(Adnkronos) - Meno del 40% dei malati di cancro ha una valutazione nutrizionale alla diagnosi. La malnutrizione - stimata fino all’80% in questi pazienti, con meno del 30% adeguatamente trattato - è correlata con una degenza ospedaliera prolungata, aumento della morbilità e riammissione nonché tassi di
Proprio per attuare strategie multidisciplinari finalizzate a migliorare la qualità della vita dei pazienti - spiega una nota - nel 2020 le sezioni giovani di Aiom, Sico e Airo hanno pianificato obiettivi di ricerca comuni e hanno fondato NutriOnc, gruppo multidisciplinare costituito non solo da oncologi medici, chirurghi e radioterapisti ma anche da nutrizionisti e farmacisti, che si propone di fare ricerca traslazionale e approfondire il tema della malnutrizione e della nutrizione clinica nel paziente oncologico. Dall'indagine, focalizzata principalmente sui tumori esofagogastrico, epato-bilio-pancreatico e colorettale, emerge anche la necessità di sostituire il tradizionale approccio ‘one-size-fits-all’ (uguale per tutti) con una visione incentrata sul paziente, che mira a ridurre al minimo gli eventi avversi migliorando così l'impatto terapeutico dei nuovi trattamenti.
Entrando nel dettaglio dei risultati dello studio - al quale hanno partecipato 215 operatori sanitari italiani under 40 - si scopre che, secondo il 57% degli intervistati, i malati di cancro sono stati regolarmente sottoposti a screening nutrizionale. La tempistica della valutazione nutrizionale era alla diagnosi (37,8%), prima dell'intervento chirurgico (25,9%), dopo l'intervento chirurgico (16,7%), prima della radiochemioterapia (13,5%) e dopo la radiochemioterapia (7%). Per quanto riguarda la gestione dello stato nutrizionale dei pazienti oncologici, il 49,3% dei medici ha dichiarato di adottare il programma Eras (Enhanced Recovery After Surgery), ma il 41,8% non ha invece seguito uno specifico protocollo a causa della mancanza di corsi educativi (14,5%), supporto finanziario (15,3%) e comprensione (13%).
Quasi tutte le istituzioni - dettaglia la nota - avevano un team multidisciplinare (92%) per finalizzare il processo decisionale del trattamento e, in assenza del dietologo, la valutazione è stata gestita da medici con esperienza clinica nella valutazione nutrizionale (35,6%), chirurghi (34,3%), oncologi medico/radioterapisti (36,8%) e infermieri case-manager (6,8%). Dopo la dimissione dall'ospedale, la prescrizione del supporto nutrizionale è stata fornita da dietisti (59,5%), oncologi medici (20%), chirurghi (15,3%) e radioterapisti (5,12%).
E ancora: nei casi di malnutrizione (ad esempio, oltre il 5% della perdita di peso negli ultimi 3 mesi), le scelte del medico si sono indirizzate su consulenza nutrizionale (34,8%), supplemento nutrizionale orale (28,8%), nutrizione enterale (2,8%), nutrizione parentale (3,3%) e nessun trattamento (0,9%). Durante la radioterapia, il 95% dei medici ha dichiarato che i pazienti avevano bisogno di una nutrizione supplementare e l'immunonutrizione (Imn) è stata prescritta nel perioperatorio (54,5%), prima dell'intervento chirurgico (36,3%) e durante la Radiochemioterapia neoadiuvante (22,3%).
Gli operatori sanitari che forniscono cure antitumorali - continua la nota - hanno ancora molta strada da fare per rendere l'assistenza nutrizionale una componente standardizzata della gestione del cancro ma i segnali positivi provenienti da questa indagine nazionale intersocietaria e multidisciplinare dovrebbero incoraggiare e migliorare lo screening nutrizionale sistematico e la gestione dei pazienti oncologici. Del resto, il tema della nutrizione è anche al centro del dibattito a livello istituzionale e l'Atto di indirizzo 2023 del ministero della Salute sottolinea, tra l'altro, l'importanza per i pazienti oncologici degli alimenti a fini medici speciali definiti come supplementi nutrizionali orali (Ons), ritenuti un importante strumento per combattere la malnutrizione, aumentare l'aspettativa di vita e contribuire anche a una diminuzione dell'impatto sul Servizio sanitario nazionale nel suo complesso.