Papa Francesco al Tg1, le reazioni dall'estero: bene su antisemitismo, ora troppo presto per soluzione politica
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Papa Francesco al Tg1, le reazioni dall'estero: bene su antisemitismo, ora troppo presto per soluzione politica

Esteri
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(Adnkronos) - Numerose le reazioni dall'estero alle parole del Papa Francesco intervistato ieri dal direttore del Tg1 Gianmarco Chiocci. La Commissione Europea condivide la preoccupazione del Pontefice per la crescita dell'antisemitismo in

Europa, favorita dal conflitto tra Israele e Hamas. "Gli episodi di antisemitismo - spiega all'Adnkronos un portavoce dell'esecutivo Ue - sono di nuovo in aumento, anche in Europa, e questo è inaccettabile".  

La Commissione, ricorda il portavoce, "è fermamente contraria a ogni forma di antisemitismo. L’antisemitismo è incompatibile con i valori fondamentali e i principi europei su cui si fonda l'Ue. È nostra responsabilità condivisa assicurarci che il nostro passato oscuro non ritorni: dobbiamo proteggere la vita ebraica in Europa. E' una parte fondamentale della strategia dell’Ue sulla lotta all’antisemitismo e sulla promozione della vita ebraica (2021-2030), adottata nel 2021. Gli Stati membri si sono impegnati a proteggere meglio le comunità e le istituzioni ebraiche in una dichiarazione del Consiglio adottata nel 2018".  

Per dar seguito a quella dichiarazione, continua il portavoce, la Commissione "ha istituito un gruppo di lavoro con le autorità degli Stati membri e le comunità ebraiche. Per sostenere gli sforzi degli Stati membri, la Commissione fornisce anche finanziamenti comunitari per proteggere meglio gli spazi pubblici e i luoghi di culto. Dobbiamo, inoltre, continuare a essere molto vigili su tutti gli altri crimini ispirati dall’odio. Esortiamo il Consiglio - conclude - ad accettare la proposta della Commissione di aggiungere l’incitamento all’odio e i crimini generati dall'odio all'elenco dei delitti Ue". 

Anche l'Ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Raphael Schutz condivide "la preoccupazione del Papa riguardo all'ondata di antisemitismo". Per quanto riguarda invece la soluzione di "due popoli, due stati", Schutz spiega che "in questo momento parlare di qualsiasi soluzione è fuori contesto". L'obiettivo immediato, sottolinea Schutz, "dovrebbe essere quello di rendere di nuovo sicura la vita dei cittadini israeliani, ovunque nel territorio israeliano e soprattutto nelle zone di confine attorno alla Striscia di Gaza e al confine con il Libano, dove sono sfollate circa 250.000 persone. In una fase successiva si potrebbe e si dovrebbe discutere una soluzione politica", conclude l'Ambasciatore israeliano presso la Santa Sede. 

"Ho apprezzato molto le parole di Papa Francesco, che non è solo il più alto rappresentante della Chiesa Cattolica, ma la persona più importante del mondo", commenta l'Ambasciatrice palestinese di Abeer Odeh. Il Pontefice "ha voluto sottolineare le cause della questione palestinese, rilanciando la necessità di due Stati per due popoli, se si vuole la pace". "Quello che sta succedendo in questi giorni è terribile, la logica della guerra è una sconfitta per tutti e non ci si può abituare all’orrore, ha detto il Papa", prosegue l'ambasciatrice che ricorda che "Francesco è in contatto con le comunità cristiane in Palestina e ha visto le immagini dei bambini di Gaza massacrati, che rappresentano quasi la metà dei morti e sono più di 3.650, senza contare le centinaia ancora sotto le macerie". "Non poteva restare insensibile di fronte a tanta ingiustizia, che vede il popolo palestinese, già vittima dell’occupazione, spazzato via con una pulizia etnica che equivale a un genocidio", conclude poi Odeh.  

Papa Francesco, sottolinea Miguel Diaz, ex ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, "ha riposto la sua fiducia nel fatto che la saggezza umana prevarrà per superare il terrorismo e la perdita di vite innocenti causata dalle armi da fuoco e dalle armi di distruzione di massa", aggiunge Diaz sottolineando che "Papa Francesco ci ha invitato a rivolgerci agli angeli migliori della nostra natura umana". "Come padre, educatore, ed ex ambasciatore, credo che sia giunto il momento di ascoltare nuove ricette per la costruzione della pace, e in particolare, la saggezza che viene dai nostri giovani", continua Diaz che ora è docente alla Loyola University Chicago, ricordando che quando era a Roma come ambasciatore iniziò ad accompagnare un gruppo di studenti universitari provenienti da varie aree di conflitto nel mondo a Rondine, Cittadella della Pace in Toscana", un'esperienza che si è trasformata in un programma di risoluzione di conflitti, come spiega nel libro "The Rondine Method: A Relational Approach to Conflict"".  

"Sostengo con tutto il cuore Papa Francesco nel suo desiderio che la saggezza umana prevalga, e spero che possiamo ascoltare giovani leader come quelli di Rondine - conclude Diaz ricordando che nel 2018 Papa Francesco ha ricevuto i rappresentanti del Metodo Rondine - che hanno imparato a superare i muri sociali, politici e religiosi, trasformando i cosiddetti "nemici" in vicini amichevoli per il bene della salute integrale di quella che Papa Francesco chiama la nostra Casa Comune".  

