Ostaggi Israele, il negoziatore di Shalit: ''In contatto con Hamas, priorità è rilascio civili"
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07
Mar, Mag

Ostaggi Israele, il negoziatore di Shalit: ''In contatto con Hamas, priorità è rilascio civili"

Esteri
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(Adnkronos) - Negoziare il rilascio di ''donne, bambini, anziani e malati tenuti in ostaggio'' da Hamas nella Striscia di Gaza dopo l'attacco a Israele, perché ''deve essere la priorità assoluta salvare il maggior numero di vite

possibile''. E farlo concedendo ''un cessate il fuoco temporaneo, prima dell'incursione di terra a Gaza, perché poi sarà praticamente impossibile negoziare uno scambio di prigionieri o il rilascio dei civili''. Questo dovrebbe fare Israele per avere indietro, o almeno provare a riabbracciare le circa 200 persone catturate da Hamas lo scorso 7 ottobre, tra cui una trentina di bambini e una ventina di anziani. ''In questo momento non sono in corso negoziati attraverso canali ufficiali'', spiega all'Adnkronos Gershon Baskin, l'attivista pacifista israelo-americano che sta ''parlando con Hamas'' e il cui ruolo, da mediatore non ufficiale, è stato fondamentale per il rilascio del soldato Gilad Shalit, più di 10 anni fa.  

In quell'occasione Baskin riuscì ad aprire un canale segreto con Hamas e a riportare a casa Shalit, tenuto in ostaggio per cinque anni e quattro mesi nel seminterrato di un'abitazione nella Striscia di Gaza. In cambio di Shalit Israele rilasciò 1.027 detenuti palestinesi, ma questa volta secondo Baskin ''non credo Hamas voglia il rilascio di detenuti per i civili. Per tre volte, con tre diverse voci, hanno detto di volere un cessate il fuoco in cambio della liberazione dei civili in ostaggio''. 

Ora, afferma, ''sto parlando con alcuni contatti di Hamas, con uno dei fondatori a Gaza e con il principale interlocutore del negoziato per Shalit'', spiega, ma ''la situazione è completamente diversa da quella di Gilad. Lui era una sola persona, un soldato'' e ''lo hanno trattato molto bene, era considerato un soggetto sensibile e di valore'', mentre questa volta ''sono centinaia di ostaggi'' e ''sono sparsi per la Striscia di Gaza''.  

Inoltre ''sappiamo che non sono tutti in mano di Hamas, ma anche della Jihad Islamica, del Fronte popolare per la liberazione della Palestina e di cittadini comuni che hanno singolarmente preso in ostaggio civili israeliani''. Quello che Baskin, ''stanco, arrabbiato e triste'', sta cercando di fare è far arrivare un messaggio, ai miliziani di Hamas, ovvero che ''è contrario al Corano e all'Islam tenere in ostaggio donne, bambini, anziani e malati. Per cui quello che stanno facendo è contrario alla loro stessa religione''. A Israele, invece, l'ex editorialista del Jerusalem Post sta chiedendo di negoziare direttamente con il Qatar, che potrebbe svolgere un ruolo importante, ''ma gli israeliani non lo stanno facendo. Chiedono a Washington di parlare a Doha per conto loro''. 

Proprio nelle scorse ore Baskin ha ''chiesto a un leader di Hamas a Gaza cosa pensano di fare con gli ostaggi che definiscono 'soldati', che probabilmente sono giovani, donne e uomini, e lui mi ha detto che i negoziati per loro avverranno in un secondo momento''. E questo perché, hanno fatto sapere da Hamas, nel caso dei 'soldati' ''il loro obiettivo è quello di ottenere la liberazione di tutti i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, che sono oltre settemila persone''. Ma ''quello che dovrà fare Israele per questi ostaggi sarà tentare di salvarli durante operazioni militari, dopo che inizierà l'operazione di terra'' nella Striscia di Gaza, ritiene. 

Un'altra differenza rispetto all'operazione che portò al rapimento di Shalit è che, spiega Baskin, lui era stato ''catturato in una operazione condotta da una forza militare contro una base dell'esercito durante la quale sono stati uccisi due soldati'' israeliani e ''un soldato è stato preso''. Ma ''questa volta si tratta di terrorismo, quello che hanno fatto sabato 7 ottobre è comportarsi come l'Isis. Hanno bruciato delle persone vive, hanno ucciso neonati, anziani. Sono andati a un festival di musica e hanno ammazzato 207 persone. Questo è un atto di terrorismo''. Quindi ''è molto diverso dal caso Shalit ed è l'evento più drammatico nella storia di Israele''. Ed è per questo, afferma il fondatore del Centro per la ricerca e l'informazione Israele/Palestina (Ipcri), che dopo il massacro subito ''Israele non permetterà più a Hamas di governare territori vicino al confine israeliano'' e ''non riesco a immagine uno scenario in cui Hamas continui a restare a Gaza''. 

