Gaza, familiari ostaggi incontrano Papa: "Francesco ci aiuti con la sua influenza"
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Dom, Mag

Gaza, familiari ostaggi incontrano Papa: "Francesco ci aiuti con la sua influenza"

Esteri
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(Adnkronos) - Un appello al Santo Padre perché usi tutta la sua "influenza" affinché le organizzazioni internazionali verifichino le condizioni degli ostaggi nelle mani di Hamas a Gaza e vengano "riportati a casa sani e salvi". E'

il messaggio arrivato dalla conferenza stampa presso 'Il Pitigliani - Centro Ebraico Italiano' a Roma che ha visto la partecipazione di 12 parenti di persone sequestrate da Hamas il 7 ottobre, mentre da Tel Aviv è arrivata la notizia del via libera del governo Netanyahu all'intesa che prevede il rilascio di 50 ostaggi in cambio della liberazione di 150 prigionieri palestinesi e di almeno quattro giorni di tregua a Gaza. Ma c'è stato, all'interno della delegazione, anche chi non ha nascosto una certa "delusione" per la durata dell'udienza con il Pontefice, circa 20 minuti, e per l'impossibilità di alcuni familiari di raccontare le loro storie a Francesco. 

"La mia impressione personale è stata nel complesso positiva. Il Papa ha molta influenza positiva nel mondo e spero ci aiuti almeno a mantenere viva l'attenzione", ha affermato Moshe Leimberg - padre della 17enne Mia, sequestrata dai commando di Hamas nel kibbutz Nir Yitzhak, situato a circa 4 km dal confine con Gaza - commentando l'incontro avuto con Papa Francesco. 

"L'unica cosa di cui sono deluso è il tempo che abbiamo avuto, ma capiamo che il suo tempo è prezioso. Il Papa è un uomo molto compassionevole, ci ha ascoltato e abbiamo visto che comprende il nostro dolore", ha precisato Nadav Kipnis, i cui genitori con doppia cittadinanza italiana e israeliana - Lilach e Evyatar, 60 e e 65 anni - sono stati uccisi nel kibbutz Be'eri. "Credo nel Papa che sta cercando di fare del suo meglio e comprendiamo la situazione molto difficile in cui si trova per cercare di rimanere neutrale in modo da poter aiutare - ha proseguito Nadav - Quindi in realtà non sono deluso, ma capisco il dolore delle famiglie che non sono riuscite a parlare". 

Più duro nei toni Yehuda Cohen, padre di Nimrod, che non ha nascosto la sua delusione per lo scarso tempo avuto a disposizione con il Pontefice. "Siamo venuti da Israele e sono deluso che il Papa ci abbia dedicato meno tempo di quanto ci aspettassimo, mia figlia doveva raccontare la storia di suo fratello gemello ma non ha potuto", ha spiegato Yehuda, dicendosi "dispiaciuto" del fatto che il Pontefice "non abbia parlato di Hamas e non l'abbia definito organizzazione terroristica". Sulle polemiche scoppiate in Israele in merito all'accordo, aspramente criticato dalle forze di estrema destra, Yehuda ritiene che "il tema non è questo, ma il rilascio di tutti gli ostaggi ora", ridimensionando il tutto "a questioni di politica interna". 

"Qui non è guerra. Siamo andati oltre, è terrorismo", ha detto Papa Francesco al termine dell'udienza generale, confermando di aver ricevuto due delegazioni, una appunto dei parenti degli ostaggi israeliani e un'altra di palestinesi che hanno parenti prigionieri nello Stato ebraico. "Per favore, andiamo avanti per la pace. Pregate per la pace", ha dichiarato. Kipnis tiene a precisare che il Papa, durante l'incontro, non ha accomunato Israele al terrorismo. Il figlio dei due italiani uccisi ha sottolineato quindi che Israele e Hamas "non possono essere messi sullo stesso piano: il primo prova a difendere i civili mentre le vittime a Gaza sono causate dal fatto che Hamas usa i civili come scudi umani. Le persone uccise nel kibbutz di Be'eri lo sono state perché ebree". 

Ha ringraziato il Papa "per il suo tempo e per averci incontrato" Alexandra Ariev sorella della 19enne Karina - rapita il 7 ottobre dall'avamposto di Nahal Oz - precisando che "non vogliamo vedere innocenti feriti o uccisi da entrambe le parti". Secondo Yair - fratello di Raaya e zio di Hila (9 anni) - le persone "tendono a dimenticare che Hamas ancora oggi sta lanciando razzi contro Israele per uccidere civili innocenti". 

L'ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Raphael Schutz, ha evidenziato che Israele "non è più lo stesso" dalla "tragedia" del 7 ottobre e tutta la popolazione ora è come fosse "un'unica famiglia" nella speranza del "ritorno dei nostri cari al più presto". L'incontro con il Papa, ha sostenuto il diplomatico, fa parte dello "sforzo per mantenere viva" la questione "nella coscienza del mondo".  

Nel corso della conferenza ognuno dei 12 presenti ha preso la parola, mostrando cartelli con le foto dei loro parenti tenuti in ostaggio e lanciando appelli affinché tutti facciano la loro parte per salvarli. Come Nikol Beizer, secondo cui dal 7 ottobre, quando gli uomini di Hamas hanno portato via il suo "porto sicuro - il fratello Nik - la mia vita non è più la stessa" e ha chiesto "il vostro aiuto per riportarlo a casa". O Evgenia Kozlova, il cui figlio Andrey, nato a San Pietroburgo, è stato rapito al Nova Festival.  

Nello stesso luogo è stato sequestrato Or Levy, la cui moglie Einav è rimasta invece uccisa all'interno di un rifugio doveva aveva cercato di sfuggire al massacro di Hamas. I due erano andati al festival per "celebrare la pace e l'amore", scandisce il fratello di Or, Michael, che parla del figlio di due anni della coppia Almog, vivo perché quella mattina è rimasto con i genitori di Einav. "La nostra vita è cambiata, non sappiamo se sia ferito, non dormiamo. Vogliamo che torni a casa anche per Almog, che ha già perso la madre e ha bisogno del padre", chiosa. 

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Author: Red AdnkronosWebsite: http://ilcentrotirreno.it/Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.