Dietro 40 anni di furti d'arte 'buchi' nella tutela e tanta sciatteria, parla una fonte interna
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Ven, Apr

Dietro 40 anni di furti d'arte 'buchi' nella tutela e tanta sciatteria, parla una fonte interna

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Il regesto questo sconosciuto. Inizia così, nel giorno della richiesta di archiviazione dell’inchiesta sui furti d’arte in Rai, una conversazione con chi conosce molto bene lo stato in cui versa da anni e anni il patrimonio artistico dell’Azienda di Servizio Pubblico.

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E inizia dal regesto, appunto, il registro d’origine medievale sul quale si annota tutto in ordine cronologico, pezzi d’arte inclusi. Uno status scandito da "controlli zero, nessun sistema di inventariazione scientifica delle opere, troppi casi di opere senza alcun corredo fotografico, consapevolezza quasi nulla di ciò che va considerato come opera d’arte e di cosa no", spiega all'Adnkronos una fonte interna all'Azienda. Come dire, "è davvero il caso di stupirsi per la moltitudine di furti indisturbati per oltre 40 anni? Se non si vigila affatto e, peggio, se non si ha chiara la differenza tra un arredo di ufficio e una poltrona di Gio Ponti quale stupore può essere giustificato? Ha più senso concentrarsi sul presente e il futuro". Ma torniamo al regesto, "l’atto – spiega all’Adnkronos la fonte - che qualunque azienda pubblica o privata è tenuta a fare, in sostanza una scheda tecnica con gli elementi identificativi delle opere redatta secondo i criteri dettati dal Ministero della Cultura per notificarne il possesso”.

Ecco, del regesto, a quanto pare, la Rai avrebbe fatto sempre a meno. Oppure non sarebbe stato tenuto aggiornato secondo le normali regole amministrative. Tradotto: "non è stato mai scritto da nessuna parte – scandisce bene la fonte - quante e quali opere d’arte, sotto forma di quadri, installazioni, memorabili foto di scena, mobili di design e chi più ne ha più ne metta, la più grande azienda culturale italiana avesse in pancia". Motivo? "Sciatteria, assenza di controlli e ignoranza. Basti pensare che non più tardi dello scorso anno nei magazzini della Rai c’erano tre sedie di Gio Ponti, disegnate e realizzate come pezzi unici per la Rai (di cui una persino riverniciata), che stavano andando al macero perché ritenute non più utili. E sempre per restare in tema vale la pena soffermarsi sul fatto che i mobili di Gio Ponti non sono stati mai catalogati e lo stesso vale per le poltrone di Torino dell’architetto Novello. Né si è mai capito dove siano andate a finire sebbene poi siano ricomparse nelle app con la dicitura ‘patrimonio Rai’. Non solo. Il secondo piano della sede di Milano è stato letteralmente saccheggiato e idem l’Auditorium di Torino, saccheggiato anch'esso. Persino i posaceneri sono andati all’asta".

Tra vigilanza zero e ignoranza, spiega la fonte, quasi un testa a testa: "In Rai, nell’inventario lacunoso e scarso, non sono mancate negli anni anche note di colore: sono stati inventariati come vasi Ming dei vasi dell’Ikea. Che magnifica situazione – riflette la fonte - quella in cui si sono mossi quei dipendenti dell’Azienda o quei ladri che, a quanto pare, di arte invece ne sapevano eccome". Insomma il quadro che viene fuori da questo colloquio non è roseo. La tutela del patrimonio sembra essere stata molto sottovalutata dalla più grande azienda culturale italiana e il giacimento artistico che oggi avrebbe potuto essere risulta, invece, ferito da molte ruberie e strani ‘buchi’ temporali. "Quanti direttori della fotografia premi Oscar ha avuto l’Italia? Tantissimi. Vittorio Storaro, Carlo Di Palma, Peppino Rotunno per citarne alcuni. Quanti di loro hanno lavorato per la Rai? Tantissimi. Ecco, dove sono quelle foto di scena? Quelle opere d’arte?".

(di Veronica Marino)

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