Russia-Ucraina, l'economia può ancora decidere la guerra. A favore di chi?
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Lun, Mag

Russia-Ucraina, l'economia può ancora decidere la guerra. A favore di chi?

Esteri
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(Adnkronos) - La guerra della Russia all'Ucraina, dall'invasione di ormai quasi due anni fa a oggi, è stata combattuta con le armi, e il numero spaventoso di vittime e i giganteschi danni lo ricordano sempre con estrema puntualità,

ma è stata combattuta anche con l'economia. Attraverso le sanzioni a Mosca, con il finanziamento della resistenza di Kiev e gestendo le conseguenze sul pil, il tessuto produttivo, l'inflazione e il costo della vita in buona parte del Mondo.  

 

Il fronte occidentale ha scommesso da una parte sulla difesa della democrazia dalla minaccia di Vladimir Putin e, dall'altra, su una valutazione di costi e benefici che ha fatto pendere la bilancia finora dalla parte del sostegno a Volodymyr Zelensky. Non senza difficoltà e con fasi alterne, sia guardando alla compattezza sia alla risposta delle opinioni pubbliche. Il tempo lungo del conflitto, che incide sull'assuefazione all'emergenza di una guerra, e il peso finanziario del sostegno a Kiev, che deve fare i conti con le diverse realtà nazionali, hanno però progressivamente indebolito la convinzione di poter arrivare a chiudere il confronto con un tracollo economico di Mosca. Oggi, il tema è diventato se e come proseguire nel finanziamento della resistenza di Kiev, tornata tale dopo l'illusione di una controffensiva. Anche perché lo scoppio della grave crisi mediorientale, dopo il 7 ottobre e l'attacco di Hamas al cuore di Israele, ha inevitabilmente distratto attenzione e risorse da un'altra parte. 

 

Gli ultimi due anni sono stati anche pieni di calcoli sbagliati. Prima, quelli di Putin. Convinto di invadere l'Ucraina per uscirne poche settimane dopo con un governo fantoccio e un grande successo strategico, si è trovato a fronteggiare una resistenza che non aveva considerato possibile, né da un punto di vista militare né da un punto di vista politico. Sono stati sbagliati però anche i calcoli occidentali rispetto alla resilienza dell'economia russa e all'efficacia delle sanzioni imposte a Mosca. Non perché, come strumentalmente sostenuto da alcuni fossero inutili o dannose solo per chi le sta applicando, ma perché si sono dimostrate non sufficienti a innescare il collasso di un sistema che è riuscito a trovare il modo per aggirarne una parte e per imporre il consenso nonostante le grandi difficoltà. In Russia si vive molto peggio, gli oligarchi hanno perso denaro e quasi tutti i margini di movimento, eppure il sistema nel suo complesso continua a tenere. Lo dicono i dati economici appena pubblicati. La crescita, secondo quanto afferma la Banca centrale russa, dovrebbe far segnare a fine 2023 un incremento superiore al 3%, più di quanto stimato a ottobre. L'inflazione continua a correre ma inizia a rallentare. Per la fine del 2023 la stima è vicina al 7,5% ma i dati parziali di inizio dicembre indicano un calo rispetto al mese precedente. Uno scenario che ha comunque imposto un nuovo rialzo dei tassi di interesse, il quinto consecutivo da luglio, al 16% dal 15% precedente. 

 

Cosa può succedere ora? La domanda che tutti si pongono e a cui nessuno può dare risposta passa anche, se non soprattutto, dagli interessi in gioco e quindi anche dal fattore economico. Lo stallo militare chiama in causa proprio la capacità di sostenere ancora il conflitto. La Russia non può tenere all'infinito e il fronte occidentale non può finanziare Kiev all'infinito. Da queste due resistenze speculari passa il futuro dell'Ucraina, perché se cedesse l'una o l'altra parte si arriverebbe rapidamente a una soluzione sul campo, ovviamente di segno e conseguenze radicalmente opposte. Resta lo spiraglio di una soluzione diplomatica che potrebbe aver bisogno ancora di tempo, con un costo ulteriore in termini di vite umane e di danni ma anche in termini di impegno economico. (Di Fabio Insenga) 

 

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