Jia Ruskaja, luci e ombre sulla danzatrice del duce
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06
Lun, Mag

Jia Ruskaja, luci e ombre sulla danzatrice del duce

Cultura
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Esotica, affascinante, volitiva, diva del cinema muto prima di essere amata dalle star del futurismo, da Balla a Depero, a Prampolini.

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La danzatrice e coreografa di origine russa Jia Ruskaja

 

Natali russi e illustri (era nata a Kerc, in Crimea, figlia di un ufficiale dell’esercito dello zar), fuggì adolescente dalla Rivoluzione di Ottobre attraverso il Mar Nero, Costantinopoli, la Grecia, l’Egitto per approdare in Inghilterra. Aveva solo 18 anni e in una intervista dichiarò convinta: “E’ un romanzo la mia vita… e sono così giovane”. Gianluca Bocchino, giovane ricercatore e musicologo, ha dedicato oltre 5 anni di studi e accurate indagini su fonti e materiali inediti per decriptare l’enigma Jia Ruskaja, ‘Io sono russa’, fondatrice dell’Accademia Nazionale di Danza, unica istituzione coreutica in Italia, con il prezioso volume ‘Jia Ruskaja. La dea danzante’, sostenuto dal Mic- Spettacolo dal Vivo.

"Diva e icona glamour della danza libera italiana, Evgenija Fedorovna Borisenko, questo il suo vero nome, ha saputo instaurare, nel corso della sua esistenza, rapporti pubblici e privati con le maggiori personalità della cultura coreutica, artistica e politica nazionale e internazionale – ha raccontato all’Adnkronos Gianluca Bocchino- Pur non essendo una danzatrice di formazione, ha sempre percorso con disinvoltura gran parte degli anni del Futurismo, per ritrovarsi regina della danza del ventennio fascista, con disappunto e sdegno di una parte della critica militante. Eppure- ha aggiunto l’autore – non senza qualche difficoltà Jia Ruskaja è riuscita a superare la seconda guerra mondiale ritrascrivendo la sua e le altrui vite nel solco degli anni repubblicani come dimostrano le foto che la ritraggono accanto ai ministri Martino, Andreotti, Moro nei giardini dell’Accademia Nazionale di Danza sull’Aventino, quest'ultimo, accanto alle figlie”.

Coreografa e danzatrice (le sue creazioni si ispiravano alla Grecia antica e a Isadora Duncan, piedi nudi, senza le ingombranti scarpette da punta), direttrice a Milano della Scuola della Scala, matrimoni che contano. Con un ufficiale dell’esercito inglese, da cui ha un figlio, con il nobile scultore tedesco Herbert von Kedermann- Wartheber, con il direttore del Corriere della Sera, Aldo Borelli, con cui formerà una delle coppie più influenti e acclamate, sempre in prima fila nei salotti intellettuali e mondani di via della Spiga. Ma perché Jia Ruskaja scelse proprio la danza per affermarsi in ambiti mondani e culturali? “Semplicemente perché era il linguaggio più semplice da adottare – ha risposto Bocchino- Aveva tentato con il cinema, ma il suo forte accento russo le avrebbe impedito di sfondare sul grande schermo. Il messaggio del corpo era sicuramente quello più immediato, in particolare quello della danza libera così in voga in quegli anni. Sfidò se stessa, la cultura imperante di quegli anni, entrò a gamba tesa nella ‘singolar tenzone’ e vinse”.

Certo Jia Ruskaja aveva un fiuto particolare e sapeva circondarsi di tutte quelle personalità che contavano, soprattutto quelle che detenevano il potere politico e culturale, ma anche quello religioso. “Era una donna intelligente, perseguiva obiettivi e sapeva portare a termine progetti, non amava improvvisare – ha proseguito Bocchino- Seppe sfruttare la sua bellezza, e colmare quei vuoti che esistevano in Italia, soprattutto in ambito tersicoreo. Indubbiamente in quegli anni l’allora governo fascista la aiutò e la sponsorizzò, come dimostra il suo libro con dedica a Mussolini, ‘La danza come modo di essere’, che recentemente ho trovato in una piattaforma on line al prezzo di 8mila dollari".