Per l'ex ambasciatore di Israele in Italia e in Francia, Avi Pazner "prima di costruire una vita comune con i palestinesi dobbiamo eliminare il pericolo Hamas. Prima di parlare di una possibile futura soluzione alla crisi dobbiamo difendere la vita dei cittadini di Israele. "Il Papa ha un grande autorità morale - afferma Pazner - ha menzionato la possibilità di una convivenza, però purtroppo la situazione qui è un po' diversa da quella ideale. Noi siamo stati attaccati il 7 ottobre scorso da tremila terroristi che hanno attraversato il confine. Terroristi di 'Hamas-Daesh': si chiamano Hamas, si comportano come Daesh. Ci hanno attaccato senza ragione".  

"Siamo minacciati fisicamente", prosegue l'ex ambasciatore in Italia, sottolineando: "anche noi vogliamo sapere quale sarà la soluzione", ma "prima di costruire la pace, una vita in comune, dobbiamo eliminare il pericolo di Hamas. Poi parleremo delle diverse possibilità del futuro comune", aggiunge, dicendosi d'accordo con il Papa: "Sarebbe ideale poter vivere in due stati, uno ebraico, uno palestinese, ma con Hamas qui non è possibile andare avanti su questa via che anche noi vogliamo".  

Il problema serio" è se la soluzione dei due stati "possa essere realizzabile" perché anche se "potrebbe soddisfare le esigenze dei due popoli" nei fatti "manca una rappresentanza politica sana" da entrambe le parti, spiega Yahya Pallavicini, imam della Moschea di Milano e vice presidente di Coreis. "Era auspicabile quando sono stati firmati gli Accordi di Oslo", mentre "adesso la escludo, dopo quello che è successo", il terribile attacco del 7 ottobre di Hamas in Israele (1.400 morti, secondo gli israeliani) e il conflitto che in poco più di tre settimane ha fatto nella Striscia di Gaza oltre 9.000 morti (stando ai dati comunicati dall'enclave palestinese controllata da Hamas), "e dopo anni persino di trattative di nascosto tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e Hamas".  

Secondo Pallavicini, bisognerebbe piuttosto concentrarsi su "quale possa essere la rappresentanza saggia del popolo palestinese, perché non può essere un gruppo terroristico come Hamas, e l'alternativa, il partito di Mahmoud Abbas (Abu Mazen), è stato delegittimato". "In 50 anni non sono riusciti a formare una rappresentanza politica non ideologica e non guerrigliera", afferma. Così, osserva, "alla società civile palestinese serve una nuova leadership politica che non abbia nulla a che fare né con la corruzione né con il terrorismo" e che "si faccia carico dei diritti dei palestinesi, non in contrapposizione con gli ebrei dello Stato israeliano". E poi, dice ancora Pallavicini, gli israeliani dovrebbero "eleggere un primo ministro e un governo che sia meno 'estremo' di quello di Netanyahu". 

Servono, insiste, "saggezza, moderazione e coerenza", una "rappresentanza politica sana" e allora "si può veramente costruire anche l'implementazione degli Accordi di Oslo", ma - ribadisce - "finché ci saranno Hamas da un lato e Netanyahu dall'altro c'è impossibilità di dialogo". Pallavicini ribadisce la condanna dell' "atto veramente barbaro del 7 ottobre" e condivide che "adesso il governo israeliano deve tutelare la propria popolazione e la propria sicurezza" dopo la "miopia politica" del passato da parte di Israele "nel trattare in segreto con Hamas" e "adesso nel distruggere la Striscia di Gaza". E se si arrivasse alla "soluzione dei due stati" non dovrebbe, conclude, "generare un apartheid" e non dovrebbe portare a "uno stato palestinese che sia ultraislamico e uno stato ebraico antiislamico". 

Per quanto riguarda l'ondata di antisemitismo, sottolinea l'iman della Moschea di Milano, "il primo problema è la rabbia di qualche idiota antiebraico, il secondo è un problema di 'pancia' di qualche politico europeo anti-musulmano" e "il vero problema è la polarizzazione ossessiva". Pallavicini ragiona sui problemi di "ricaduta in Europa, ma anche in Asia", anche perché "molti Stati arabi hanno preso una posizione critica nei confronti di Israele, ma in realtà probabilmente non dicono che loro sono contrari anche a Hamas" e "non hanno mai aiutato a favorire un processo di formazione politica seria e distante".  

In Europa, dice, "ci sono due diverse reazioni", ovvero "le situazioni di nuovo antisemitismo, l'attacco contro tutto ciò che possa essere ebraico" e che va "condannato assolutamente" e anche "alcuni politici, populisti, che per esprimere la loro solidarietà a Israele tendono a confondere tutto Hamas con tutti i musulmani d'Europa". E', conclude, un "errore di generalizzazione preoccupante".  

 

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Author: Red AdnkronosWebsite: http://ilcentrotirreno.it/Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.