Una strana sensazione di disagio ci accompagna. Una sensazione che ci impedisce di vedere la chiave, il senso del presente del quale avvertiamo solo lo scorrere e il naufragare. Ci opprime come se fossimo sotto una cappa, quella cappa amplificata dalla pandemia che si traduce in restrizioni sociali, civili, ideologiche e culturali.
"Gli obblighi e i divieti sanitari diventano inibizioni e controlli, trasferendosi ad altri ambiti, fino a farsi regime". Lo scrive Marcello Veneziani in 'La Cappa. Una critica del presente', uscito per i tipi di Marsilio (pp. 304 in brossura, 18 euro), che dà una lettura critica dell'attuale società passata da 'aperta' a 'coperta', che ci ingabbia in un sistema che controlla e opprime. "Una Cappa ci opprime, la sua densità ci impedisce di vedere oltre, di leggere dentro, che poi vuol dire essere intelligenti; di essere vivi a pieno respiro", scrive Veneziani.
Questa cappa, secondo lo scrittore, non ha un colpevole, benché molti lo cerchino magari additando poteri forti o occulti. Per comprenderla occorre risalire "a una condizione umana, epocale, fisica e metafisica. Non c’è un caput, un colpevole o una cricca di colpevoli a cui far risalire tutto, non c’è un disegno o una centrale che dispone le sorti in una specie di pianificazione nefasta, il Gran Complotto dei demiurghi malefici che comandano il mondo", scrive Veneziani. Questa cappa "si allarga e si riproduce da sé, in un processo automatico che si autorigenera, per espansione, emanazione e reazione a catena", utilizzando certamente del "personale di servizio, gli impiegati di concetto e gli operai che lavorano per conformarci alla Cappa. Ma sono funzionari e inservienti, esecutori, più che artefici e registi". E la crisi sanitaria "ne ha ampliato e accelerato il corso".
Tuttavia questa "Cappa ha un corrispettivo quando scende a livello umano e terrestre: si può definire la Cupola in gergo ecclesiastico-mafioso. È il ceto dominante che sovrasta la società; i vertici della finanza, della tecnica, dei social media, della salute, dell’industria, dell’alta burocrazia e delle istituzioni o che esercitano l’egemonia sulla cultura e le accademie, lo spettacolo e la comunicazione. Anche la politica è sovrastata da una Cupola fissa, non elettiva. La casta, la classe, la nomenklatura sono sue ulteriori figurazioni e propaggini", osserva Veneziani, che fa un ampio excursus da Platone a Tocqueville i quali "colsero i segnali" della cappa.
"Il filo conduttore di queste pagine - spiega lo scrittore - è 'pensare il presente', esercizio necessario ma assai raro. Non basta viverlo, occorre pensarlo. Gli ambiti che affrontiamo sono la Natura, i Sessi, la Salute, la Storia, il Pensiero, il Correct, il Global, la Sorveglianza, il Bioliberismo, la Religione, infine la Mutazione. Non citeremo persone ma pensieri, non fatti ma processi, tendenze non dati, non sontuose bibliografie ma idee e mentalità".
Ma c'è un proposito finale nell'analisi di Veneziani? "Sarebbe bello suonare la carica, invocare il risveglio dei popoli e della politica, ma suonerebbe falso", avverte lo scrittore e filosofo di Bisceglie. L'unico strumento che abbiamo, afferma, è la spada dell'intelligenza "che salva o almeno perfora la Cappa asfissiante. Puerile immaginare rivoluzioni, ribaltamenti radicali; ma stupido è rifiutarsi di capire, non denunciare, farsi complici". E conclude: "Se non possiamo cambiare il mondo cambiamo almeno il nostro sguardo su di esso, la consapevolezza di vivere e il modo di essere al mondo. La spada, questo reperto nobile e belluino, decisamente inadeguato al nostro tempo, anche se può farsi laser, combatte i mostri e i draghi del nostro tempo che si fanno clima e Cappa e annebbiano il mondo e le nostre menti".