L’opera di Gianluca Bocchino ricostruisce le tappa di una carriera insolita e folgorante, lungimirante per l’epoca. La creazione di una scuola, l'Accademia Nazionale di Danza, dove educare le nuove generazioni al bello e al ballo, la nascita di una Fondazione a sostegno delle fanciulle meno abbienti, delle ex danzatrici sole e a riposo, la richiesta all’allora ministro Bottai della ‘concessione di un diploma ministeriale di abilitazione all’insegnamento della danza ad ogni allieva ‘licenziata’ dal Corso di Perfezionamento’, una istituto interno per far studiare le allieve dell’Accademia. Accanto ad una interessante bibliografia, Gianluca Bocchino ha ricostruito pazientemente la cronologia dei suoi spettacoli (centinaia), citando e ricordando quell’universo di sperimentazione e entusiasmi, ma anche tutti quegli amici, colleghi, amanti, mariti che accompagnarono la sua ascesa (tra gli altri, Curzio Malaparte, Anton Giulio Bragaglia con il suo Teatro degli Indipendenti, Ettore Romagnoli che la scritturò per le Rappresentazioni Classiche di Siracusa, Trilussa, Palazzeschi che le dedicarono poesie e componimenti).

Corredano l’opera immagini inedite, mai pubblicate, quelle firmate in particolare da una diva dell’epoca, la fotografa ungherese Ghitta Garrel. Ma cosa rimane a quasi 80 anni dalla Fondazione dell’Accademia di Danza? Quali le luci, quali le ombre Bocchino? “Il mio lavoro vuol essere anche una riflessione, uno spaccato politico e sociale della cultura a cavallo tra gli anni ’30 e ‘60. Jia Ruskaja ha vissuto come una leonessa, volitiva e sensuale, altera e magnanima, ‘madre’ orgogliosa, a volte autocrate, ma sempre generosissima nei confronti delle allieve predilette, dalla Penzi, alla Calizza, alla Zoppolato, a cui lasciò in eredità i suoi più bei gioielli – ha risposto Bocchino- Rimangono gli interrogativi legati per esempio al suo immenso patrimonio scomparso, dilapidato… Da chi? E poi il matrimonio con il potente e innamorato direttore del Corriere della Sera, il divorzio improvviso, forse per favorire l’ascesa dell’ex signora Borelli, che dopo il Fascismo riuscì, sembra, a nascondere il marito in uno dei conventi sull’Aventino, o quella clausola a proposito dell’Opera dell’ Accademia Nazionale di Danza, come scritto di suo pugno… ‘qualora l’opera non potesse o comunque non ne osservasse puntualmente e diligentemente gli onori precisati dispongo che l’eredità sia devoluta al Teatro Bolshoi di Mosca’”.

Interrogativi che meritano altri saggi, nuovi studi a cui forse risponde in parte il giornalista e scrittore Francobaldo Chiocci, che ha conosciuto e lavorato accanto alla Ruskaja, autore della prima biografia dedicata alla Fondatrice dell'Accademia Nazionale di Danza, che nella postfazione al libro di Gianluca Bocchino scrive: "Chi sia Jia Ruskaja ancora oggi resta arduo spiegarlo. Molta fama di questa enigmatica, affascinante ma controversa suscitatrice di ammirazione e ostilità, resta avvolta in un aggrovigliato mistero artistico e esistenziale, che però è doveroso scrutare. Se non altro per riscoperta e riconoscenza verso il personaggio più complesso, poliedrico, creativo e innovatore emerso nel secolo scorso dal mondo italiano della danza".

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Author: Red AdnkronosWebsite: http://ilcentrotirreno.it/Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.