Quella sferrata da Hamas sembra quindi un'operazione suicida, che porta il futuro del gruppo in bilico. ''Se non sarà la fine di Hamas, il popolo di Israele si rivolterà contro il proprio governo come mai prima d'ora'', afferma l'analista. ''Le persone che vivono vicino al confine con la Striscia di Gaza per anni sono state educate ad aprire le porte per dare lavoro ai palestinesi provenienti dall'enclave e a contribuire allo sviluppo economico di Gaza'', ma ''le persone che vivono a Gaza e lungo il confine dalla parte palestinese sono state istruite dai loro leader a 'uccidere il maggior numero possibile' di israeliani'' e ''il trauma che ne deriva è enorme''. Baskin ricorda che si stima che siano ''1.400 le persone uccise'' da Hamas nel sud di Israele e ''ogni giorno c'è un funerale, ogni giorno scoprono e identificano altre vittime. E non si sa dove siano gli ostaggi, e come stiano. Ogni giorno vediamo foto di ostaggi o leggiamo loro storie''. Dopo quello che è successo ''non credo neanche che gli israeliani vogliano vendetta, o forse sì la vogliono, ma ancora di più vogliono essere in grado di vivere''. 

Per anni impegnato in colloqui con Hamas per raggiungere un cessate il fuoco duraturo, ''cessate il fuoco che Hamas ha chiesto tre volte in questi giorni in cambio degli ostaggi civili'', Baskin ritiene che ''ora è arrivato il momento per Israele di comprendere che non si può vivere in pace se tiene un altro popolo per 56 anni in uno stato di assedio. Non si possono tenere 2,2 milioni di persone in una prigione a cielo aperto a Gaza e sperare di vivere in modo tranquillo''. Per cui, ''è ora che i palestinesi di Gaza riconoscano che Israele ha diritto di esistere qui e che gli israeliani si rendano conto che non possono occupare la popolazione palestinese e allo stesso tempo aspettarsi di vivere in pace''. L'attivista ritiene che ci sia ''bisogno di accettare che ci sono due popoli''. 

Quando nel marzo del 1988 ha fondato l'Ipcri, Baskin aveva proprio in mente che soluzione del conflitto israelo-palestinese si dovesse raggiungere sulla base di "due Stati per due popoli". Oggi, dice, ''non so se ci vogliono due stati, forse ce ne vogliono tre o dieci, questo non importa. Ciò che conta è riconoscere che tutti hanno gli stessi diritti, non c'è uno che ha più diritto di un altro ed entrambe le parti devono riconoscere il diritto dell'altro a esistere''. In particolare, ''gli israeliani devono capire che i palestinesi hanno diritto di vivere in modo dignitoso, rispettoso e hanno diritto di avere un futuro, una possibilità di vivere una vita decente''. Secondo Baskin, quello di cui si ha bisogno è ''una nuova generazione di leader, sia israeliana sia palestinese''. Perché quella attuale ''da entrambe le parti è responsabile della situazione attuale e quindi va spazzata via''. E alla comunità internazionale chiede di essere ''seria'' in questo. ''Il mondo e soprattutto la maggiore parte dei Paesi europei, come anche l'Italia, chiedono da 25 anni una soluzione a 'due popoli per due stati' e poi riconoscono un solo Stato. Perché? Perché l'Italia non riconosce uno stato palestinese?'', si chiede. 

''Abbiamo bisogno di nuove persone, nuove voci, nuovi sogni, nuove speranze, nuove visioni'', ribadisce. Persone che abbiano ''la capacità di vivere insieme''. Questo ''non avverrà in un momento, è un processo e ci vuole tempo, ma il tempo è arrivato'' perché ''per i palestinesi è la Nakba, una catastrofe'' mentre ''per gli israeliani è stato il trauma peggiore dalla nascita di Israele, è stata infranta la nostra sicurezza, la nostra vita, la nostra storia''. Per l'analista ''non è stato come l'11 settembre'' per gli americani, ''è dieci volte l'11 settembre''. E ''ora bisogna dire basta con tutto quello che è stato prima''. Per cui ''è necessario che gli israeliani e i palestinesi siedano allo stesso tavolo e decidano il loro futuro'', che siano due stati o ''una federazione, una confederazione, l'importante è che ci sia un contorno politico. E che siano riconosciuti gli stessi diritti fondamentali, questa è la base''. 

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Author: Red AdnkronosWebsite: http://ilcentrotirreno.it/Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.