Rai, serve una governance che assicuri un prodotto credibile
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Mer, Mag

Rai, serve una governance che assicuri un prodotto credibile

Politica
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(Adnkronos) - Rai. Il 3 gennaio 1954 è andata in onda la prima trasmissione della RAI, nei 70 anni che sono seguiti la RAI è stata indubitabilmente – al di là delle ricorrenti polemiche e degli eccessi di mediaticità che fin dall’inizio l’hanno caratterizzata – uno dei pilastri del costume

italiano; un riferimento costante, nel bene e nel male, per moltissimi concittadini. Un’azienda complessa (ed io ne so qualcosa essendone stato il capo per circa tre anni) soprattutto perché sin da subito ho dovuto gestire un delicato rapporto tra servizio pubblico radiotelevisivo ed esigenze di mercato. Un equilibrio già in sé difficile ma reso, nel tempo, ancor più difficile da una governance fissata per legge e frutto dei diversi equilibri politici che hanno caratterizzato il Paese e non necessariamente rivolta alla ricerca della migliore (pro-tempore) efficienza aziendale.  

In questo contesto si è spesso parlato della necessità di privatizzare in tutto in parte l’azienda. Dibattito interessante ma, in qualche modo, fuorviante perché è ovvio che il Legislatore può decidere di privatizzare un asset pubblico quando vuole e per mille diversi motivi anche solo per fare cassa ma la variazione degli assetti proprietari non rende, in sé, un azienda più efficiente o più sana. Tanto è vero che ci sono, in Italia e all’estero, aziende pubbliche efficienti (penso a tanti ospedali della provincia italiana) e imprese private lasche e perdenti. L’idea che ciò che è privato sia di per sé più efficiente non è, a mio avviso, solo un luogo comune ma è anche una 'mezza idea' nel senso che si concentra esclusivamente sull’assetto proprietario e trascura, appunto, la governance cioè l’insieme di regole che disciplinano il funzionamento di un’azienda e dei suoi organi. L’ultima riforma di rilievo della governance RAI è del 2015 quando fu introdotta, a mio avviso meritoriamente, la figura dell’Amministratore Delegato.  

Da allora, seppure siano passati relativamente pochi anni, è completamente cambiato l’universo di riferimento dell’azienda sulla spinta degli sviluppi vorticosi della tecnologia digitale, della Rete e ora dell’Intelligenza Artificiale. Siamo in un mondo in cui chiunque, basta lo voglia, può trovare tutto e il contrario di tutto gratis on line; un mondo dove non c’è più (come anche nel recente passato) una carenza di messaggi e informazioni ma, al contrario, si è travolti da una pletora di messaggi che però troppo spesso sono né più né meno delle fake news e/o delle affabulazioni prive di riscontri.  

Ecco, in questo contesto, ritengo che la cifra attuale (e futura) del servizio pubblico radiotelevisivo debba essere la “credibilità” e pertanto il Legislatore dovrà dotare la RAI di una governance che garantisca ai cittadini/ascoltatori/consumatori non solo la migliore possibile efficienza aziendale ma anche un prodotto credibile (perché 'verificato' nelle fonti e nella qualità). Solo così 'mamma RAI' potrà continuare a godersi almeno altri 70 anni di luna di miele con l’Italia e gli italiani. 

Film. L’anno appena finito è stato caratterizzato da un (per molti aspetti, sorprendente) ritorno in grande stile del pubblico nelle sale cinematografiche, invertendo una tendenza ormai pluriennale e che sembrava inarrestabile. Molto è dovuto alla voglia di partecipazione e socializzazione che è esplosa nel post-pandemia ma importante è stato anche il traino mondiale di due film (“Oppenahimer” e “Barbie”) diversissimi tra loro ma entrambi di carismatico successo. Peraltro nel 2023 sono usciti altri film importanti; ne segnalo due: uno assolutamente riuscito (“Maestro” di e con Bradley Cooper, un raffinato biopic sulla vita di Leonard Bernestein); uno non troppo riuscito (“Indiana Jones e il quadrante del destino”) ma così pieno di deja vu di una saga che ha fatto la storia del cinema che non si può non vedere. (Di Mauro Masi) 

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