 1943 quando arrivarono i nazisti. Abbiamo scoperto che fu partigiano, si era iscritto alla brigata Vespri, quella che collaborò alla liberazione di Pertini e Saragat da Regina Coeli. Si era iscritto nel 1944 ma lo arrestarono prima che entrasse in azione”.

“Quando arrivò a Ebensee – ricorda Capurso – iniziò a combattere contro i pugili più grandi e grossi di lui. Questo perché i nazisti e i Kapò, per divertirsi, organizzavano degli incontri di pugilato nei campi di concentramento. Si scommetteva sui vari contendenti. Si mettevano a confronto, ad esempio, un pugile piccolo di statura e uno alto e si vedeva chi vinceva. Efrati vinceva sempre perché tecnicamente era superiore agli altri. Ad ogni vittoria otteneva un pezzo di pane. In uno di questi combattimenti, che vinse, si confrontò con quello che veniva definito il campione di Auschwitz, un pugile enorme, sul quale avevano scommesso i Kapò polacchi. Sconfitti, i Kapò tesero un agguato al fratello di Efrati che lo difese. Per questo i nazisti lo ammazzarono a bastonate”.

Dopo la morte, nel 1944, si perse la memoria di Leone Efrati. Con le leggi razziali era stato cancellato dagli annuari, la federazione di boxe lo radiò, il ricordo della sua vita andò disperso. Nel 1947 sarà un bambino, il figlio Romoletto che si era salvato dalle persecuzioni, “a rendere giustizia al papà Leone. Testimoniò a suo favore durante il processo contro i cacciatori degli ebrei. Una testimonianza incredibile”. La sua vicenda venne riscoperta all'inizio degli anni 2000, conclude Capurso, “perché un vecchio pugile trovò casualmente nel magazzino dell'Audace, la palestra dove si allenava insieme a Efrati, la valigetta con le iniziali nascoste dello stesso Efrati. L'aprirono e trovarono i suoi guantoni, gli scarpini e il caschetto". Cominciò così la riscoperta della vicenda di Leone Efrati, il grande pugile dimenticato.

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Author: Red AdnkronosWebsite: http://ilcentrotirreno.it/Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.